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Duelli vietati in tv ma non sui social: par condicio anacronistica

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Il duello Schlein-Meloni sulla tv pubblica è stato stoppato, ma si potrebbe fare sulla Rete o in un teatro e poi mandarlo in onda. E questo rende la legge sulla par condicio inapplicabile e anacronistica. 

Politica 18_05_2024

La querelle esplosa nelle ultime ore, all’indomani dell’annullamento del previsto duello tv Meloni-Schlein negli studi di Bruno Vespa la dice lunga sulla confusione che regna in materia di propaganda elettorale. Anche l’attuale campagna per le europee e le amministrative rischia di avvelenarsi per colpa delle bizzarre e inapplicabili regole della par condicio, che imbrigliano gli attori politici e condizionano le scelte editoriali dei mezzi d’informazione.

Come è ormai noto, Bruno Vespa avrebbe dovuto condurre in prima serata, giovedì 23 maggio, un faccia a faccia tra i leader dei due principali partiti politici italiani, Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Elly Schlein (Pd), entrambe candidate alle europee ma ovviamente orientate a rinunciare all’investitura un minuto dopo la proclamazione degli eletti, essendo impegnate a tempo pieno nelle vicende governative e parlamentari italiane.

Per quanto anacronistica e difficilmente applicabile, la legge sulla par condicio, emanata nel duemila su iniziativa della maggioranza di centrosinistra per tentare di contrastare il ritorno al governo del centrodestra di Silvio Berlusconi, rappresenta una norma di riferimento per bilanciare tra loro le presenze televisive ed evitare straripamenti in favore dell’uno o dell’altro partito. Come ha però giustamente evidenziato Bruno Vespa nel suo monologo di 5 minuti dell’altra sera, quella normativa è stata di volta in volta piegata a interessi di parte e, come lui ha opportunamente documentato, a favore della sinistra quando il nemico numero uno si chiamava Silvio Berlusconi.

In ogni caso la decisione della Rai di annullare il confronto tv tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein non è un provvedimento punitivo nei confronti dei protagonisti ma la naturale attuazione di quel principio pluralista che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), tre giorni fa, ha declinato in forma specifica con riferimento ai faccia a faccia televisivi.

L’Autorità ha infatti stabilito che i confronti tv tra i leader delle liste in corsa per le europee sono legittimi solo se il format viene accettato dalla maggioranza dei gruppi presenti in Parlamento. In questo caso, solo quattro delle otto liste rappresentate in Parlamento hanno accettato l’invito della Rai a un confronto a due tra leader sulla base della loro forza rappresentativa.

Giustamente si sono detti contrari gli altri partiti, timorosi di rimanere stritolati nel meccanismo bipolare sotteso al duello Meloni-Schlein: o si vota l’una o si vota l’altra, come se non ci fossero altre opzioni.

La disciplina sulla par condicio, come risulta dal combinato delle disposizioni della delibera n. 90/24/CONS di Agcom e di quelle del provvedimento del 9 aprile 2024 della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, prevede che qualora la Rai o le emittenti nazionali private intendano trasmettere trasmissioni dedicate al confronto «devono assicurare una effettiva parità di trattamento tra tutti i predetti esponenti […] oltre che nell’ambito della medesima trasmissione, anche nell’ambito di un ciclo di più trasmissioni dello stesso programma, organizzate secondo le stesse modalità e con le stesse opportunità di ascolto». Occorre quindi valutare la sussistenza del rispetto del principio di parità di trattamento in funzione delle modalità di esecuzione e collocazione delle trasmissioni. Se ne deduce che nel caso dei duelli in tv la parità di trattamento può essere garantita solo dall’offerta, a tutti i soggetti politici in competizione, della stessa opportunità di confronto.

Di certo Giuseppe Conte, Antonio Tajani, Matteo Salvini, Matteo Renzi, Carlo Calenda e altri competitor avrebbero avuto tutto da perdere e nulla da guadagnare dai duelli televisivi. Quand’anche di confronti se ne fossero fatti più di uno, il principale sarebbe rimasto quello Meloni-Schlein e gli altri sarebbero apparsi solo compensativi di un iniziale squilibrio.

Forse la soluzione più democratica avrebbe potuto essere un unico confronto tra tutti i leader di partito, ma evidentemente questa strada è apparsa non percorribile. Fa sorridere, però, che le altre tv, da Sky a La7 stiano cercando di inserirsi nella contesa per strappare alla Rai questo confronto, che anche su altre reti violerebbe comunque la par condicio e le nuove disposizioni dettate dall’Agcom nei giorni scorsi.

Si è osservato correttamente che il pluralismo non può riguardare solo due attori politici, sia pur dominanti, visto che l’8 e 9 giugno si vota con il sistema proporzionale (le coalizioni non contano) e che Meloni e Schlein, in caso di confronto a due, avrebbero parlato di politica interna più che di politica europea, dato che non faranno prossimamente le parlamentari a Strasburgo.

Ma la cosa più importante da rimarcare è che la par condicio non si applica alla Rete e dunque basterebbe trasferire su una piattaforma online i duelli e così facendo non avere più restrizioni di alcun tipo. Se, cioè, il duello Meloni-Schlein si facesse su Instagram o su un altro canale social chi potrebbe impedirlo? E - ipotesi ancora più facile da realizzare - se il confronto si svolgesse sul palco di un teatro e qualcuno lo mandasse in onda in diretta, chi potrebbe intervenire? Nessuno, perché le norme vigenti avrebbero le armi spuntate da questo punto di vista. E allora perché, quando si litiga sugli spazi mediatici elettorali, si continua a guardare il dito e non la luna?