Due sentenze danno ragione ai cristiani discriminati
L'infermiera di un ospedale pubblico è libera di portare il crocifisso al collo. I pasticcieri hanno diritto di non scrivere frasi inneggianti alle nozze gay. Due sentenze, una del tribunale del lavoro di Londra e l'altra della Corte Europea dei Diritti Umani, risolvono al meglio due casi giudiziari britannici.
Nel Regno Unito, negli ultimi giorni, due sentenze ‘storiche’ hanno riaffermato con forza il diritto assoluto alla libertà di religione e coscienza nella sfera pubblica e nella sfera professionale per i cristiani. Vietato perdere la speranza, ma che fatica a Londra come a Straburgo.
Il primo caso emblematico è quello accaduto alla infermiera cattolica di Londra Mary Onuoha che era stata rimossa dal suo ruolo di praticante del servizio sanitario (NHS) al Croydon University Hospital nel sud di Londra nel giugno 2020, dopo aver affrontato anni di ostilità da parte dei suoi superiori e dei capi dell’ospedale stesso. Il suo torto era stato quello di non accettare l’invito a togliersi dal collo o nascondere la catenina che indossava con il crocifisso esposto sul camice. Alla Onuoha è stato chiesto di rimuovere la sua collana nel 2014, 13 anni dopo aver iniziato a lavorare in ospedale, e successivamente nel 2015 e 2016. Le era stato detto che indossare una collana con un ciondolo forma di croce era una violazione del ‘codice di abbigliamento’ ospedaliero e che se non l’avesse tolta avrebbe affrontato un'azione disciplinare. Quando Mary Onuoha si è rifiutata, è stata rimossa dalle aree cliniche in cui operava e degradata a vari ruoli amministrativi, sino alla posizione di ‘receptionist’, prima di dimettersi nell'agosto 2020 a causa delle umiliazioni e vessazioni subite per la ‘croce’ che portava al collo.
Forte delle proprie ragioni e sostenuta dal team legale del Christian Legal Center, la Onuoha ha presentato denuncia contro l’Ospedale della Croydon University, chiesto il reintegro nelle proprie funzioni, i danni per le vessazioni subite ed il pieno rispetto del proprio diritto di libertà religiosa e, dunque di poter lavorare con in collo e sulla divisa la croce cristiana. Ha sostenuto che la direzione ospedaliera aveva violato il suo diritto alla libertà di religione ai sensi dell'articolo 9 della Convenzione europea sui diritti umani e che il trattamento era una discriminazione religiosa, una molestia e una vittimizzazione ai sensi dell'Equality Act inglese del 2010. Nella sua sentenza il Tribunale del lavoro di Londra ha criticato l’Ospadale per non aver preso in considerazione i diritti religiosi della Onuoha e per non aver applicato coerentemente la sua politica del codice di abbigliamento, visto che altre infermiere indossavano in bella mostra altri simboli e ciondoli, hijab, turbanti e braccialetti religiosi. Di conseguenza, ha ritenuto che il suo licenziamento fosse "senza una causa ragionevole e adeguata… perché “Non c'era alcuna spiegazione spiegazione adeguata del perché questi articoli fossero permessi, ma la collana a croce no".
La sentenza ha notato l'importanza di permettere ai cristiani di vivere pienamente e pubblicamente la loro fede basata sull'insegnamento biblico, aggiungendo che "impedire ai cristiani di mostrare la croce è stata una caratteristica di campagne di persecuzione " in tutto il mondo. Tutta la stampa inglese ha dovuto prenderne atto e rilevare l’importanza della decisione, ribadita dal capo di Christian Concern e Legal Center Andrea Williams che ha rilevato come "la sentenza chiarisce che il calvario di Mary è derivato in gran parte dall'incomprensione da parte dei dirigenti dell'Servizio Sanitario Nazionale (NHS) della guida del Dipartimento della Salute sulle uniformi per il suo personale… Sarebbe facile modificare la guida per chiarire che l'uso di croci da parte del personale medico deve essere consentito”.
La seconda sentenza di capitale importanza è quella presa dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo che, nel rigettare il ricorso di un leader dei diritti LGBTI inglesi, ha confermato la validità assoluta della sentenza della Corte Suprema del Regno Unito a favore di una coppia panettieri e pasticceri di Belfast che si erano rifiutati di preparare un torta che inneggiava al matrimoni gay. Il caso è arrivato a conclusione lo scorso 6 gennaio, sette anni dopo che la Ashers Baking Co., un negozio di panificazione e pasticceria a conduzione familiare di cristiani, ha rifiutato di scrivere "sostenete il matrimonio gay" su una torta del valore di 36 sterline. Uno dei leaders dei diritti LGBTI inglesi, Gareth Lee aveva allora denunciato i coniugi Mc Arthur, proprietari della Ashers, nel 2015, i quali erano stati condannati per ‘discriminazione’ sulla base dell’orientamento sessuale, dal tribunale di contea di Belfast e da una corte d'appello della stessa città. Tuttavia, i coraggiosi e giovani pasticceri Daniel and Amy McArthur non si erano dati per vinti e avevano impugnato le sentenze davanti alla Corte Suprema del Regno Unito. Il 10 ottobre 2018 la più alta Corte del Regno Unito dava ragione ai coniugi McArthur stabilendo, con una sentenza deliberata all’unanimità, che il rifiuto della panetteria Ashers di fare una torta con uno slogan a sostegno del matrimonio omosessuale non era discriminatorio. Una sentenza che proteggeva la libertà di parola e la libertà di coscienza di tutti, ma che per l’attivista LGBTI Gareth Lee era invece preoccupante per "le implicazioni per tutta la comunità gay".
Fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, le pretese LGBTI di imporre i propri desideri ai cristiani sono crollate definitivamente. La Corte di Strasburgo ha riconosciuto che la Suprema Corte inglese abbia rispettato i diritti umani dei propri cittadini nel rispetto delle norme inglesi e della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Il ricorso è stato respinto, perché inammissibile. E’ una grande vittoria per la libertà di espressione, religiosa e d’impresa. Mai perdere la speranza, ma che fatica e quanti soldi devono essere spesi dai cristiani nei tribunali di tutta Europa per veder rispettati i propri diritti umani e la propria libertà di coscienza. Bene le sentenze, ma riflettiamo sulla ragione di questo accanimento anticristiano.