Dubia, le risposte di Francesco: paradigma della confusione
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Dalla benedizione delle coppie omosessuali al pentimento del penitente: come per il primo dubium, anche nelle risposte agli altri quattro dubia di cinque cardinali, il Papa non chiarisce. Prima afferma una cosa e poi un’altra.
Proseguiamo l’analisi delle risposte di papa Francesco ai cinque dubia presentatigli dai cardinali Brandmüller, Burke, Sandoval, Sarah e Zen. Per la prima parte dell’analisi, clicca QUI.
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La risposta al secondo dubium è oggettivamente imbarazzante. Al Papa era stato chiesto, nella prima formulazione, se sia possibile accettare «come “bene possibile” situazioni oggettivamente peccaminose, come le unioni con persone dello stesso sesso, senza venir meno alla dottrina rivelata». E il Papa non risponde. Egli afferma rispettivamente che: 1. il matrimonio è solo tra uomo e donna; 2. che dunque bisogna evitare riti o sacramentali che portino a confondere altre unioni con il matrimonio; 3. che possono esservi «forme di benedizione, richieste da una o più persone, che non trasmettano una concezione errata del matrimonio»; 4. che queste decisioni in singole circostanze «non devono necessariamente diventare una norma (…) che autorizzi costantemente e ufficialmente procedure o regole per ogni tipo di questione».
Questa risposta cozza frontalmente con il Responsum del 2021, che il Papa stesso aveva autorizzato. A quale papa dobbiamo credere? A quello in versione Ladaria o a quello in versione Fernandez? Ma la risposta cozza anche contro le dichiarazioni di mons. Bonny e le decisioni dei vescovi belgi (vedi qui), i quali hanno autorizzato, con il consenso del Papa, di impartire una benedizione pubblica non «solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino». Altro che singole circostanze! E cozza anche contro la decisione dei vescovi fiamminghi (vedi qui), i quali, in nome di Amoris Lætitia, hanno preparato una liturgia per la benedizione delle coppie omo. L’istituzione di un rito non fa parte delle «procedure o regole» proscritte dalla lettera del Papa? Eppure il Papa non ha mosso un’unghia contro questa decisione. Di nuovo: a quale papa dobbiamo credere?
Papa Francesco evita altresì di confermare l’oggettiva peccaminosità degli atti omosessuali, riferendosi, in una frase concessiva, a generiche situazioni «che da un punto di vista oggettivo non sono moralmente accettabili», ed enfatizzando subito dopo l’attenuazione dell’imputabilità soggettiva.
Rispondendo al quarto dubium, papa Francesco afferma, richiamando Lumen Gentium, 10, che il sacerdozio battesimale e quello ministeriale differiscono essenzialmente. Ricorda quanto trasmesso da san Giovanni Paolo II, il quale «insegnò che bisogna affermare “in modo definitivo” l’impossibilità di conferire l'ordinazione sacerdotale alle donne». Ma poi, inopportunamente, lo stesso Bergoglio scrive: «Per essere rigorosi, riconosciamo che una dottrina chiara e autorevole sulla natura esatta di una “dichiarazione definitiva” non è ancora stata sviluppata in modo esaustivo. Non è una definizione dogmatica, eppure deve essere rispettata da tutti. Nessuno può contraddirla pubblicamente, eppure può essere oggetto di studio, come nel caso della validità delle ordinazioni nella Comunione anglicana».
Forse Fernandez non aveva ancora avuto il tempo di dare un’occhiata a quello che il Dicastero da lui presieduto aveva sfornato anni addietro. E nemmeno a consultare un semplice vocabolario, visto che non si è premurato di rimuovere questa sciocchezza dal testo pubblicato. Nella Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei (1998), la CDF spiegava che alle dichiarazioni definitive dev’essere dato lo stesso assenso «pieno e irrevocabile», «fermo e definitivo» che si dà alle definizioni dogmatiche, con la differenza che queste sono «dottrine de fide credenda», mentre le prime «dottrine de fide tenenda». Non si tratta dunque semplicemente di non ”contraddirle pubblicamente”, bensì di aderirvi anche internamente in modo fermo, pieno, irrevocabile. Aggiunge la Nota che «chi le negasse, assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica». Quanto all’essere oggetto di studio siamo tutti d’accordo (ma di per sé anche le definizioni dogmatiche sono “oggetto di studio”: altrimenti che ci stanno a fare?), ma la Nota precisa che questo studio serve per approfondire «l'intelligenza tanto delle realtà quanto delle parole», così che si possa giungere «a proclamare alcune di queste dottrine anche come dogmi di fede divina e cattolica». La Nota, guarda un po’, interveniva in modo specifico sull’ordinazione sacerdotale riservata agli uomini «da ritenersi in modo definitivo, in quanto, fondata sulla Parola di Dio scritta, costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa» e perciò «proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale». L’unico sviluppo su questo argomento potrà essere quello di «progredire fino a definire tale dottrina da credersi come divinamente rivelata». Come mai il Papa non ha minimamente richiamato questa Nota così chiara e “Tucho” non ha provveduto ad opportune integrazioni?
