È pronta in Bangladesh un’isola per 100.000 Rohingya
Il governo bengalese inizierà il trasferimento dei rifugiati musulmani Rohingya nell’isola di Bashar Char per alleggerire la tensione nei campi sovraffollati di Cox’s Bazar
L’Onu ha dichiarato che per il momento non intende sostenere il progetto del governo del Bangladesh di trasferire 100.000 rifugiati Rohingya su un’isola alluvionale, Bashar Char, per migliorare la situazione al collasso nei campi profughi di Cox’s Bazar dove dal 2017 sono ammassati quasi un milione di profughi musulmani originari del Myanmar. Anche se il governo ha speso almeno 280 milioni di dollari per mettere in sicurezza creando dighe e terrapieni l’isola che ogni anno è investita dalle piogge monsoniche, l’Unhcr denuncia di non aver ancora ottenuto l’autorizzazione a visitare le strutture e i lavori eseguiti per accertarsi delle condizioni in cui i rifugiati vivranno. Una visita prevista a novembre 2019 è stata cancellata. Il trasferimento dei rifugiati dovrebbe iniziare il prossimo aprile. Le autorità di Dhaka ritengono indispensabile il provvedimento dal momento che il piano di rimpatrio volontario più volte rinviato e finalmente varato nell’ottobre del 2018 si sta dimostrando un fallimento perché i Rohingya rifiutano di tornare in patria senza garanzie credibili di sicurezza e diritti di cittadinanza. È stato denunciato da più parti che a infondere sfiducia nei rifugiati per la possibilità di un ritorno a casa in sicurezza contribuiscano alcuni capi tribali e le stesse organizzazioni non governative presenti. Nel vasto sistema di campi di Cox’s Bazar si registrano altissimi livelli di criminalità. Il 98% dei giovani non lavora ed è coinvolto in attività illegali tra cui lo spaccio di droga. Da tempo il Bangladesh protesta di non poter più sopportare il peso dei rifugiati. Ulteriore motivo di preoccupazione è la penetrazione dell’estremismo islamico tra i rifugiati. A rischio sono in particolare i bambini e gli adolescenti ai quali il governo non consente di andare a scuola insieme ai bambini bengalesi. Il vuoto educativo viene colmato in parte da organizzazioni non governative locali e straniere, ma anche dalle madrasse, le scuole di Corano. Ne esistono 1.200 gestite dagli integralisti del gruppo Hefzat-e-Islam. Sembra che nei campi siano attive almeno 39 cellule estremiste e si temono attacchi terroristici.