Dio uno e trino – Il testo del video
Solo i cristiani confessiamo che Dio è uno e trino. Ciò che differenzia, nell’unità della medesima sostanza, le tre Persone divine è la loro relazione. Ci sono quattro relazioni, che dipendono da due processioni: la generazione e la spirazione. La Trinità e le operazioni ad extra.
Oggi facciamo una parentesi nel nostro percorso dedicato alla persona di nostro Signore Gesù Cristo (vedi qui e qui). Non è neanche troppo una parentesi. In che senso? Nel senso che dobbiamo capire chi è Colui che si è incarnato e questo ci costringe in qualche modo a fare almeno “un’incursione” rapida negli elementi fondamentali della verità di fede relative alla Santissima Trinità. Non è un ritardo nell’esposizione parlarne adesso, bensì la volontà di seguire quello che è stato il percorso scelto da Dio per rivelarsi; se pensiamo all’apparizione di Gesù Cristo nel mondo, la sua rivendicazione di essere Figlio di Dio e Dio incarnato, Verbo incarnato, è chiaro che ciò ha stravolto l’idea che l’uomo poteva avere di Dio: in qualsiasi religione o pensiero religioso esistente, non c’era questa idea di una Trinità nell’unità.
Quindi, in qualche modo, è con l’annuncio di Gesù Cristo che si apre la prospettiva sulla vita trinitaria. In fondo, è la dinamica della Rivelazione, cioè che sia Gesù stesso a rivelarci il volto di Dio, a rivelarci Dio. E non solamente nelle sue virtù – la sua bontà, la sua misericordia, la sua fortezza – ma anche proprio in questo fatto radicale: Gesù Cristo rivendica di essere una cosa sola con il Padre, e annuncia agli apostoli che avrebbe inviato il suo Spirito. Dunque, la Trinità è rivelata dalla bocca stessa di nostro Signore, entra in scena nella storia dell’umanità, nella storia delle religioni, in un momento ben preciso, e in una Persona ben precisa, che non si limita ad annunciarla, ma che è Dio stesso: uno dei tre – non dei tre dèi, ma una delle tre Persone – dell’unico vero Dio.
Prima di entrare nel merito di quelli che sono gli elementi importanti da tenere presenti quando parliamo di Dio, del Dio uno e trino, c’è un dato evangelico che dobbiamo ricordare perché, da un po’ di tempo a questa parte, c’è un po’ uno “sport nazionale”, ossia quello di dire che in realtà nei Vangeli non c’è scritto da nessuna parte che Gesù è Dio e che è stata un’invenzione della comunità successiva. Ora, non entro nel dettaglio dell’argomento, che richiederebbe trattare di datazione dei vangeli ed altre cose; però, se noi diamo un’occhiata al Vangelo, c’è un dato evidente e cioè che Gesù ha mostrato Sé stesso come Dio. Che non fosse un equivoco lo dimostra il fatto che non solo i suoi discepoli hanno creduto a questo, ma che i suoi stessi accusatori hanno capito perfettamente che questo era quello che nostro Signore Gesù Cristo rivendicava, tant’è vero che è il motivo della sua morte, nell’ottica giudaica.
Troviamo un primo passo chiarissimo nel capitolo 10 del Vangelo di san Giovanni. Nell’episodio, che accade d’inverno, nel giorno della Dedicazione del Tempio, il Signore Gesù a un certo punto dice: «Io e il Padre siamo una sola cosa» (Gv 10,30). Qual è la reazione giudaica, dei capi giudaici e membri del Sinedrio? La reazione è quella della lapidazione. Perché la lapidazione? Lo spiegano loro stessi. Cito ancora san Giovanni: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu che sei uomo ti fai Dio» (Gv 10,33).
Dunque, la ragione per cui i giudei volevano lapidare il Signore era precisamente questa. E se vediamo il processo che porterà poi alla condanna di Gesù e alla sua consegna a Pilato, che porta alla crocifissione, noi troviamo nel Vangelo di san Matteo (26,64) la causa della condanna: l’affermazione secondo cui gli uomini avrebbero visto il Figlio dell’uomo sedere alla destra della Maestà divina e venire sulle nubi del cielo, cioè essere allo stesso livello di Dio, di Jahvè, del Dio che ha liberato Israele dall’Egitto; altro modo per dire, come abbiamo visto nel cap. 10 del Vangelo di san Giovanni, che «io e il Padre siamo una sola cosa».
