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ORA DI DOTTRINA / 64 - LA TRASCRIZIONE

Dio uno e trino - Il testo del video

Il Credo distingue le tre Persone della Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo): c'è un'unica sostanza divina ma una relazione tra le Persone all'interno della Trinità. Per questo il nostro è un monoteismo trinitario che ci distingue dagli altri monoteismi.

Catechismo 16_04_2023

Dopo la pausa pasquale, riprendiamo l’ora di dottrina ripartendo dal commento - più aderente al Credo - che avevamo “abbandonato” nella quindicesima lezione, per quasi cinquanta lezioni. Nella quindicesima lezione avevamo trattato dell’unicità di Dio, da lì poi abbiamo iniziato i Dieci comandamenti; abbiamo scelto questa impostazione perché i Dieci comandamenti sono in qualche modo la risposta che Dio chiede agli uomini di fronte al manifestarsi della Sua divinità, del Suo essere l’unico Dio.

Se prendiamo il capitolo 19 del libro del Levitico, vediamo che non ci siamo persi per strada, ma abbiamo seguito un ordine che è radicato nelle Scritture. Dunque, al capitolo 19 del Levitico, troviamo una versione dei Dieci comandamenti e di altre prescrizioni che mostra questo aggancio. Si tratta del famoso capitolo in cui Dio dice: «Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo». Dunque, la manifestazione di Dio, della Sua santità, richiama, chiede, esige una risposta dell’uomo, non adeguata alla santità di Dio, perché l’uomo non sarà mai santo come Dio, ma adeguata a quella santità a cui l’uomo è chiamato.

Se prendiamo questo testo, troviamo, per esempio: «Ognuno rispetti suo padre e sua madre e osservi i miei sabati. Io sono il Signore, vostro Dio. Non rivolgetevi agli idoli […]. Io sono il Signore, vostro Dio». Avanti ancora, quando Dio comanda di non mietere tutta la messe, ma di lasciare i margini del campo per i poveri, aggiunge: «Io sono il Signore, vostro Dio». La stessa cosa dopo aver comandato di non giurare il falso: «Io sono il Signore». E così via.

Questo per far capire che di fronte a questa manifestazione - «io sono il Signore, vostro Dio» - di fronte al primo articolo del Credo (Credo in unum Deum), noi abbiamo proseguito, come ci suggerisce il libro del Levitico, con questa risposta dell’uomo alla manifestazione di Dio, e quindi abbiamo “abbracciato” i Dieci comandamenti. Ho desiderato fare questa scelta perché molto spesso i Dieci comandamenti, ossia la vita dell’uomo, la vita morale propria dell’uomo viene vista come qualcosa a sé, indipendente dalla fede, come qualcosa che l’uomo fa o non fa, e quindi poi facilmente si decade in un moralismo. Invece, l’osservanza dei Dieci comandamenti è la risposta a Dio che si rivela: dunque, la professione della nostra fede richiede la vita secondo i comandamenti di Dio. Non sono cose distinte.

Capite dunque come sia impossibile l’esperimento che è sempre in atto, in particolare nel nostro tempo, di pensare a una dottrina da una parte e poi, dall’altra, una vita che fa i conti, come ci dicono, “con la realtà”; certo che la vita deve fare i conti con la realtà, ma prima di tutto deve fare i conti con la realtà di Dio che si rivela. Dio chiama a rispondere a questa Sua rivelazione: non si rivela tanto per farlo o perché non ha nulla da fare nella Sua vita, ma si rivela proprio per chiamare l’uomo a quell’alta vocazione di riconoscere il suo Signore, di adorarlo, di servirlo e di essere poi unito a Lui. Questa è la ragione, la radice profonda della vita morale dell’uomo ed è per questo che, per i cristiani, quando c’è questa sana e giusta impostazione fondata sulle Scritture, l’atto di fede porta con sé l’adesione della vita. Non è possibile scindere le due componenti, appunto perché si tratta di una risposta a Dio che si rivela.