Nella replica al quinto dubium, il Papa non poteva porsi esplicitamente contro i canoni e gli insegnamenti del Concilio di Trento... Così pare abbia scelto la strategia di rendere quell’insegnamento inapplicabile. Francesco spiega che, riguardo al pentimento del penitente, «qui non c'è matematica, e ancora una volta devo ricordarvi che il confessionale non è una dogana». Insomma, non c’è modo per stabilire se una persona sia pentita e in ogni caso non è il confessionale il luogo per decidere “chi passa e chi no”. Addirittura, il Papa arriva ad affermare che «nelle persone con un'autostima gravemente ferita, dichiararsi colpevoli è una tortura crudele»; dunque non disturbate l’orgoglio altrui! Vi basti «l'atto stesso di avvicinarsi alla confessione» quale «espressione simbolica del pentimento e della ricerca dell'aiuto divino». Il che, se la logica ha ancora una validità, significa che il sacerdote deve sempre assolvere. Perché il sacerdote assolve durante la confessione, non durante una chiacchierata; e dunque se una persona che si accosta alla confessione già manifesta “simbolicamente” (sic!) il suo pentimento, allora il sacerdote non può non assolverla. L’insegnamento cattolico affermato nella prima riga viene svuotato in tutto il resto del testo.
Il terzo quesito verteva sull’autorità di un Sinodo dei Vescovi (che nel frattempo, non è più nemmeno dei Vescovi). E nemmeno qui il Papa dà una risposta; anzi, forse è proprio su questo punto che Francesco elude del tutto la domanda. Già nella prima formulazione, il senso della domanda era ben chiaro: «Si chiede se la sinodalità può essere criterio regolativo supremo del governo permanente della Chiesa». In soldoni, il Sinodo dei Vescovi è consultivo o ha, di per sé, potere deliberativo vincolante? Discute questioni o le dirime? Si pone come un terzo soggetto della suprema potestà nella Chiesa o no?
Francesco riconosce che «la suprema e piena autorità della Chiesa è esercitata o dal Papa in virtù del suo ufficio o dal collegio episcopale insieme al suo capo, il Romano Pontefice», ma di fatto non esclude che il Sinodo non possa esserlo a sua volta, assumendo una funzione deliberativa. La risposta era decisamente importante, dal momento che personaggi come il Cardinale Francesco Coccopalmerio, in un suo recente intervento alla Giornata di formazione Il Sinodo interroga la comunicazione. La comunicazione interroga il Sinodo, tenutasi alla Lumsa, ha auspicato (vedi qui) proprio il passaggio non solo del Sinodo, ma di tutti gli organi consultivi della Chiesa, incluso il consiglio pastorale parrocchiale, da consultivi a deliberativi. È questo il senso della “natura sinodale” della Chiesa, tanto strombazzata?
Allora, la Chiesa può contraddirsi? Le unioni omosessuali continuano ad essere un peccato grave? Le donne potranno in futuro essere ordinate preti o almeno diaconesse? Se uno non si pente può essere assolto? Il Sinodo è consultivo o deliberativo? Se al semplice lettore si domandasse di rispondere brevemente alle domande qui poste, alla luce della lettera del Papa, è probabile che risponderebbe: “Forse sì, forse no, non lo so”. Ridateci i negative e affirmative.
Sì, sì, ma forse no: Francesco pone più dubbi dei Dubia
La risposta alla "prima versione" dei quesiti posti dai cinque cardinali offre chiarezza solo su un punto: il plateale rifiuto del Sommo Pontefice di rispondere in modo puntuale, preferendo lasciare zone grigie e aprire spiragli "ad usum synodi".
- Le risposte del Papa ai Dubia? Una clamorosa mistificazione, di Riccardo Cascioli
- DOSSIER: Nuovi Dubia incombono sul Sinodo