Il punto è capitale. Gesù Cristo, rivelando Sé stesso come Dio, rivendicando di essere una sola cosa con il Padre, e poi nella sua promessa di inviare lo Spirito, rivela per la prima volta l’inaudito e, per certi versi, l’incomprensibile: nell’unico Dio ci sono tre Persone. Egli, che è una di queste Persone, la seconda, ha preso la nostra carne; il Padre lo ha mandato e lo Spirito sarà mandato. Così abbiamo introdotto il tema, come trattato dai Vangeli.
Ora cerchiamo di vedere i punti fermi della dottrina cattolica sull’identità di Dio. Faccio un inciso, fondamentale in questi tempi di totale confusione e stravaganze di vario genere. Dio è uno. Ma non possiamo affermare che allora tutte le religioni che confessano l’unico Dio o non lo confessano, in realtà, servono e annunciano l’unico Dio, perché un’affermazione di questo tipo renderebbe completamente superflua la Rivelazione di Gesù Cristo. Che esista un solo Dio in tre Persone, che esista un solo Dio, non vuol dire che tutti quelli che cercano Dio cercano il vero Dio, che tutti quelli che hanno dei riti, una legge morale per servire questo Dio, allora confessano l’unico vero Dio, essendo Dio uno: non è così. La confessione del vero Dio, il servizio al vero Dio è strettamente legato alla confessione delle tre Persone nell’unica natura divina, come andremo a spiegare.
Quindi, questa idea per cui tutti abbiamo l’unico Dio è una banalità impressionante, che calpesta letteralmente duemila anni di cristianesimo e fa a pugni con quei tentativi di chiarimento – che a volte divennero anche delle discussioni importanti, con cui nei primi secoli si cercò di definire questa verità di fede –, ispirati proprio da quello Spirito che Gesù Cristo ha inviato sugli apostoli e sui loro successori.
Dunque, non crediamo tutti nello stesso Dio, perché nel momento in cui io affermo che Dio è uno e basta, non affermo che è uno e trino. Anzi, se pensiamo per esempio all’islam, esso esiste precisamente per negare la Trinità, così come per negare la divinità di Gesù Cristo. Ciò non toglie che ci possano anche essere degli aspetti positivi, questo è un altro discorso, ma non si tratta dello stesso Dio. E, ancor più, è sbagliato dire che credere in più divinità o addirittura in un principio divino che non è nemmeno persona sarebbe identico a credere al nostro Dio. Vuol dire veramente non dare più senso alle parole. A questo punto, come diceva il buon Aristotele, se non vige nemmeno il principio di non contraddizione, conviene fare silenzio e cucirsi la bocca.
Entriamo dunque un po’ più da vicino nei punti fermi della fede cattolica sulla SS. Trinità, considerando che la questione trinitaria è immensa. Nell’unità dell’unica identica sostanza, noi confessiamo alcune “pluralità”, chiamiamole così. Prima pluralità: noi confessiamo due processioni. Che cosa voglio dire? Voglio dire che l’unità di Dio non ci dice che c’è un’unità di persona, ma che al suo interno ci sono delle relazioni: quattro relazioni, che dipendono da due processioni.
Queste due processioni sono la generazione e la spirazione. Cosa vuol dire? Vuol dire che l’unica e identica divinità è data e ricevuta. Spieghiamo ulteriormente. In Dio noi troviamo che c’è qualcuno che comunica la divinità a qualcun altro che la riceve, eppure non c’è un prima e un poi, non c’è un inizio – come se fosse un inizio temporale – e una fine, perché è nell’unica divinità e dunque nella stessa eternità. Ma questa eternità non è un’eternità “statica”: è un’eternità dinamica, con due processioni. 1) Il Padre comunica la divinità al Figlio da sempre, in eterno, non da un principio; quindi non è che il Padre è l’inizio e gli altri vengono dopo; non c’è un prima e un poi, perché c’è un’unica divinità e siamo nella dimensione dell’eternità. Ma c’è un generante e un generato. 2) Così come c’è una spirazione: c’è qualcuno che spira e qualcuno che è spirato. Il Padre e il Figlio sono il principio della spirazione e lo Spirito Santo è colui che è spirato. Non entro nella questione della processione anche dal Figlio, perché le sto dedicando una serie di articoli della domenica e comunque ci ritorneremo quando parlerò dello Spirito Santo.