Questa lunga introduzione ci aiuta a recuperare il senso del percorso che abbiamo fatto. Torniamo adesso al Credo niceno-costantinopolitano. Subito dopo la prima affermazione - Credo in unum Deum - noi abbiamo il termine Patrem. Dunque, immediatamente nel Credo, l’affermazione dell’unico Dio non è a sé, ma richiama subito la prima Persona della Santissima Trinità: il  Padre. Poi, nella strutturazione del Credo, abbiamo: et in unum Dominum Iesum Christum (in un solo Signore Gesù Cristo). E poi: et in Spiritum Sanctum (e nello Spirito Santo). Quindi, abbiamo tre grandi “capitoli” del Credo, corrispondenti alle tre Persone della Santissima Trinità. Oggi ci concentriamo appunto su questo mistero, che è il primo dei due misteri principali della fede, secondo la semplificazione molto acuta e pertinente che ci offre il Catechismo di San Pio X; i due misteri principali della fede sono l’unità e Trinità di Dio (il primo fondamentale mistero) e poi l’Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Ora, l’introduzione della figura del Padre ci dice appunto che in Dio c’è una diversità, per così dire: una diversità che adesso andremo a vedere e che, nella strutturazione del dogma cattolico, concerne la diversità delle Persone. La fede cattolica ci insegna che Dio è uno e trino. Non è solo uno, non è solo trino: è uno e trino. I due attributi devono essere professati e tenuti insieme. Molte volte è stato obiettato che la fede cristiana richiede un atto non tanto di fede ma di contraddizione della ragione.

Ora, perché non c’è contraddizione tra l’affermazione di Dio uno e l’affermazione di Dio trino? Perché, seguendo la semplice logica aristotelica, l’unità e la Trinità in Dio sono attribuiti a Dio stesso secondo rapporti diversi. Cioè noi non diciamo che sotto la stessa “angolatura” Dio è uno e trino: noi diciamo che Dio è uno e trino riferendoci ad aspetti diversi, cioè lo predichiamo sotto rapporti diversi. Quell’unica realtà che è Dio noi la confessiamo come un monoteismo trinitario.

E qui c’è già una precisazione da fare. Bisogna fare grande attenzione a quando si dice “le tre religioni monoteiste”, cioè l’ebraismo, il cristianesimo e  l’islamismo, nel senso che, se noi accettiamo questa catalogazione, perdiamo completamente di vista la Trinità. Perché il monoteismo da solo - soprattutto quando è in qualche modo allacciato a quello dell’ebraismo e soprattutto a quello dell’islamismo - fa immediatamente “decadere” la Trinità.

Invece, il nostro è un monoteismo trinitario. Cosa vuol dire? Vuol dire che noi predichiamo il monoteismo - cioè il mónos, l’uno - della natura divina, della sostanza divina. C’è un’unica sostanza divina, un’unica natura divina: non abbiamo tre dèi, non abbiamo quindi più divinità, abbiamo un unico Dio, ma confessiamo la triade delle Persone. La triade delle Persone la predichiamo non in rapporto alla natura, alla sostanza, all’essere Dio, ma in rapporto alle relazioni tra di Loro. Ecco perché non c’è contraddizione, perché noi confessiamo, predichiamo l’unità - il mónos, il monoteismo - e la triade, la Trinità, sotto due aspetti diversi: il mónos (l’uno), riguardo alla sostanza divina, alla natura divina; il tre, riguardo alle relazioni delle Persone all’interno della Trinità.

