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ORA DI DOTTRINA / 66 - LA TRASCRIZIONE

Dio, onnipotente - Il testo del video

L'onnipotenza di Dio - Padre, Figlio e Spirito Santo - è una certezza, una verità di fede. Significa che Dio può tutto ciò che è possibile. Vale a dire che Dio, essere perfettissimo, non può fare ciò che comunicherebbe un'imperfezione, ad esempio il peccato. Potenza ordinata e potenza assoluta.

Catechismo 30_04_2023

Proseguiamo il nostro commento al Credo. Dopo l’affermazione della paternità di Dio, su cui ci siamo soffermati per due puntate (vedi qui e qui), introducendo il mistero della Santissima Trinità e le eresie che la Chiesa ha dovuto combattere soprattutto nei primi secoli, ora vediamo l’aggettivo «onnipotente»: Credo in unum Deum, Patrem omnipotentem.

Va da sé, per quello che abbiamo detto durante la lezione sulla Santissima Trinità, che l’aggettivo “onnipotente” non si riferisce solamente al Padre. Ricordiamo il Simbolo di sant’Atanasio, che dice: «Onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo». Per quale ragione? Precisamente perché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono Dio, un unico Dio. Ora, l’onnipotenza è prerogativa di Dio. E dunque, ciascuna Persona della Santissima Trinità è onnipotente.

Che cosa intendiamo per onnipotenza? Oggi andremo un po’ a spasso, diciamo così, tra la filosofia e la teologia. Abbandono momentaneamente il Catechismo della Chiesa Cattolica per andare un pochino più nel dettaglio, riprendendo la Summa Theologiae di san Tommaso d’Aquino. In particolare, vediamo la prima parte della Summa alla quaestio 25, intitolata “La potenza divina”.

Per capirci, per avere un punto di riferimento, possiamo dire che l’attributo dell’onnipotenza divina può essere espresso in questo modo: Dio può tutto ciò che è possibile. Oppure, un’altra formulazione: Dio può tutto ciò che può volere. Adesso andiamo ad approfondire queste formulazioni, chiedendo soccorso a san Tommaso e ragionandoci un po’ sopra.

Dunque, partiamo dalla prima formulazione: Dio può tutto ciò che è possibile. Vedete che non è “Dio può tutto” - e adesso cerchiamo di capire perché-, ma “Dio può tutto ciò che è possibile”. Prima di tutto, quando pensiamo all’onnipotenza divina, dobbiamo ricordarci che Dio è Dio e non è una creatura. Questo significa che non c’è in Lui una potenza, come per noi uomini, successiva alla decisione, così come non c’è un atto di volontà successivo a una deliberazione, successiva a una riflessione. L’idea di una successione, evidentemente, non pertiene alla divinità, ma alla creatura, nel tempo. In Dio, conoscenza, volontà e potenza sono un tutt’uno e coincidono con la sua essenza, con il suo essere Dio. Questo è sempre da tenere presente come sfondo, per non fare delle conclusioni eccessivamente antropomorfiche quando parliamo di Dio.

Ora, Dio è onnipotente precisamente perché la sua essenza è infinita: il suo essere infinito, il suo essere perfezione infinita, cioè il suo essere Dio, è la ragione della sua onnipotenza. Non c’è un’onnipotenza successiva in Dio, ma è intrinseca in questo suo essere infinito, in questo suo essere perfettissimo, in questo suo essere Dio, appunto.

La Sacra Scrittura attesta l’onnipotenza di Dio praticamente in tutti i libri, più e più volte. Forse, possiamo dire che l’onnipotenza è, insieme alla fedeltà e alla misericordia, uno degli attributi più ricorrenti nelle Sacre Scritture, più magnificati, per esempio, nei Salmi. Non c’è dunque dubbio che il fatto che Dio sia onnipotente, è di fede; non è una deduzione, non è un’ipotesi: è una certezza, una verità di fede, che come tale deve essere creduta e ritenuta.

Il punto, però, è capire che cos’è questo tutto, perché spesso vengono mosse alcune obiezioni al riguardo, dicendo che in realtà Dio non può fare proprio tutto e quindi non è proprio onnipotente così come si dice. Vediamo di capire cos’è questo tutto che Dio può compiere. Prendiamo l’articolo 3 della quaestio 25. In esso si spiega che il contenuto dell’onnipotenza divina è il possibile: «Resta, dunque, che Dio sia detto onnipotente perché può tutte le cose che sono possibili. [...]  Ora, una cosa è detta possibile o impossibile, assolutamente parlando, secondo il rapporto dei termini:  possibile, quando il predicato non ripugna al soggetto [...]; assolutamente impossibile, invece, quando il predicato ripugna al soggetto» (I, q. 25, art. 3).

