È finita la pandemia e ci lascia un'umanità più fragile
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L'Oms ha deciso che la pandemia finirà il 20 maggio. Si realizza la previsione di Doshi sulla fine della pandemia per decisione politica e non epidemiologica. Però nel frattempo la stagione pandemica ci lascia molte scorie: i morti Covid non curati e i decessi da vaccino mai spiegati; una libertà di stampa condizionata dal potere; l'affermazione delle élite globaliste. E un'umanità più vulnerabile di fronte al potere.
Adesso abbiamo la data: il 20 maggio prossimo. Solo allora potremo dire che la pandemia da Covid-19 è finita. Chi lo dice? L’Oms, la stessa organizzazione che l’ha proclamata oltre tre anni fa. Si realizza in toto la previsione che David Robertson e Peter Doshi scrissero sul British Medical Journal nell’interessante La fine della pandemia non sarà trasmessa.
Nell’articolo, che la Bussola aveva commentato qui, si spiegava che la fine della pandemia non sarebbe dipesa dalla registrazione dei contagi zero oppure dal raggiungimento dell’immunità di gregge (mai chimera fu più irrealizzabile) e neppure dalla fine delle misure restrittive della libertà e dagli stati emergenza. Ma sarebbe stata dettata esclusivamente da fattori prettamente politici.
«Non esiste una definizione universale dei parametri epidemiologici per la fine di una pandemia. Con quale parametro, quindi, sapremo che in realtà sarà finita? L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la pandemia di Covid-19, ma chi ce lo dirà quando sarà finita?».
Ora abbiamo la risposta.
Il Covid, infatti, esiste ancora e qualche decesso ancora si registra, il presidente della federazione degli ordini dei medici, Filippo Anelli ha parlato di 600 morti al mese. Dunque, se non con la fine dei decessi o con la scomparsa del covid, la fine della pandemia deve coincidere con il raggiungimento di altri parametri. Sì, ma quali? Probabilmente il perseguimento degli obiettivi che ci si era prefissati di raggiungere.
Primo fra tutti l’affermazione del concetto di vaccinazione di massa come nuova via a disposizione della medicina. Il vaccino era l’obiettivo e il vaccino ora è stato pienamente sdoganato tanto che non mancano articoli e notizie sulla nascita di nuovi vaccini per la prevenzione/cura di malattie come il tumore, ancora tutti da dimostrare nella loro efficacia e sicurezza, ma che stanno già diventando terreno di condivisione non solo della comunità scientifica, ma anche dell’opinione pubblica. In maniera acritica, senza dubbi di sorta, con una fiducia cieca. Si realizza così la previsione dettata dall’Oms e dalla global health agenda della decade dei vaccini, una nuova stagione in cui sarà più conveniente a Big pharma la somministrazione dei vaccini perché rivolti a tutti, mentre le cure sono rivolte solo allo stretto “circolo” dei malati.
Nel frattempo, mentre si dichiara la fine della pandemia, sul campo restano tutte le scorie di un triennio che ci ha cambiato profondamente e profondamente continuerà a cambiarci.
Che cosa ci lascia, dunque, la pandemia?
Anzitutto i morti di covid, ma non sappiamo e chissà se mai lo sapremo se questi morti si potevano evitare con l’introduzione di cure domiciliari precoci che pure sul campo hanno dimostrato di funzionare.
Ma ci lascia anche i morti per i vaccini, vittime ancora senza giustizia perché la legislazione italiana non ne vuole sapere di andare a guardare dentro un vaso di pandora che potrebbe svelare una realtà diversa rispetto alla narrazione dominante. Gli scoop di Fuori dal Coro sul sistematico insabbiamento di Aifa delle evidenze di decessi e reazioni avverse durante la campagna vaccinale, concorrono a pensare che anche su questa indispensabile ricerca della verità bisognerà lottare ancora a lungo.
La pandemia ci lascia i tanti danneggiati da vaccino, almeno 4000 secondo i registri del Comitato Ascoltami, che sono come i feriti rimasti sul campo dopo la guerra, che non sono stati raccolti e sanno ormai di aver a che fare con mali o invalidità permanenti.
Sempre sul fronte medico-scientifico, la pandemia ci lascia un sistema sanitario a pezzi, impreparato ad affrontare le sfide di oggi, con una carenza cronica di medici e la trasformazione del medico, soprattutto quello di medicina generale, sempre più funzionario e burocrate e sempre meno medico con la M maiuscola.
Ci lascia i disagi mentali, le solitudini, l’aumento delle patologie psichiatriche. Fenomeni che sono cresciuti in tutti report dopo la stagione dei lockdown, sui quali nessuno ha voglia di chiedersi se siano stati lo strumenti migliore per fermare un virus che ha continuato a scorrazzare liberamente anche quando i cittadini sono stati chiusi in casa per due mesi a cantare sui balconi al motto di #andratuttobene.
Ci lascia rapporti umani cambiati, la cultura della sfiducia, del sospetto, ci lascia l’accettazione ad essere sorvegliati e limitati nelle nostre libertà e in questo gioca una parte importante anche la sconfitta della Chiesa che durante questi tre anni si è dimostrata essere sempre più una Chiesa asservita alle logiche di Stato, a un potere sovranazionale, rinunciando ad esercitare il ruolo di faro illuminante per l’umanità.
Ma la pandemia ci lascia anche un’informazione appiattita, in cui la libertà di stampa tanto sbandierata è richiusa dentro la cornice di una narrazione a senso unico. Un’informazione che ha rinunciato ad utilizzare il bene della ragione, accontentandosi di fare da passacarte delle veline del potere, dei grafici e delle tabelle, dei numeri sparati per incutere paure o false sicurezze.
Ci lascia sul campo l’affermazione delle politiche di global governance, attraverso la vittoria delle organizzazioni sovranazionali, dall’Oms al Word Economic Forum di Davos, che con i loro dettami hanno contribuito a svuotare il potere dei singoli Stati per poter gestire al meglio il Grande piano vaccinale o il grande reset che si sta realizzando piano piano, nel silenzio complice dei parlamenti.
Ci lascia un uomo più solo di fronte al potere, più vulnerabile di fronte al tentativo delle elite globaliste di prendere il controllo della sua libertà, della verità, dei suoi gusti e in definitiva della sua vita.
La pandemia è stata una grande prova generale per un futuro dell’umanità più controllato, più acquietato sul conformismo, più manipolabile e in definitiva – con la demolizione del senso religioso – più in preda ad una paura che così si potrà instillare meglio e orientare per nuovi, mirabolanti scopi.