Ora, qui si aprono due grandi temi che cercheremo di semplificare il più possibile, cioè quello più propriamente teologico (guardiamo all’interno dell’unica natura divina) e quello economico, che non ha niente che fare con la finanza e il denaro, ma economico nel senso  delle opere esterne della Santissima Trinità, fuori di Sé, diciamo così. All’interno dell’unica natura divina, noi confessiamo le tre Persone, o le tre ipostasi. Familiarizziamo con questi termini, non buttiamoli via dicendo che sono difficili. Bisogna familiarizzare con quello che è il linguaggio proprio della fede perché, come per qualsiasi professione che noi facciamo, c’è un linguaggio proprio. E questo linguaggio proprio va appreso. Lungi da noi quell’impostazione secondo la quale ciò che è un po’ troppo “elevato” debba essere tolto: no, perché altrimenti si arriva all’appiattimento. Deve essere compreso, fatto proprio, ci vuole un po’ di tempo, un pochino anche di fatica, ma per Dio si può, si deve fare.

Dunque, nell’unica natura divina noi confessiamo le tre Persone o le tre ipostasi, come distinte: confessiamo cioè il Padre, che è il generante, cioè colui che genera il Figlio ed è colui che fa procedere lo Spirito, quindi è questo principio da cui è generata la seconda Persona, il Figlio, e da cui procede la terza, lo Spirito Santo. Ma avremo modo di focalizzare questo quando parleremo della terza Persona della Santissima Trinità: lo Spirito Santo procede dal Padre sempre mediante il Figlio, ecco perché noi diciamo che procede dal Padre e dal Figlio; però questo è un discorso molto delicato, per cui gli dedicheremo un’Ora di dottrina a parte.

Dunque, qual è la distinzione? Il Padre è colui che genera e non è generato. Dunque, è diverso dal Figlio, che è generato, ma non genera; ed è diverso dallo Spirito Santo, che procede, ma non genera e non fa procedere. C’è perciò una distinzione reale delle tre Persone.

Attenzione: quando parliamo di generazione e di processione non indichiamo un prima e un dopo, perché se indicassimo un prima e un dopo, vorrebbe dire che colui che è generato e colui che procede non sono Dio, perché Dio è eterno. Dunque, noi indichiamo una generazione e una processione eterna, da sempre.

Ora, leggiamo un testo molto bello, cattolico e identitario della nostra fede, soprattutto della nostra fede trinitaria, che è il famoso credo Quicumque vult. Oggi purtroppo non è molto conosciuto. Si tratta di una professione di fede molto articolata che è stata attribuita per molto tempo a sant’Atanasio, il grande dottore della Chiesa ed eroe nell’ambito della crisi ariana, ma ultimamente è stata un po’ rivista questa attribuzione (la si è attribuita ad Ambrogio o altri autori). Per quanto riguarda la dottrina, a noi interessa poco la sua paternità dal punto di vista storico, perché è un testo che è stato fatto proprio dalla Chiesa ed è quello che ci interessa.

È famoso il Quicumque vult, perché inizia proprio con queste parole: Quicumque vult salvus esse, «Chiunque voglia essere salvato». Che cosa deve fare chi vuole essere salvato? Pensate che mentalità, che ormai purtroppo non ci appartiene più. «Chiunque voglia essere salvato è necessario innanzitutto che abbia la fede cattolica. Se qualcuno non l’avrà conservata integra e inviolata, senza dubbio perirà in eterno». Questo è un testo dottrinale che la Chiesa ha fatto proprio, non è una cosa di qualcuno del passato. Tutta la prima parte di questa professione di fede è legata alla necessità di confessare la Trinità. «La fede cattolica è che veneriamo un solo Dio nella Trinità e la Trinità nell’unità, non confondendo le persone [non si confondono le Persone, non sono una uguale all’altra, non sono indistinte], né separando la sostanza», perché le tre Persone sono distinte, ma non sono tre sostanze, non sono tre dèi. È un unico Dio, un’unica sostanza, un’unica natura divina. «Altra infatti è la persona del Padre, altra quella del Figlio, altra quella dello Spirito Santo. Ma unica è la divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Eguale la gloria e coeterna la maestà».