Cosa vuol dire? San Tommaso fa due esempi. Se io dico “Socrate siede”, sto dicendo che il predicato - “siede” - non ripugna al soggetto: è possibile che Socrate sieda o che stia in piedi o che corra. Ma ecco l’altro esempio: “l’uomo è un asino”; al di là della modalità con cui lo diciamo, che molto spesso è vera in senso metaforico, dal punto di vista dell’essenza non posso dire che l’uomo è un asino, perché l’uomo è un uomo, e l’asino è un asino. Ma perché questo discorso, che cosa vuol dire? Perché, dice san Tommaso, «tutto ciò che non implica contraddizione è contenuto tra quei possibili rispetto ai quali Dio è detto onnipotente. Tutto ciò che invece implica contraddizione non rientra sotto la divina onnipotenza, in quanto non può avere la natura di cosa possibile». Quindi, attenzione a questa precisazione importantissima di Tommaso, «è più esatto dire “ciò non può essere fatto” piuttosto che dire “Dio non lo può fare”».

San Tommaso qui sta dicendo che il fatto che Dio non compia, non possa fare una cosa contraddittoria (Dio non può fare che l’uomo sia asino, o che il criceto sia un cane) non è tanto perché Dio non lo può fare, ma perché ciò non può essere fatto. Ci sarebbe infatti, nella contraddizione, un mix di essere e di non essere, quindi una privazione, un’imperfezione dell’essere di qualcosa: ecco perché questo non può essere fatto e dunque Dio non lo fa, perché implica un’imperfezione. Ora, a Dio, che è l’essere perfettissimo, competono azioni che discendono da questo suo essere perfettissimo.

Sempre nel corpo dell’articolo 3, san Tommaso spiega che tra i possibili assoluti c’è tutto quello che Dio può fare, potrebbe fare, anche se non fa tutto ciò che è possibile (in questo senso si parla di possibili assoluti); ossia troviamo «tutto ciò che può avere ragione di ente». Cioè, Dio, essendo un essere perfettissimo, quando fa qualcosa, comunica - in modo analogo da questo punto di vista a quello che accade nelle realtà create - ciò che è suo, dà un’impronta di ciò che è. È un po’ come dire che il fuoco comunica il suo calore, l’acqua comunica la sua umidità, con una differenza chiara, da precisare subito: mentre il fuoco è necessitato a comunicare il suo calore, Dio non è necessitato. Tuttavia, lascia l’impronta di ciò che è. Ora, l’impronta di ciò che è Dio, essere perfettissimo, è proprio l’essere delle cose. Ecco perché tutto ciò che ha ragione di ente (ossia ciò che ha l’essere, ciò che riceve l’essere) è possibile a Dio.Invece, non rientra nell’onnipotenza divina ciò che ha contemporaneamente l’essere e il non essere: ciò non è una diminuzione dell’onnipotenza divina, perché il non essere è appunto una mancanza di perfezione e, in questo senso, non può venire da Dio.

A questo punto, cerchiamo di capire più da vicino che cosa Dio può fare e che cosa non può fare, tenendo presente questa precisazione che abbiamo fatto. Cioè, questo non poter fare - come ha detto san Tommaso - non è tanto qualcosa che Dio non può fare ma è qualcosa che non può essere fatto. È importante ricordare questa struttura di fondo, per cui Dio è l’essere perfettissimo, quindi nel compiere, nel fare, comunica la perfezione, comunica l’essere. Ecco perché non può fare - nel senso che abbiamo detto prima - il non essere. Non può fare l’imperfezione.

Questo è un punto importante per capire per esempio la prima precisazione che Tommaso fa e che riporta già nell’articolo 3, nella risposta alla seconda obiezione: «Dio non può peccare». Ora ci concentriamo su questo. Dice sempre san Tommaso: «Peccare è un difetto di perfezione nell’atto: quindi il poter peccare è un poter venir meno nell’agire, il che ripugna all’onnipotenza. Ed è appunto per questo che Dio non può peccare, perché è onnipotente».