Questo è già qualcosa di particolare: in Dio c’è una dinamicità, c’è qualcuno che dà e qualcuno che riceve. Non è tutto piatto, nonostante ci sia un’unica divinità, identica.
Da queste due processioni nascono quattro relazioni. Quali sono? Il principio che comunica la divinità è la paternità. Il principio che la riceve, colui che la riceve dal primo principio, è la filiazione. Il Padre e il Figlio, paternità e filiazione. Le altre due relazioni sono la processione e la spirazione, ossia c’è qualcuno che spira e qualcuno che è spirato. Si chiamano anche spirazione attiva e spirazione passiva (che è appunto il procedere da).
Dunque, quattro sono le relazioni che nascono dalle due processioni: paternità-filiazione e processione-spirazione. Adesso facciamo “giocare” questi principi per entrare un po’ più nel mistero delle tre Persone e capire cosa vuol dire la differenza delle tre Persone nell’unica divinità.
Se Dio è uno, vuol dire che al suo interno non vi può essere altra distinzione se non quella che nasce dalla relazione, cioè dalle quattro relazioni che abbiamo appena elencato. Perché, se ci fosse altro – oltre a queste relazioni – che distingue le tre Persone, che cosa avremmo? Una pluralità di dèi, cioè Dio non sarebbe uno. Quando parliamo di persone diverse, in relazione agli uomini, noi intendiamo non solo delle relazioni: io non sono diversa da mio padre solo per la relazione; sono diversa perché abbiamo una serie di caratteristiche diverse. In Dio questa serie di “caratteristiche diverse” non c’è. Perché Dio è il Padre, Dio è il Figlio, Dio è lo Spirito Santo. E dunque, eterno il Padre, eterno il Figlio, eterno lo Spirito Santo; onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo (cfr. Simbolo atanasiano o Quicumque vult). E così via. Tutto quello che noi diciamo della divinità caratterizza ciascuna Persona.
Allora, dove sta la pluralità? Precisamente nelle relazioni, che si chiamano “di opposizione” (vedremo perché si chiamano così). Ma quello che stiamo considerando è un punto importante: che cosa caratterizza la Persona in Dio se non è come per noi esseri umani? A caratterizzare la Persona divina non è un accidente e neanche una differenza di sostanza (io e voi abbiamo la stessa natura umana, ma siamo di sostanze diverse, ognuno ha una sostanza individua diversa da un’altra). In Dio invece che cosa differenzia le Persone? La relazione. Ciò che caratterizza la persona, come sappiamo, è la sua sussistenza in una natura razionale. Che cosa caratterizza la Persona di Dio? Una sussistenza, che però è in relazione o, meglio, una relazione sussistente. Si tratta di una relazione che non è puramente accidentale, come per noi: la mia relazione con mio cugino o mia mamma è qualcosa di accidentale, non è sostanziale. In Dio, invece, è una relazione sussistente. Cosa vuol dire? Vuol dire che la distinzione delle tre Persone si ha precisamente perché c’è un’opposizione di relazione. Cosa vuol dire opposizione? La prima opposizione è quella tra paternità e filiazione: il Padre non può essere il Figlio; il Figlio non può essere il Padre. Tutto ciò che si dice della divinità, che si attribuisce alla divinità, lo si attribuisce sia al Padre che al Figlio: allora che cosa li differenzia? Se non li differenziasse nulla, non ci sarebbe una pluralità di persone. Se li differenziasse qualche cosa di sostanziale, avremmo una pluralità di divinità, non avremmo un Dio unico. Perché, supponiamo, uno sarebbe onnipotente e l’altro no, uno sarebbe Dio e l’altro no. Allora che cosa li differenzia? Li differenzia esattamente la loro relazione: il Padre non è il Figlio; il Figlio non è il Padre. C’è la relazione di paternità verso il Figlio in quanto il Padre è il principio che comunica la divinità al Figlio. E il Figlio non è il Padre in quanto è colui che riceve la divinità dal Padre, senza un inizio, senza una fine.