E prosegue: «Quale è il Padre, tale il Figlio, tale lo Spirito Santo. Non creato il Padre, non creato il Figlio, non creato lo Spirito Santo». Immense queste tre Persone. Ognuna è eterna, «e tuttavia non vi sono tre eterni, ma un solo eterno. Neppure tre non creati, né tre immensi, ma un solo non creato e un solo immenso. Così pure è onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo». Dunque, quello che si predica della divinità - l’onnipotenza, l’eternità, etc. - è predicato ugualmente per ognuna delle tre Persone e tuttavia non abbiamo tre onnipotenti, tre eterni, perché non abbiamo tre dèi.
Però c’è una distinzione e l’abbiamo nella parte centrale, quando ci dice che il Padre non fu fatto da nessuno, né creato, né generato. Il Figlio è solo dal Padre, non fatto né creato, ma generato. Lo Spirito Santo è dal Padre e dal Figlio: non fatto, né creato, né generato, ma procedente. «Vi è dunque un solo Padre, non tre Padri; un solo Figlio, non tre Figli; un solo Spirito Santo, non tre Spiriti Santi. E in questa Trinità nulla è prima o dopo, nulla maggiore o minore, ma tutte e tre le Persone sono tra loro coeterne e uguali».

E dunque sant’Atanasio riassume dicendo che dobbiamo venerare sia l’unità nella Trinità sia la Trinità nell’unità. «Chi dunque vuole essere salvato deve così pensare della Trinità». Il testo lo trovate nel Denzinger al numero 75, poi c’è anche al 76, che però è relativo all’Incarnazione del Figlio. Dunque, è importante capire bene i termini della questione; chiaramente è un mistero, quindi sorpassa la nostra capacità di comprendere. E tuttavia dobbiamo confessarlo in questo modo, non in un altro, dobbiamo crederlo in questo modo, non in un altro.

In questa unica sostanza e in questa distinzione di cui abbiamo detto, le tre Persone sono l’una nell’altra: questo è l’altro grande aspetto della dottrina trinitaria, è la cosiddetta Trinità immanente. Che cosa vuol dire? Vuol dire che ogni Persona, pur essendo distinta, è l’una nell’altra, cioè il Padre è nel Figlio, il Figlio è nel Padre, così come è nello Spirito Santo e lo Spirito Santo è in Lui: cioè, di ciascuna delle tre Persone possiamo dire che l’una è nell’altra, è immanente all’altra.

Leggiamo ora un testo molto bello, un documento del 1442 (che troviamo sempre nel Denzinger) tratto dal Concilio di Firenze (1431-1445), un pronunciamento dogmatico contenuto nella bolla Cantate Domino. Relativamente a questo aspetto, la bolla, citando un testo di Fulgenzio di Ruspe, dice: «Per questa unità, il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo. Il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio». È la cosiddetta Trinità immanente, proprio perché nell’unica sostanza divina, le tre Persone sono l’una nell’altra, cioè ciascuna di loro è protesa nell’altra, si trova nell’altra. Si tratta di quello che si chiama tecnicamente in latino circumincessio o in greco perichoresis, cioè il “giro” delle tre Persone che in questa unità di natura divina - che è un’unità di amore, da qui la famosa espressione di san Giovanni «Dio è amore» - indica che le tre Persone non sono come dire a sé, ma sono l’una nell’altra, l’una completamente donata all’altra e ricevente le altre.

Ora andiamo a vedere ciò che riguarda la cosiddetta Economia. Che cos’è? Come abbiamo accennato, si tratta delle operazioni ad extra. Nella Teologia, abbiamo visto le relazioni interne della vita trinitaria. Ora vediamo le operazioni esterne, la Creazione, la Redenzione, etc.

È verità di fede che le tre Persone, nell’unica natura divina, sono inseparabili non solo in ciò che sono, ma anche in ciò che operano. Dunque, le opere esterne sono comuni alle tre Persone. Non possiamo dire che la Creazione è stata opera del Padre e basta, come se il Figlio e lo Spirito Santo non c’entrassero nulla. Così come non possiamo dire che la Redenzione è stata l’opera solo del Figlio, o che la santificazione sia opera solo dello Spirito Santo. Creazione, Redenzione, Santificazione, con tutto quello che comportano, sono opera di ciascuna delle tre Persone della Santissima Trinità. Questo in ragione dell’unità sostanziale. Tuttavia, per appropriazione, come si dice tecnicamente, attribuiamo distintamente le opere della potenza maggiormente al Padre, così come la Redenzione l’attribuiamo maggiormente al Figlio, e la santificazione è più affine allo Spirito Santo. E tuttavia sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo insieme a creare, a redimere e a santificare.

