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EDITORIALE

E meno male che erano tecnici

Conti sbagliati, stime inattendibili, emendamenti privi di relazione tecnica. Il giudizio della Corte dei Conti sull'ultimo quadrimestre del governo Monti è impietoso, ma desta qualche timore il fatto che le misure per la crescita sono oggi affidate alle stesse persone.

Editoriali 10_05_2013
Mario Monti

Ce l’avevano raccontata proprio bella la storia del Governo Monti. Nato per salvare l’Italia, per restituirle credibilità internazionale, per risanare i conti pubblici, per onorare l’impegno del pareggio di bilancio inserito in Costituzione. E via di questo passo.

La realtà di quel Governo, la racconta ora la Corte dei Conti. L’organo di controllo giurisdizionale si è riunito lo scorso 2 maggio e ha prodotto una “Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre - dicembre 2012”. Da leggere, dall’inizio alla fine. In sintesi, la Corte rileva: il frequente rinvio a provvedimenti secondari di attuazione; continue variazioni di leggi anche recenti, con riflessi sull’attendibilità delle stime circa gli effetti finanziari recati dalle norme; approvazione di emendamenti privi della relazione tecnica o per i quali la relazione tecnica risulta essere stata vistata negativamente dal Ministero dell’economia; utilizzazione a fini di copertura di cespiti, come i proventi dei giochi e le accise sugli idrocarburi, il cui gettito è calante e le cui stime appaiono per conseguenza non affidabili; impiego in modo improprio di fondi di tesoreria per coprire oneri di bilancio.

La Corte si è soffermata, in particolare, su due provvedimenti: la legge n. 213, che contiene disposizioni di carattere ordinamentale, quali quelle sui controlli della Corte dei conti sugli enti locali e sui costi della politica, e istituisce un Fondo rotativo per sostenere gli enti locali in dissesto finanziario; la legge n. 221 in materia di sviluppo (la terza dell’anno); e la cosiddetta legge di stabilità per il 2013.

Il decreto sviluppo viene definito un “provvedimento disorganico”, che contiene i più disparati interventi; molti emendamenti approvati in sede parlamentare sono privi di relazione tecnica o registrano un visto negativo. Le norme di carattere fiscale non recano tetti massimi alle minori entrate da esse generate e risultano prive di clausole di salvaguardia (per fronteggiare un minor gettito più marcato rispetto alle stime); generalmente, nelle relative valutazioni d’impatto, si trascura di considerare l’effetto della singola agevolazione sugli andamenti di settori correlati.

Relativamente alla legge di stabilità 2013 – un unico articolo di 561 commi, che pone le basi per la previsione economico-finanziaria dell’anno in corso – la Corte si sofferma sul piano ordina mentale e la “smantella”: “non realizza la manovra – si legge nella relazione - collocata o anticipata com’è nei decreti-legge e finisce con lo svolgere o un ruolo attuativo di decisioni già prese o meramente distributivo di risorse raccolte. Inoltre essa risulta calibrata essenzialmente sul primo anno, senza un respiro pluriennale; l’estrema eterogeneità dei suoi contenuti, non si pone in linea con le prescrizioni della legge di contabilità, che ne prevede un contenuto snello e di manovra”.

Sulle disposizioni di carattere fiscale, la Corte afferma che “il profilo della quantificazione degli oneri è decisamente da migliorare, soprattutto per gli aspetti tributari” e segnala, rispetto alla valutazione della tassa sulle transazioni finanziarie (cd. Tobin tax), che “le previsioni di gettito sembrano ottimistiche”.

I “nodi” vengono sempre al pettine. In questo caso i “nodi” di un Governo nato contro la volontà popolare, che si è distinto per il suo contributo all’impoverimento della società italiana. La chiusura di centinaia di imprese al giorno, la disoccupazione, specie giovanile, che dilaga, l’impegno a pagare per i prossimi vent’anni gli interessi sul debito pubblico, ne sono la prova. Il giudizio su quel Governo è ora “certificato” da un organo terzo, che boccia proprio le parti tecniche.

Resta un punto, che è politico e che riguarda l’attualità, che non si può non rilevare. Corresponsabili dell’azione di quel Governo, così ben descritta dalla Corte dei Conti, sono i principali partiti che l’hanno sostenuto. Quegli stessi partiti l’hanno poi liquidato e sostituito con un accordo di “larghe intese”, senza dire una parola sull’esperienza passata. Ci si è limitati a sostenere che ora si tratta di affrontare un’altra “fase”. Quella della crescita. Nonostante i seminari che svolgono all’interno di Monasteri, la domanda che viene spontanea è: chi ha concorso a produrre queste macerie, sarà in grado di occuparsi della crescita?