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LE PAROLE DI SANGIULIANO

Dante nel girone destra/sinistra a tempo scaduto

La schematizzazione della dicotomia destra/sinistra oggi non ha più alcun senso perché negli schieramenti politici si trovano posizioni antitetiche e ideologie contrapposte. Per questo Dante, che fu anzitutto medioevale e cristiano, non può essere sottratto all'umanità per relegarlo nel recinto di Fratelli d'Italia attraverso un'operazione di contro-egemonia post gramsciana. 

Editoriali 16_01_2023

Strappando all’umanità la figura e il pensiero di Dante Alighieri come padre nobile della destra, il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano ha certificato un fatto: la compagine di governo di Fratelli d’Italia ha un bisogno evidente di darsi un’identità, di rafforzare i propri confini culturali e di allargare il pantheon dei propri padri nella speranza di accreditarsi come forza organica alla guida del paese. È un bisogno legittimo, ma non è accreditando Dante Alighieri nel proprio steccato che riuscirà in questa operazione.

Il tentativo del ministro della Cultura rischia di portare a diversi buchi nell’acqua. Anzitutto perché così facendo, Sangiuliano cade nell’errore di sostituire l’egemonia gramsciana con una nuova e non meglio precisata egemonia di destra, che va da Alighieri a Tolkien, passando per Evola (per chi l’ha letto) e Cristina D’Avena, che ha cantato con gonna arcobaleno a una kermesse di Fratelli d’Italia.

E poi perché la dicotomia Destra/Sinistra è quanto di più superato e stantio ci sia oggi nel nostro paese. È una dicotomia che vive ancora nei partiti, neanche in tutti, ma che non solo non è coerente con ciò che vive e pensa l’uomo di oggi, ma nemmeno con tutti i partiti che compongono le coalizioni di Destra e Sinistra e spesso non è condivisa neanche dentro lo stesso partito. 

Sembra passato un secolo, ma la divisione Destra/Sinistra cantata da Gaber non ha più alcun senso, è arrivata con la sua canzone (nata da una sbicchierata con Vittorio Feltri) per certificare la fine di un’epoca e oggi non ha più alcun valore perché diverse sono le ideologie e le divisioni ideali.

Oggi, le opposizioni sono tarate su ben altri criteri: «Individualismo contro comunitarismo, tradizione contro emancipazione, identità contro fluidità, sovranità contro globalizzazione», per dirla con un pensatore di destra come Marcello Veneziani che per sentirsi a casa non ha bisogno di tirare per la tunicella un poeta come Dante, il quale non era né di destra di sinistra, ma che era, e qui il naso si storcerà a molti, un cristiano, medioevale e di parte, tremendamente e tragicamente di parte pur essendo la sua opera universale come solo i geni sanno essere.

Lo spartiacque di oggi non è più in grado di essere arginato dalle categorie di destra e sinistra, che non possono demarcare più un confine. Infatti, come è vero che c’è una destra liberale individualista e filocapitalista e atlantica, è anche vero che c’è una destra comunitaria, sociale e tradizionale e nazionale europea e tra queste due “destre” spesso c’è una incomunicabilità di fondo. Allo stesso modo – sempre come ha detto Veneziani in un articolo su La Verità - c’è una sinistra liberal individualista e filocapitalista atlantica e all’opposto c’è una sinistra socialista che è collettivista e critica verso il capitalismo e internazionalista.

Il fatto che un comunista come Rizzo, antiglobalista e antiplutocratico, pur sempre marxista, sia contro le elites internazionali, fa di lui un personaggio che incarna la sinistra o qualcosa altro? Eppure, le sue posizioni sulla libertà dei popoli dalle ingerenze del pluto-mondialismo dominante sono condivise da tanti che hanno votato alle ultime elezioni Lega o il partito della Meloni.

Allo stesso modo, dentro la destra di governo convivono diversità di pensieri e di cultura che difficilmente sarebbero in grado di essere armonizzate da una rigida metodica gramsciana, che pure Sangiuliano dice di voler rifiutare, ma che senza saperlo fa sua, quando ascrive il padre della Divina Commedia tra i pensatori della destra.  

È di ieri la notizia che Alberto Veronesi, figlio del compianto oncologo Umberto, si candiderà alle elezioni regionali in Lombardia, passando con nonchalance dal Pd a Fratelli d’Italia. È un esempio piccolo, ma significativo di come FdI stia rischiando, ora che è maggioranza relativa nel Paese, di diventare il partito pigliatutto con l’ansia di darsi padri nobili che contengano e demarchino una diversità, ma in fondo che siano unitivi, come appunto dovrebbe essere il nostro Sommo poeta. Veronesi però, appartiene alla storia della Sinistra radicale di massa e come suo padre, su tanti temi morali, non ha un pensiero diverso da quelli che, di solito, sarebbero più confacenti alla Sinistra, come l’eutanasia ad esempio.

E allora che cosa ci fa in Fratelli d’Italia? Forse ci fa quello che fanno altri, ci vede nella migliore delle ipotesi una proposta politica oggi vincente e può dire senza temere il ridicolo che cantava Bella ciao che rappresenta gli stessi valori della Meloni. Ma se Fratelli d’Italia diventa un partito che ha al suo interno una gamma così vasta di idealità, provenienti da un arco costituzionale che va dal Pd alla destra estrema, significa che il tentativo di Sangiuliano di prendersi Dante è proprio il tentativo di crearsi un’egemonia culturale diversa da quella gramsciana, ma pur sempre egemonia, figlia del complesso di inferiorità di chi ha dovuto rincorrere da una posizione di subalternità certi handicap culturali che il mainstream imponeva e non gli riconosceva.

Il fatto è che Gramsci è morto e le culture di destra e di sinistra non esistono più nel Paese.

Oggi la dicotomia è tra chi ha i soldi e chi non li ha, ma la risoluzione di questa opposizione non è più in termini di lotta di classe.

È tra chi ha una vita con uno sguardo di fede incarnata e trascendente e chi è ancora materialista e da dopo la pandemia è ormai chiaro che la distinzione si giochi tutta tra chi pensa che un uomo sia una macchina di cui il potere può disporre e chi invece crede che sia una creatura inviolabile nella sua libertà. E in questo Dante, come Pound, Picasso, Hemingway, Pirandello possono aiutare a fornire uno sguardo che si apre sul vero, ma non sono il prodotto di un’elaborazione intellettuale che ha fini politici, perché le ideologie abbracciate dagli intellettuali muoiono, ma la loro opera no.

In questo, dovrebbe essere magistrale l’esperienza di pensiero di un Pasolini, che oggi è completamente altro alla luce del tempo trascorso e del contesto, tanto che perfino la destra e un certo mondo cattolico non disdegnano di abbracciarlo per alcune sue posizioni contro quei mali che oggi chiamiamo “diritti” e che sono il frutto distorto di un ’68 edonistico e di falsi bisogni.

Dante fu uomo di parte, tragicamente di parte, che non ebbe problemi a cacciare nell’inferno i potenti dell’epoca come imperatori, Papi, fustigandone i costumi e le idee e assumendosene tutti i rischi.

Ma la sostanziale continuità della nuova Destra al governo con i precedenti esecutivi su pandemia e politiche emergenzialiste, sulla guerra in Ucraina, sulla “sottomissione” al mostro Unione europea e nel rapporto con i potenti del mondo, come gli Usa, non depongono a favore di un’ispirazione dantesca della propria azione politica, semmai un Machiavelli o alla peggio un Tomasi di Lampedusa, col rischio che tutto cambi perché tutto rimanga come prima.