ANIMALISMO
Diritto alla vita: anche dei topi in casa?
La vita di centinaia di milioni di persone nei paesi poveri dipende dai prodotti da allevamenti, che sono una importante risorsa per la specie umana.
Attualità
06_07_2011
Sollecitato da un amico ho visitato il sito "La Coscienza degli Animali" nato “dalla volontà di Michela Vittoria Brambilla e Umberto Veronesi, di dare voce a chi voce non ha e di contribuire in maniera significativa alla creazione in Italia di una nuova cultura di amore e tutela degli animali e di rispetto dei loro diritti.” Nel sito si invita a sottoscrivere il “manifesto dei diritti degli animali” nel quale sono presenti molte cose a mio avviso condivisibili assieme ad altre che giudico quanto meno eccepibili.
Cominciamo dalle prime osservando che non posso non condividere il ripudio della violenza gratuita sugli animali. Ciò perché ho da sempre fatto mio il motto “Chi non vuol bene alle bestie non vuol bene neppure ai cristiani” che è ben radicato nella cultura popolare delle nostre terre.
Non vorrei tuttavia cadere in una sorta di “nazismo verde” in cui la sensibilità verso gli animali venga prima di quella verso gli umani. Da questo punto di vista esprimo perplessità circa l’affermazione del “diritto alla vita” per gli animali che si fa nel manifesto. Potrà sembrare banale ma viene anzitutto spontaneo chiedere “quali animali?”. Nello specifico mi domando infatti se chi ha sottoscritto il manifesto sarebbe del parere di garantire il diritto alla vita, e nella propria casa, a topi o scarafaggi o zanzare o formiche ovvero se sarebbe disponibile a lasciare orsi, lupi e serpenti a scorrazzare in aree frequentate dai propri bambini, in nome del fatto che, per dirla con il manifesto, “gli animali hanno un elevato livello di consapevolezza, coscienza, sensibilità e molti di loro hanno la capacità di sviluppare sentimenti”. In altri termini, mi domando se il diritto alla vita degli animali debba venire prima o dopo il diritto alla vita per gli umani, cosa che nel manifesto non viene ahimè mai specificata.
Da questo punto di vista (lasciando per un attimo da parte temi eticamente cruciali come quelli dell’eutanasia e dell’aborto, non chiamati direttamente in causa nel manifesto) non si può dimenticare che nelle aree meno fortunate del mondo un numero rilevante di nostri simili deve il proprio sostentamento quotidiano ai prodotti dell’allevamento brado o confinato di capre, pecore, bovini o animali da cortile. Non scordiamoci infatti che l’alimentazione del genere umano si fonda oggi sulla produzione che proviene da 1.4 miliardi di ettari di arativi e da ben 2.3 miliardi di ettari di pascoli che non sono in alcun modo sfruttabili se non con l’allevamento. Amo allora pensare che il “pastore errante per l’Asia” sia un nostro fratello e non un crudele seviziatore di animali.
Vedete, su questi temi non mi aspetto molto da questo Paese perché – questo non dobbiamo mai dimenticarlo – l’Italia è l’unica Nazione al mondo ad aver partorito e messo in pratica la bizzarra idea di abolire tramite referendum il Ministero dell’Agricoltura. Fu una cantonata surreale cui furono poi costretti a mettere una pezza i nostri politici che, non sapendo a chi affidare le competenze agricole imposteci anche dai trattati internazionali, si inventarono strutture con analoghi fini e con nomi funambolici come “Ministero per il coordinamento delle politiche agricole e forestali”.
Non possiamo tuttavia trascurare, per il pulpito da cui provengono, le parole (sempre citate nel sito di cui sopra) dell’On. Brambilla la quale dichiara: "Sono vegetariana ma non posso né voglio imporre a nessuno la mia scelta etica. Chi mangia carne deve però essere consapevole, deve sapere in quali terribili condizioni sono allevati, trasportati ed uccisi gli animali di cui si nutre. E deve conoscere quali livelli di sofferenze ed atrocità si nascondano dietro il cibo che quotidianamente consuma". E dato che una tale dichiarazione viene da un autorevole esponente del nostro governo, non vorrei che ciò preludesse a qualche iniziativa abolizionista concreta. Su tale fronte, se non ci frenasse il senso del ridicolo, spero che almeno un freno venga dalle seguenti e più concrete considerazioni:
1. La carne ed i prodotti lattiero caseari sono fonte di proteine di alta qualità per l’alimentazione umana ed in tal senso si rivelano fondamentali azioni di educazione alimentare che evidenzino i pregi della carne evidenziando altresì i problemi derivanti dal suo eccesso nelle diete.
2. Nel suo complesso la specie umana ha vissuto di caccia e raccolta fino a ieri l'altro. Nello specifico le popolazioni europee discendono in gran parte (l'80% del DNA maschile e l'87% di quello femminile) dai popoli di cacciatori-raccoglitori paleolitici già presenti sul continente nel corso dell'ultima glaciazione. Da ciò discende che la caccia è volenti o nolenti un'eredità culturale e non solo un atto di ferocia gratuita, un’eredità che può trovare ancor ora giustificazione se considerata in un contesto di riduzione selettiva di popolazioni di selvatici che risultino in eccesso rispetto alla capacità portante dell’ecosistema.
3. La domesticazione degli animali (cane in primis e poi bovini, suini, ovi-caprini, avi-cunicoli, ecc.) è stato uno degli eventi cruciali di quella rivoluzione neolitica che è alla base della nostra civiltà attuale.
4. All’incremento nel consumo mondiale di carne fa oggi riscontro una “rivoluzione zootecnica” che mira a razionalizzare il settore tramite massicce innovazioni sia a livello di genetica (es: specie e razze con più elevata efficienza nella conversione degli alimenti in carne e latte) sia di tecniche di allevamento.
5. La zootecnia è l’unico settore in grado di sfruttare non solo le aree marginali non utilizzabili per l’agricoltura intensiva (pascoli montani, steppe) ma anche quell’enorme mole di sottoprodotti del settore agricolo-alimentare che altrimenti non troverebbero impiego.
6. Fra le più rilevanti voci dell’export agro-alimentare italiano vi sono due prodotti di origine zootecnica (il prosciutto crudo e il formaggio grana).
E’ per questo insieme di elementi che è oggi necessario affrontare il tema dell’allevamento animale valutando in modo complessivo gli interessi culturali, economici ed umani che ad esso sono sottesi.