Ora, che dire dell’Incarnazione? Chiaramente qui si apre un capitolo un po’ diverso. È di fede che l’Incarnazione è opera della Santissima Trinità, non è solo opera del Figlio. E tuttavia è di fede anche che solo il Figlio, cioè solo la seconda Persona della Santissima Trinità, assume l’umanità. Dunque, noi dobbiamo confessare e credere nel contempo che l’Incarnazione, e quindi l’opera della Redenzione, è opera della Trinità, ma è solo il Figlio ad incarnarsi.

Se prendiamo il Catechismo, troviamo che alla voce dedicata al Padre, a commento di questo articolo del Credo, c’è una sezione che inizia dal numero 232, nel quale si ripassa un po’ il dogma trinitario, partendo dal segno della croce, che è una cosa importantissima a cui non pensiamo nemmeno più, ma è importante riscoprirla e soprattutto insegnarla nell’iniziazione della fede, ai bambini o comunque ai neofiti.

È importante riscoprire l’attenzione che la Chiesa ha dedicato a questo segno della fede: noi non diciamo “nei nomi”, bensì nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; cioè nel nome confessiamo l’unità di Dio. Quando invece poi distinguiamo le Persone - Padre, Figlio e Spirito Santo - le distinguiamo secondo le loro relazioni e le distinguiamo in una parità di dignità, perché Dio è il Padre, Dio è il Figlio e Dio lo Spirito Santo. Ecco perché diciamo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, cioè mettendoli, diciamo così, sullo stesso livello.

Al n. 252 il Catechismo richiama i termini propri. Come dicevamo prima, ci sono dei termini, delle parole che dobbiamo imparare, dobbiamo confessare con proprietà, con precisione, non dobbiamo essere leggeri nella confessione della fede. Nel n. 252 vengono dunque richiamati i termini-chiave del mistero trinitario, e cioè il termine sostanza (reso talvolta anche con “essenza” o “natura”) e questo ci indica l’unità della sostanza, della natura, dell’essenza divina. Poi, il termine persona o ipostasi per indicare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella loro reciproca distinzione; e poi «il termine “relazione” per designare il fatto che la distinzione tra le Persone divine sta nel riferimento delle une alle altre» (CCC 252). Quindi, come vediamo: sostanza, natura o essenza; persona o ipostasi; relazione. Tre concetti-chiave, con alcuni loro sinonimi, per poter esprimere correttamente questo mistero.

Nel numero successivo, il 253, si parla proprio dell’unità della Trinità. «Noi non confessiamo tre dèi, ma un Dio solo in tre Persone: “la Trinità consostanziale”». Questo è un termine (definito anche monoteismo trinitario) del Concilio di Costantinopoli II. «Le Persone divine non si dividono l’unica divinità, ma ciascuna di esse è Dio tutto intero». E qui il Catechismo cita un testo del Concilio di Toledo: «Il Padre è tutto ciò che è il Figlio, il Figlio tutto ciò che è il Padre, lo Spirito Santo tutto ciò che è il Padre e il Figlio, cioè un unico Dio quanto alla natura». E di nuovo, un testo del Concilio Lateranense: «Ognuna delle tre Persone è quella realtà, cioè la sostanza, l’essenza o la natura divina». L’enfasi qui è sull’unità.

Nel n. 254 l’enfasi è sulla distinzione, cioè «Dio è unico ma non solitario». Quindi, come vediamo, il monoteismo deve essere integrato dalla relazione trinitaria. «“Il Figlio non è il Padre, il Padre non è il Figlio, lo Spirito Santo non è il Padre o il Figlio”. Sono distinti tra loro per le loro relazioni di origine: “È il Padre che genera, il Figlio che è generato, lo Spirito Santo che procede”» (CCC 254).