Qual è la seconda opposizione che troviamo nella Trinità? Quella tra spirazione e processione. Ecco, dunque, le quattro relazioni. Sono quattro relazioni di opposizione in coppia. La prima relazione: Padre-Figlio, paternità-filiazione. La seconda: spirazione-processione. Che cosa vuol dire? Vuol dire che c’è un principio – il Padre e il Figlio – che spira, comunica la divinità a un terzo che lo riceve, che è lo Spirito Santo. Uno degli argomenti forti che dà corpo e sostegno alla dottrina cattolica dello Spirito che procede dal Padre e anche dal Figlio è proprio questo: se lo Spirito Santo procedesse solo dal Padre, in che cosa si differenzierebbe dal Figlio? Sarebbe l’analogo del Figlio che riceve la divinità dal Padre, punto. E dunque mancherebbe una distinzione tra lo Spirito e il Figlio, perché mancherebbe un’opposizione, secondo quanto abbiamo detto fino adesso. Invece, nell’affermazione che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio – che sono dunque un unico principio di spirazione dello Spirito (la coppia spirazione-processione o spirazione attiva-spirazione passiva è la stessa cosa) – abbiamo la differenza. Infatti, così lo Spirito, rispetto al Figlio, è colui che è spirato; il Figlio è invece colui che con il Padre, insieme al Padre, spira. Queste sono le relazioni che si distinguono, proprio per questa opposizione.
Non c’è opposizione invece tra paternità-spirazione e tra filiazione-spirazione. Non è possibile che il Padre sia anche il Figlio, e il Figlio sia anche il Padre. E non è possibile che il Padre spiri lo Spirito Santo e, allo stesso tempo, lo Spirito Santo spiri il Padre; invece, non c’è opposizione tra la paternità-filiazione e lo spirare attivamente, che è un altro modo per dire che il Padre e il Figlio possono entrambi – come unico principio – spirare lo Spirito.
Vediamo un altro tassello importante della dottrina trinitaria. Proprio dalla virtù dell’unità della divinità, cioè dell’unico Dio – in quanto appunto la differenza tra le tre Persone non è una differenza di attribuzioni, ma solo differenza di relazioni (relazioni sussistenti perché “danno” la Persona) –, consegue un’altra verità, ossia la circumincessio o la pericoresi. Che cos’è questa realtà? È il fatto che ciascuna Persona si trova nell’altra, inabita l’altra. Questo è il “frutto” proprio dell’unità della divinità.
San Fulgenzio di Ruspe (ca 468-533) spiega in un testo molto celebre che il Padre si trova tutto nel Figlio e nello Spirito Santo, eppure è il Padre. La divinità è unica e non divisa. E così anche il Figlio: il Figlio si trova tutto nel Padre e nello Spirito Santo. E lo Spirito Santo si trova tutto nel Padre e nel Figlio, senza confusione di Persone, perché il Padre è il Padre, il Figlio è il Figlio, lo Spirito Santo è lo Spirito Santo, per la ragione che abbiamo detto prima: le relazioni di opposizione. E tuttavia, in forza dell’unità divina, noi abbiamo che tutto il Padre è nel Figlio e nello Spirito Santo; tutto il Figlio è nel Padre e nello Spirito Santo; tutto lo Spirito Santo è nel Padre e nel Figlio, senza confusione di Persone.
Ultimo tassello – per capire un po’ questo mistero e procedere, dalla prossima volta, ad addentrarci nel mistero della Persona di Cristo – è quello che riguarda le operazioni ad extra. Se abbiamo compreso che l’unica diversità è quella della relazione, cioè che le Persone sono identificate proprio dalla relazione di opposizione, allora tutto quello che Dio opera, lo opera ciascuna delle Persone.
E dunque abbiamo il principio per cui le cosiddette operazioni ad extra – la creazione, la redenzione, la santificazione, etc. – sono compiute da Dio e quindi da tutte e tre le Persone della Santissima Trinità in quanto sono un unico Dio. Le operazioni che non sono comuni sono appunto quelle che caratterizzano la relazione, cioè: è il Padre a generare, non è il Figlio a generare; è il Figlio che è generato, non il Padre. E così via. Ma quando parliamo delle operazioni ad extra, dobbiamo ricordare che Dio è uno e quindi è la Trinità delle sue Persone ad operare, ad agire. E da qui si comprende come la creazione, la redenzione, la santificazione non siano opera di una sola di queste Persone, ma sono opera dell’unico Dio e dunque delle tre Persone; anche se nel linguaggio teologico si dice che per appropriazione si attribuiscono all’una o all’altra a seconda della “similitudine” tra quell’opera e la proprietà personale di ciascuna delle tre Persone.
