È il maggio più caldo di sempre
Basterà che alla fine di maggio torni un bel sole per far sì che questi giorni di freddo vengano dimenticati e qualcuno affermi che «Questo è il maggio più caldo di sempre». È una propaganda martellante, che ha l'uomo come nemico.
«Questo è il maggio più caldo di sempre». Non temete: alla fine del mese, quando ci saranno giornate magari molto calde e il freddo di questo inizio maggio sarà solo un ricordo, ci sarà sicuramente qualcuno che rilancerà questo allarme. È quello che ormai avviene da tempo, tanto per rinforzare l’idea nell’opinione pubblica che siamo destinati a morire arrostiti. E poco importa se la realtà dice un’altra cosa. Malgrado i continui allarmi, i dati oggettivi sulle temperature globali ci dicono infatti che dal 1998 ad oggi si registra una sostanziale stabilità (clicca qui).
Ma eccoli lì con il ditino alzato: non bisogna confondere l’evento meteorologico (il freddo di questi giorni) con il clima, dicono. Giustissimo. Il cambiamento del clima si valuta su periodi lunghi, di qualche decennio. Ma allora perché quando fa un po’ più caldo del solito, si sprecano pagine di giornali e servizi radio e tv per dimostrarci che siamo ormai a un passo dal baratro? Ricordiamocelo quando ci diranno che «questo è il maggio più caldo di sempre».
È una propaganda martellante, che poi con il fenomeno Greta ha raggiunto livelli altissimi ed è ulteriormente amplificata da allarmismi e catastrofismi ambientali di ogni genere. Proprio l’altro giorno, grande rilievo sui media ha avuto il rapporto di una commissione semi-sconosciuta dell’Onu secondo cui l’attività umana sta causando l’estinzione di un milione di specie, animali e vegetali (clicca qui). E pochi giorni prima era toccato a un altro rapporto sulla sparizione delle foreste. Ovviamente sempre a causa dell’uomo. È proprio la presenza dell’uomo quella che viene messa in discussione da questo ambientalismo, il vero disastro è che la Santa Sede si è unita al coro dandogli pure una legittimità morale.
Così l’opera di demolizione della nostra civiltà può proseguire sempre più rapidamente. Del resto proprio a questo serve creare il terrore. Convincere l’opinione pubblica che siamo a un passo dalla catastrofe definitiva, dalla distruzione del pianeta e, con esso, dell’umanità, è il modo per generare consensi intorno a misure e provvedimenti contro cui altrimenti ci si ribellerebbe. E a togliere sovranità agli Stati: quante volte abbiamo sentito teorizzare che davanti a una minaccia globale così grave e urgente ci vorrebbe un potere altrettanto globale per intervenire efficacemente.
Ovviamente sospendendo anche la democrazia: perché bisogna agire rapidamente e le democrazie – si teorizza – sono troppo lente, richiedono tanti passaggi e intanto il tempo passa. «Non abbiamo più tempo» è un altro slogan molto gettonato: e se allora non c’è più tempo, non si può andare tanto per il sottile. Che sia un super-governo globale a imporre a tutti le misure di cui c’è bisogno per salvare la Terra. È quello che sta accadendo, con l’imposizione di obiettivi sempre più ambiziosi e sempre più costosi. Pensiamo agli Accordi di Parigi, del dicembre 2015, primo accordo sul clima universale e giuridicamente vincolante.
I governi dei singoli Stati anche se volessero ribellarsi, sono presi tra due fuochi: dall’alto le pressioni internazionali (sotto l’egida dell’Onu), dal basso le associazioni che fanno manifestazioni di piazza. Londra, ad esempio: dopo continue proteste nei giorni scorsi per le vie del centro, la Camera dei Comuni ha approvato una mozione – voluta dal Partito Laburista, che dichiara ambiente e clima una emergenza.
Cosa vuol dire esattamente? Che il Regno Unito entro il 2050 deve diventare carbon-neutral (bilancio zero tra emissioni di CO2 da una parte e stoccaggio dell’anidride carbonica emessa dall’altra). L’attuale obiettivo assunto invece dal Regno Unito consiste nella riduzione delle emissioni di CO2 dell’80% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2050 (attualmente ha già raggiunto il 40%).
Cosa significa concretamente diventare carbon neutral? Lo spiega in un rapporto il Global Warming Policy Forum (GWPF): forte incremento di disponibilità dell’energia rinnovabile, adozione diffusa dell’idrogeno e l’elettrificazione urgentissima dei sistemi di trasporto e di riscaldamento delle abitazioni civili. Secondo il GWPF i costi di una tale transizione sarebbero insostenibili e tali da mettere in ginocchio l’economia britannica.
Non sarebbe – aggiungiamo noi - un effetto collaterale, ma uno degli obiettivi di questo movimento, perché lo sviluppo viene indicato come la fonte di tutti i mali. Gli stessi accordi internazionali sul clima si fondano su questo assunto: sono i paesi ricchi, con i loro consumi e le loro industrie che consumano combustibili fossili, a provocare l’aumento di emissioni di CO2 che a loro volta cambiano il clima (rapporto causa-effetto tutto da dimostrare). Quindi: fermare l’industria e distribuire l’ingiusta ricchezza guadagnata ai poveri dei Paesi in via di Sviluppo, è oggi l’obiettivo perseguito. Ma anche qui c’è una tesi che non regge alla prova della realtà: a provocare i maggiori danni all’ambiente è il sottosviluppo, non lo sviluppo. Nei Paesi industrializzati infatti, tutti gli indicatori ambientali mostrano grandi segnali di miglioramento dell’ambiente: stato delle foreste, delle acque, dell’aria e così via. Nei paesi poveri, invece, è esattamente il contrario.
Invece di concentrarsi sulla riduzione delle emissioni di CO2, che è un falso problema, bisognerebbe invece aiutare i paesi poveri a procedere rapidamente nella via dello sviluppo. Se solo si fosse davvero interessati all’uomo e al pianeta.