Dunque, è una falsa obiezione all’onnipotenza di Dio quella di dire che siccome Dio non può peccare non è onnipotente. È un cortocircuito, vuol dire non capire che cos’è l’onnipotenza e che cos’è il peccare. San Tommaso lo spiega. Che cos’è il peccare? «Peccare è un difetto di perfezione nell’atto». È un difetto, non è una perfezione in più rispetto a chi non pecca. Dobbiamo un po’ pulirci dalla mentalità liberale contemporanea, che ci fa dire che il principio di libertà è poter peccare: è esattamente il contrario; il peccato, per sua natura, è la morte della libertà, è un’imperfezione, un essere meno libero.

Ecco perché Tommaso ci dice che Dio, proprio perché è onnipotente, non può peccare. Il peccato non è una perfezione ulteriore che Dio non potrebbe fare, ma è un’imperfezione, che non è compatibile con la sua onnipotenza. Quindi, Dio è tanto più onnipotente quanto più non può peccare. Dunque, come abbiamo detto all’inizio, Dio può tutto ciò che è possibile e l’abbiamo spiegato prima; e Dio può tutto ciò che può volere. In questo poter volere è implicata la perfezione. Non l’imperfezione, propria del peccato.

Andiamo all’articolo 4 della quaestio 25: Dio non può far sì che le cose passate non siano avvenute. A volte diciamo che se Dio è onnipotente può far sì che quello che è accaduto non sia accaduto, che l’incidente che c’è stato non sia stato. Ma, di nuovo, se abbiamo chiaro quello che abbiamo detto prima e cioè che il tutto dell’onnipotenza divina è tutto ciò che è possibile, ci rendiamo conto che ritenere, per questa ragione, che Dio non sia onnipotente è un’assurdità. Perché? Perché è una contraddizione che una cosa sia stata e non sia stata. È una contraddizione, non può sussistere contemporaneamente che Tizio ieri sia andato a Roma e che non sia andato a Roma: se è andato a Roma, è andato a Roma, sennò non ci è andato. Quindi, non è un’imperfezione divina il non poter far sì che una cosa accaduta non sia accaduta. Dice san Tommaso: «Abbiamo detto sopra che nell’onnipotenza di Dio non rientra ciò che implica contraddizione», perché è un’imperfezione. «Ora, che le cose passate non siano avvenute, implica contraddizione». E riporta, nel corpo dell’articolo, una frase di sant’Agostino tratta dal suo Contra Faustum: «Chiunque dice così: “Se Dio è onnipotente, faccia sì che le cose avvenute non siano avvenute”, non si accorge che dice questo: “Se Dio è onnipotente, faccia sì che ciò che è vero, per il fatto stesso che è vero, sia falso”».

Ho voluto fare questa lezione muovendomi in un ambiente, in un habitat un po’ più filosofico che teologico non per pura speculazione, ma per reimparare a ragionare e liberarci da certi sofismi che sono molto di moda e che ritengono espressione di “potenza” e quindi, a fortiori, per Dio, di onnipotenza, il far sì che il vero sia falso e il falso sia vero. Ma questa è la negazione della potenza, precisamente perché è la (sua) contraddizione.

Abbiamo visto ciò che Dio non può fare o, meglio, come dice san Tommaso, ciò che non può essere fatto e dunque ripugna all’onnipotenza divina. Quindi, dovremmo dire non “sebbene Dio sia onnipotente, non può fare…”, ma “proprio perché Dio è onnipotente, non può peccare...” e non può far sì che ci sia contraddizione, cioè in questo caso che una cosa avvenuta non sia avvenuta o che una cosa che è non sia, che l’uomo non sia uomo, che il cane non sia cane, che l’albero non sia albero, mentre lo è.

Vediamo adesso ciò che Dio può fare. L’articolo 5 della quaestio 25 è dedicato alla questione “Se Dio possa fare ciò che non fa”. È molto interessante anche questo tema. San Tommaso presenta due errori. Vi dico dove andrà a parare la sua discussione, che arriva a questa conclusione: Dio, in senso assoluto, può fare altro da ciò che fa. Adesso cerchiamo di andare a fondo di questa questione. San Tommaso presenta prima due errori su questo punto e poi introduce la soluzione.

Il primo errore. «Alcuni affermarono che Dio agisce per necessità di natura; vale a dire, come dall’operazione delle cose naturali non possono provenire se non quelle cose che ne derivano […]; così dall’operazione divina non possono scaturire altre cose o altro ordine di cose all’infuori di quello attuale». Cioè, alcuni dicono che Dio non può fare diversamente da ciò che fa perché è necessitato, un po’ come il fuoco - come dicevamo prima - non può far altro che scaldare perché è necessitato, non può fare diversamente.