Nel n. 255, vediamo la distinzione nelle relazioni. «La distinzione reale delle Persone divine tra loro, poiché non divide l’unità divina, risiede esclusivamente nelle relazioni che le mettono in riferimento le une alle altre». In conclusione del n. 255 viene riportato il testo del Concilio di Firenze che introduce quell’aspetto ulteriore di cui abbiamo parlato, cioè della circumincessio o perichoresis, cioè la Trinità immanente, questo trovarsi delle Persone l’una nell’altra.

Ancora, al numero 258, il testo del Catechismo sintetizza l’economia divina, cioè le operazioni della Santissima Trinità. E vediamo come ritorna quello che abbiamo detto: «Tutta l’Economia divina è l’opera comune delle tre Persone divine. Infatti, la Trinità, come ha una sola e medesima natura, così ha una sola e medesima operazione» (CCC 258). Cioè, le operazioni ad extra riflettono la natura divina, l’unità di questa natura e dunque sono sempre operazioni dell’unico Dio, di ciascuna delle tre Persone.

Continua il Catechismo, citando il Concilio di Firenze: «“Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principi della creazione, ma un solo principio”. Tuttavia, ogni Persona divina compie l’operazione comune secondo la sua personale proprietà. Così la Chiesa rifacendosi al Nuovo Testamento professa: “Uno infatti è Dio Padre, dal quale sono tutte le cose; uno il Signore Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose; uno è lo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose”. Le missioni divine dell’incarnazione del Figlio e del dono dello Spirito Santo sono quelle che particolarmente manifestano le proprietà delle Persone divine» (ibidem).

Cioè le tre Persone, nella loro distinzione, in qualche modo, manifestano nell’unione, nell’unica operazione divina, questa loro distinzione. E in particolare vediamo questa sottolineatura del n. 258, dove troviamo, in modo interessante, le formule liturgiche. Si dice appunto che uno è il Padre, dal quale… perché? Perché, nella Santissima Trinità, il Padre è il principio dal quale è generato il Figlio e procede lo Spirito Santo; dunque, anche nelle operazioni ad extra, il Padre è riconosciuto come il principio dal quale sono tutte le cose.

Riguardo al Figlio, si dice mediante il quale o per mezzo del quale. Basti pensare a tutte le conclusioni delle orazioni: per Dominum nostrum Iesum Christum (per il nostro Signore Gesù Cristo); è colui mediante il quale è posta anche la Creazione, mediante il quale avviene la Redenzione. È in qualche modo il tramite, il mezzo ed ecco quindi che nell’opera della Redenzione è il Mediatore; come nella Trinità [immanente], analogamente nelle operazioni ad extra.

E poi, riguardo allo Spirito Santo, si dice nel quale: di nuovo vediamo la conclusione delle orazioni, «nell’unità dello Spirito Santo». Riguardo allo Spirito Santo c’è sempre questa attribuzione (nel quale) perché è il vincolo, per così dire, di unione all’interno della vita trinitaria (nello Spirito). E così, analogamente, all’esterno, noi diciamo che avviene la Creazione, la Redenzione, la santificazione nello Spirito Santo.

Dunque, bisogna tenere insieme questi due aspetti: Dio è uno nella Sua natura ed è uno nelle Sue operazioni ad extra, ma essendo le tre Persone realmente distinte c’è una distinzione che noi operiamo nella cosiddetta attribuzione a ciascuna delle Persone e che il Catechismo riassume molto bene in questo passaggio, cioè il Padre dal quale (è il principio), il Figlio per mezzo del quale, lo Spirito Santo nel quale.

La prossima volta vedremo alcune eresie, che hanno colpito questo dogma, hanno cercato di disgiungere, separare ciò che invece nel dogma trinitario deve essere mantenuto unito.