Dio esiste? Per Sarah la risposta si trova in ginocchio
Di fronte al grido dell'uomo che chiede salvezza non bastano le parole d'ordine di questo mondo, ma occorre annunciare che la nostra speranza ha un nome: Cristo, unico salvatore. Il cardinale presenterà questo volume con La Bussola a Milano il 20 gennaio al Teatro Guanella.
Le domande più profonde e le obiezioni più scomode rivolte alla Chiesa e a Dio stesso: sono innumerevoli gli interrogativi che si innestano sulla domanda di fondo: Dio esiste? Il grido dell’uomo che chiede salvezza, che dà il titolo al volume frutto della conversazione tra l’editore David Cantagalli e il cardinale Robert Sarah, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino. L’editore si fa spontaneamente portavoce dell’uomo di oggi, che abbia fede o meno, e incalza il cardinale senza falsi pudori: perché l’uomo contemporaneo fatica così tanto a percepire la presenza di Dio? E dove trovare, oggi, la testimonianza credibile e gioiosa dei suoi discepoli? Perché il male? Perché Dio permette la sofferenza? E così via, per oltre trecento pagine, tra le quali emerge che «la più grande difficoltà degli uomini non è credere quello che la Chiesa insegna sul piano morale; la cosa più dura per il mondo postmoderno è il credere in Dio e nel suo unico Figlio».
Il cardinale non teme di rispondere con parole altrettanto scomode: «Paradossalmente chi è morto non è Dio ma l’uomo, incapace di ascoltare e riconoscere questa Presenza nella storia». L’«affermazione “Dio è morto”, in realtà nasconde un’accusa. L’accusato è l’uomo, non Dio, l’uomo che, abbandonato Dio, prende strade verso il nulla». Ogni domanda innesca un intero capitolo, poiché Sarah non si tira indietro, ma non deve farlo neanche il lettore pensando di cavarsela con un “prontuario” di soluzioni immediate a uso e consumo di un mondo mordi-e-fuggi: il cardinale lo invita piuttosto ad andare in profondità, le sue risposte sono e vanno meditate: «È necessario entrare nel silenzio». Ma non quello di «filosofie o religioni che fanno del silenzio un vuoto» poiché per noi esso «è lasciar parlare Dio, ascoltare quanto ci ha già detto, che non muta».
«Dio non è morto, ma senza la sua luce la società occidentale è diventata come una barca alla deriva nella notte». Se «la rivelazione (...) implica una immediata ripercussione su tutto il mondo, investe la società, ogni società umana» lo stesso vale per il rifiuto di quella rivelazione, che si ripercuote anche in termini di non accoglienza dei bambini sin dal grembo materno, degli anziani e dei più fragili. «Dio ha parlato e l’uomo non può tacere. Rispondendo – anche con il silenzio di una risposta non pronunciata – l’uomo svela la sua posizione, dichiara l’adesione o meno alla proposta fatta da Cristo stesso, e in tal modo, dice quale sia l’orizzonte della società in cui vive e che sta costruendo». La guerra contro Dio si risolve, in fin dei conti, in una guerra contro l’uomo, ammantata dalla pretesa «di creare una nuova religione mondiale senza Dio, senza dogmi né moralità, una nuova religione di Cesare che permetta, a livello politico, di unire tutti i popoli, le nazioni, le culture, in un’unica massa soggetta a una governance mondiale».
Non c’è contraddizione tra l’apparente tolleranza di questa religiosità fluida postmoderna e la diffusa ostilità verso la fede cristiana e la cultura che ne è scaturita: «Cristo sarebbe ancora tollerato se fosse ammesso quale dio tra gli altri, ma non se proclamato Unico». Che invece è la risposta delle risposte di fronte all’unica sete dell’uomo di ogni tempo, che nessuna ideologia può soddisfare: la sete di eternità. «Dobbiamo tornare a proclamare al mondo che la nostra speranza ha un nome: Gesù Cristo, l’unico salvatore del mondo e dell’umanità».
Qui sta anche il senso e la missione della Chiesa, da non ridurre alla mission di un ente genericamente religioso asservito alla «nuova etica globalista promossa dall’ONU», che all’escatologia preferisce l’ecologia, illudendosi di venire incontro all’uomo; una Chiesa forte sui temi più mainstream e debole, quasi timorosa, nell’annunciare Cristo unico salvatore del mondo: «Siamo avari dei tesori di fede che sono in noi. Non osiamo evangelizzare. Abbiamo paura di essere chiamati proselitisti, o addirittura fondamentalisti o irrispettosi delle altre religioni». E invece – è l’esperienza personale del cardinale Sarah – «la fede – la mia fede personale – è debitrice verso quanti mi hanno testimoniato che il Signore è vivo, che Gesù Cristo è il cardine su cui tutta la vita si fonda e si regge; la sua Carne crocifissa e risorta è il cardine della salvezza». «Facciamo della Chiesa una società umana e orizzontale, che parli un linguaggio mediatico (...)! Amici miei, una tale Chiesa non interessa a nessuno», perché non è in grado di colmare «il vuoto e il nulla» di una società occidentale che «non sa più rispettare i suoi anziani, accompagnare i malati alla morte, dare spazio ai più poveri e ai più deboli» ed è «abbandonata all’oscurità della paura, della tristezza e dell’isolamento» perché, in ultima analisi, è «priva della luce di Dio».
Diagnosi impietosa ma tutt’altro che priva di compassione. Al contrario, dice Sarah, «parlo in questo modo perché nel mio cuore di sacerdote e di pastore provo compassione per tante anime disorientate, perdute, tristi, angosciate e sole». Ancora più disorientate dalla pretesa «che le proprie scelte non abbiano alcuna conseguenza negativa o imprevista» e dall’assenza di una «prospettiva di salvezza e di bene eterno» che renda sopportabili e conferisca senso alle «realtà del limite, della sofferenza e del dolore».
La risposta al «grido dell’uomo che chiede salvezza» – citando il sottotitolo – è una cattedrale che indirizzi lo sguardo a Dio. Il cardinale ricorre a questa suggestiva immagine per dire che «tutto» nella Chiesa «dovrebbe cantare la gloria di Dio (...) come una guglia gotica, puntata verso il cielo» e senza lasciare che la luce divina sia oscurata dall’agenda e dalle strutture di questo mondo. «Dobbiamo ricostruire la cattedrale», esorta Sarah, e «ricostruirla esattamente com’era prima, non abbiamo bisogno di inventare una nuova Chiesa. Chi ha provato a farlo nei secoli ha fallito». Un compito immane che inizia da un gesto semplicissimo ed estremamente controcorrente: «Qual è la prima cosa da fare? Lo dico senza esitazione: dobbiamo metterci in ginocchio! Questo è il primo atto in cui sperimento la presenza di Dio».
La Bussola inaugura gli eventi del 2025 organizzando un incontro a Milano con il cardinale Robert Sarah per la presentazione del suo ultimo libro Dio esiste? (Ed. Cantagalli). Appuntamento il 20 gennaio alle 18.30 presso il Teatro Guanella, via Giovanni Dupré, 19 (parcheggio interno). Nell’occasione sarà possibile acquistare il libro a prezzo scontato. Per informazioni scrivere a eventi@lanuovabq.it. La presenza del cardinale Sarah è prevista anche il 18 gennaio a Torino, alle 15.30, presso la parrocchia di sant'Antonio abate, in piazza Stampalia 17.
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