Tommaso spiega invece che Dio non opera per necessità di natura, non è costretto, per così dire, imbrigliato dalla sua natura. Ma la sua volontà è la causa di tutte le cose; e tale volontà non è determinata naturalmente o necessariamente dalle cose presenti, cioè non è che Dio doveva per forza fare le cose come le ha fatte, non è necessitato alle cose presenti. Perché? Perché la sua perfezione supera tutte le cose esistenti, prese nel loro insieme. Quindi, «in nessuna maniera l’ordine attuale delle cose proviene da Dio così necessariamente, che non ne possano provenire altre». Dio può fare diversamente. E così Tommaso ha risposto al primo errore.

Secondo errore. «Altri, invece, hanno sostenuto che la potenza divina è determinata al corso attuale delle cose [cioè doveva fare le cose come sono state fatte e non poteva fare diversamente], a motivo dell’ordine della sapienza e della giustizia divina, senza le quali Dio non opera».

Ma attenzione, ci dice san Tommaso: «La bontà divina è un fine che eccede oltre ogni proporzione le cose create. Quindi la sapienza divina non è determinata ad un ordine fisso di cose, in modo tale che da essa non ne possa derivare un altro. Bisogna dunque affermare, puramente e semplicemente, che Dio può fare altre cose oltre a quelle che fa». Cioè, è vero che la potenza divina è tutt’uno con l’ordine della sapienza e della giustizia: non è che l’onnipotenza di Dio si esplica nell’arbitrio, cioè nell’agire senza giustizia e senza sapienza, altro lascito sbagliato della modernità, come se la potenza si esprimesse nell’esclusione di ciò che è giusto e di ciò che è saggio. In Dio, come abbiamo detto, è tutt’uno. Però, attenzione, Dio supera - con la sua sapienza, la sua volontà, la sua potenza - di per sé questo determinato ordine, questa determinata finalità della Creazione; cioè, la sapienza di Dio è più ampia dell’ordine delle cose attuali preconosciuto da Dio, come la sua volontà è più ampia di quanto Dio abbia predeterminato ad essere. Dunque, dice Tommaso, dobbiamo puramente e semplicemente dire che Dio può fare altro da quelle cose che fa.

Vediamo ora, sempre nell’articolo 5, la risposta alla prima obiezione che introduce un concetto importante, che è bene avere presente: c’è una distinzione tra la cosiddetta potenza assoluta in Dio e la potenza ordinata. Che cosa vuol dire?

San Tommaso ci dice che la potenza assoluta è ciò che Dio in senso assoluto può fare. E abbiamo visto che, in questo senso, Dio può fare tutto quello che è possibile, cioè tutto quello che non è contraddittorio. Quindi, Dio può fare cose diverse da quelle che fa, perché esistono molte cose, non contraddittorie in sé stesse, che non sono nell’ordine creato. Dio può fare quindi più cose di quelle che fa. Quanto di più? Tutto quello che è possibile. Diciamo che la realtà, così com’è, cioè quello che Dio ha fatto, è un “sottogruppo” di tutto ciò che è possibile, tutto ciò che non implica una contraddizione. Quanto alla potenza assoluta, dunque, Dio può fare diversamente da come fa.

Dall’altra parte, però, abbiamo la potenza ordinata. Che cos’è? La potenza ordinata è quello che Dio concretamente fa. Dice san Tommaso: «Ciò che viene attribuito alla potenza divina, in quanto esegue gli ordini della volontà giusta, si dice che Dio lo può fare di potenza ordinata. In tal senso, dunque, dobbiamo dire che Dio, di potenza assoluta, può fare cose diverse da quelle che ha previsto e stabilito di fare: non può invece essere che faccia cose al di fuori di quelle che ha preconosciuto e ha preordinato di fare». Secondo la potenza ordinata, Dio non può fare diversamente da quanto ha deciso di fare, ma non per un limite, perché invece di potenza assoluta potrebbe farlo, ma nella sua perfetta semplicità, ciò che è vero, ciò che è buono, ciò che è giusto viene compiuto da Lui. E, in questo senso, nel momento in cui viene compiuto, Dio non può fare diversamente da quanto ha deciso di fare.

Nella risposta alla terza obiezione, san Tommaso dice: «Sebbene l’ordine attuale delle cose sia limitato a quelle ora esistenti, tuttavia la sapienza e la potenza di Dio non si limitano a tale ordine. Quindi, sebbene per queste cose che esistono ora nessun altro ordine sarebbe buono e conveniente, Dio, tuttavia, potrebbe fare altre cose e fissare ad esse un altro ordinamento» (I, q. 25, art. 5). Cioè, in questo ordinamento, le cose così come sono nel loro ordine rispecchiano la perfezione divina e Dio non vuole e non può, in questo senso, fare diversamente; potrebbe tuttavia - visto che, ci dice san Tommaso, la sapienza e la potenza di Dio non possono coincidere con la Creazione perché Dio non sarebbe più infinito (Dio supera la Creazione) - fare altro e fissare un altro ordinamento. I cosiddetti “mondi possibili”.