La creazione è opera del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, dell’unico Dio, e tuttavia la si attribuisce principalmente al Padre. Perché? Perché è l’opera in qualche modo dell’onnipotenza ed è il principio: la creazione è un principio che inizia ad essere. Dunque, siccome è il Padre il principio che comunica la divinità al Figlio e che, con il Figlio, la comunica allo Spirito Santo, allora si dice che per appropriazione – una sorta di analogia – si attribuisce la creazione al Padre. Similmente si attribuiscono la redenzione al Figlio e la santificazione allo Spirito Santo. Queste attribuzioni vanno benissimo, purché si ricordi che si tratta sempre dell’unica divinità che agisce all’esterno di queste operazioni.
E cosa possiamo dire dell’Incarnazione? Anche l’Incarnazione è opera di tutta la Santissima Trinità, di ciascuna delle tre Persone. E tuttavia è solo il Figlio a incarnarsi. L’Incarnazione è opera delle tre Persone ma è solo la seconda a incarnarsi. E noi questo lo sappiamo non per deduzione logica o per appropriazione, lo sappiamo e lo crediamo semplicemente perché ce l’ha detto Colui che si è incarnato, cioè il Verbo eterno, il Figlio divino. Se non ce l’avesse detto, non avremmo potuto minimamente pensare qualcosa del genere.
E dunque prendiamo atto che, pur essendo l’Incarnazione opera di tutte e tre le Persone, una sola s’incarna, una sola unisce a Sé, alla propria Persona divina, la natura umana. Questo è il grande mistero dell’unione ipostatica che andremo a indagare nelle prossime catechesi.
Questa catechesi è stata un po’ “tecnica”, però è importante entrare nel mistero della Trinità. Possiamo e dobbiamo fare lo sforzo di applicare la nostra intelligenza a quello che ci è stato rivelato, a quello che la Chiesa nel suo insegnamento dogmatico, infallibile, ci ha indicato su questa realtà. La realtà di un unico Dio in tre Persone, le quali si distinguono tra loro solo per la relazione: una relazione di opposizione (paternità-figliolanza; spirazione attiva-spirazione passiva o processione). Questo è il Dio che noi professiamo. E questa – attenzione! – nel Simbolo attribuito per secoli a sant’Atanasio si dice essere una confessione necessaria per la salvezza. Non siamo chiamati a credere in un dio generico. C’è chi non riesce a conoscere la Trinità non per colpa propria – sarà il buon Dio a tenere misericordiosamente conto di tutte le attenuanti –, ma questo non ci autorizza all’ignoranza della fede, cioè a non sapere quello che siamo tenuti a sapere, essendo stati battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Vedete: un nome, tre Persone. E nessuno ci autorizza a banalizzare il dogma trinitario mettendolo sul piano delle superficialità che ci tocca udire, anche da persone che hanno tutti gli strumenti per capire il contrario e che hanno nella Chiesa il ministero della guida, della santificazione e della successione degli apostoli.
Dio uno e trino
Solo i cristiani confessiamo che Dio è uno e trino. Ciò che differenzia, nell’unità della medesima sostanza, le tre Persone divine è la loro relazione. Ci sono quattro relazioni, che dipendono da due processioni: la generazione e la spirazione. La Trinità e le operazioni ad extra.
Gli errori teologici di Marco Eugenico nell’opporsi al Filioque
Dalla lettura dei testi della disputa sul Filioque al Concilio di Ferrara-Firenze, si vede che il metropolita di Efeso, Marco Eugenico, era arroccato su una posizione antifilioquista che di fatto confondeva le persone divine.
Perché l’Incarnazione (II parte) – Il testo del video
San Tommaso si sofferma sulla convenienza dell’Incarnazione, atto libero dell’amore di Dio. Il suo legame con la Redenzione degli uomini. Le dieci ragioni di convenienza dell’Incarnazione: cinque per far avanzare l’uomo nel bene, cinque per tenerlo lontano dal male.
Perché l’Incarnazione – Il testo del video
Iniziamo a trattare la persona e il mistero di Gesù Cristo, a cui san Tommaso dedica la terza parte della Summa, come cardine della dinamica di exitus e reditus. Con l’Incarnazione raggiungiamo il vertice della comunicazione del bene, cioè di Dio stesso, all’uomo.