Chiudiamo con l’articolo 6, che è abbastanza analogo a quello che abbiamo detto, cioè “se Dio possa fare migliori le cose che fa”. Qui, in sostanza, la risposta è questa: «Di qualsiasi cosa fatta, Dio ne può fare un’altra migliore», per la ragione che abbiamo detto prima. Perché, se Dio non potesse fare qualcosa di migliore, la sua potenza sarebbe limitata, chiaramente. E tuttavia, ci dice san Tommaso, bisogna fare attenzione, perché un conto è il bene che appartiene all’essenza e un conto è il bene accidentale, nel senso che Dio non può far sì, come dire, che un serpente abbia la perfezione del camminare, perché sennò non sarebbe più un serpente; è nell’essenza del serpente strisciare. Se raggiungesse la possibilità di camminare, diventerebbe un’altra cosa, una lucertola. In questo senso Dio non può fare che un serpente sia un non-serpente, o che un serpente sia una lucertola. Torniamo al discorso di prima, cioè Dio può fare ciò che è possibile, non la contraddizione. Invece, Dio può, secondo una bontà accidentale sopraggiunta, rendere migliori le cose che Lui ha fatto. Infatti, tutta la santificazione propria dell’uomo è questo rendere migliori.

Interessante, poi, è la risposta alla quarta obiezione. Che cosa si obiettava? Si obiettava che Gesù Cristo, in quanto Figlio di Dio, in quanto ha in Sé lo Spirito Santo senza misura, in quanto è pieno di ogni grazia e divinità, non può essere migliore. E analogamente la Beata Vergine Maria, che è stata esaltata sopra tutte le schiere dei santi ma anche degli angeli, non può essere migliore. Dunque, conclude l’obiezione, «Dio non può fare migliori tutte le cose che fa».

Attenzione alla risposta di Tommaso: «L’umanità di Cristo in quanto unita alla Divinità, la beatitudine creata in quanto godimento di Dio, e la Beata Vergine Maria  in quanto Madre di Dio, hanno una certa dignità infinita, derivante dal bene infinito, che è Dio. E sotto questo aspetto non può essere creato nulla di migliore, come non vi può essere nulla che sia migliore di Dio». È una contraddizione? No, perché il punto fondamentale è qui: hanno una certa dignità infinita.

L’umanità di Cristo, in quanto unita alla divinità, ha una perfezione, una certa dignità infinita per l’unione ipostatica. E quindi non si può pensare un’umanità migliore di questa [di Cristo]: perché non si può pensare e dunque perché Dio non la può realizzare? Non è pensabile perché ci sarebbe una contraddizione, pensare che ci sia qualcosa di più perfetto di ciò che ha una dignità infinita, una certa dignità infinita, come dice Tommaso.

È ancora più bello vedere questo principio applicato alla Vergine Maria, la quale - dice san Tommaso - in quanto Madre di Dio entra, come si dice teologicamente, nell’ordine ipostatico. Chiaramente non c’è un’unione ipostatica come in Cristo, ma la Madonna, in quanto Madre di Dio, Madre del Verbo Incarnato, entra nell’ordine ipostatico, cioè entra nell’ordine di Dio. E in questo senso non si può pensare, non può essere creato nulla di migliore, perché non c’è nulla di migliore di Dio e della partecipazione della divinità.

Queste cose fanno un po’ girare la testa, ma spero che la lezione sia servita per comprendere l’immensa onnipotenza divina, che proprio perché immensa, perfetta, infinita, non può compiere ciò che è invece una menomazione di questa perfezione, dunque ciò che è male: Dio non può mentire, Dio non può commettere un peccato, Dio non può fare il male, Dio non può fare una contraddizione. Ma, di nuovo, non sono un’impossibilità divina, non sono un limite dell’onnipotenza: sono invece la conseguenza della reale onnipotenza divina, il che significa che compiere il male, pensare, volere ciò che è contraddittorio, sono segno di un’imperfezione.

La prossima volta continuiamo con il nostro commento al Credo. Iniziamo il grande, enorme capitolo della Creazione, che come vedremo è legato all’affermazione dell’onnipotenza divina.