Dai ministri che sceglie dipenderà la linea Meloni
Gli italiani si aspettano molto dal prossimo governo Meloni, che emergerà da un chiaro risultato alle urne. Ma nella scelta dei ministri potrebbero esserci brutte sorprese. Si parla di braccio di ferro con Berlusconi che vorrebbe la Ronzulli alla Sanità. Ma sarebbe una seconda Speranza. E c'è da temere la liberal Bernini all'Istruzione.
Mentre il toto-ministri impazza, la società civile si aspetta tanto dalla nascita del governo Meloni, anche in ragione del fatto che la situazione italiana è grave, soprattutto dal punto di vista economico, e che occorrono soluzioni credibili a problemi seri e complicati. Dopo le elezioni politiche del 4 marzo 2018, che non produssero né vincitori né vinti, ci vollero tre mesi per formare il primo governo giallo-verde a guida Giuseppe Conte, e se non ci fosse stata l’imminenza della festa del 2 giugno probabilmente i tempi sarebbero stati ancora più lunghi.
Il 25 settembre quanto meno c’è stato un verdetto chiaro delle urne e ora c’è una premier in pectore che sta già studiando dossier e immaginando una squadra di governo. La previsione è che entro due settimane sarà tutto pronto e il nuovo esecutivo opererà con una piena legittimazione parlamentare. Ma quale esecutivo? Il programma di centrodestra è molto chiaro perché la coalizione, nonostante qualche fibrillazione interna, è rimasta coesa e ha prevalso nettamente in quasi tutti i collegi uninominali. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. La scelta dei ministri, ad esempio, è decisiva. È vero che la riuscita delle politiche di governo è dovuta in larga parte ai burocrati, alle figure tecniche che assicurano procedure spedite e un’organizzazione efficiente degli uffici ministeriali. Tuttavia, l’autorevolezza e l’affidabilità dei ministri sono ingredienti quanto mai importanti, visto lo scetticismo nazionale e internazionale che sta accompagnando la nascita del governo Meloni.
Lasciano ben sperare le parole che la leader di Fratelli d’Italia ha pronunciato con un videomessaggio all'evento del partito spagnolo Vox, nel quale ha ironizzato sul suo discorso dell'ottobre 2021: "Questa volta – ha detto la Meloni – parlo a voce bassa. La stampa e la sinistra in Italia saranno obbligate a confrontarsi su questi argomenti", ha detto parlando della politica di immigrazione cinese, della natalità e della libertà educativa della famiglia. Ha poi aggiunto: "Avremo la grande responsabilità di dare risposte immediate ai problemi degli italiani, non abbiamo un minuto da perdere".
Sono invece meno rassicuranti alcuni nomi che circolano per incarichi di peso nel nascente esecutivo. Per evitare di indebolire il governo sul piano internazionale, esponendolo a critiche rispetto al tema del contrasto dell’immigrazione clandestina, Matteo Salvini non andrà agli Interni, dove arriverà quasi sicuramente il Prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, figura più istituzionale e meno politica. Era prevedibile che finisse così. Forse si riferiva a questo ieri Giorgia Meloni quando, rivolgendosi ai parlamentari di FdI e anche agli alleati del centrodestra, ha dichiarato: "Puntiamo a dar vita a un governo autorevole e di altissimo livello, che parta dalle competenze. Puntiamo a dare a questa nazione il governo più autorevole possibile. Non c'è spazio per questioni secondarie rispetto a questo obiettivo".
Alludeva, però, molto probabilmente, anche al caso di Licia Ronzulli, fedelissima di Silvio Berlusconi, che quest’ultimo vorrebbe Ministro della Salute e che però non sembra gradita alla premier in pectore. Berlusconi non l’ha presa bene: "Non possono esistere, fra partiti alleati, veti o pregiudiziali verso qualcuno". Bene fa la Meloni a resistere su questo punto, considerate le posizioni davvero allarmiste e oltranziste che la Ronzulli ha assunto sul Covid, anche con attacchi feroci ai non vaccinati e, in generale, a tutti quelli che osavano contestare i provvedimenti governativi. Non sarebbe affatto un segnale di discontinuità rispetto alla gestione Speranza. Possibile, quindi, che la Ronzulli debba ripiegare sul ruolo di capogruppo di Forza Italia a Montecitorio oppure su un’altra poltrona ministeriale.
Non meno infelice risulterebbe la scelta di collocare Anna Maria Bernini al Ministero dell’Istruzione, il che preluderebbe ad aperture pericolose in tema di ideologia gender, considerato il fatto che già due anni fa la capogruppo dei senatori azzurri si rese protagonista di endorsement in favore del gay pride e dei diritti Lgbt. Questo atteggiamento avrebbe inevitabilmente ricadute sull’impostazione dei programmi scolastici e dei metodi di insegnamento, mentre la Meloni si è sempre chiaramente espressa in altri termini su quelle questioni.
Anche sulla possibile designazione al dicastero della giustizia di Maria Elisabetta Alberti Casellati si registrano mugugni in casa Lega e Fratelli d’Italia. La presidente del Senato uscente, bruciata nella corsa al Quirinale e più volte chiacchierata per l’utilizzo dei voli di Stato, potrebbe non essere il candidato migliore per un ministero che sta troppo a cuore per mille ragioni a Silvio Berlusconi. Di tutto ha bisogno il futuro governo Meloni fuorché del sospetto di voler proseguire nella gestione troppo filo-berlusconiana della giustizia, una costante nei governi di centrodestra.
Infine, per un’attenzione davvero concreta ai temi della natalità e della tutela della famiglia naturale, c’è da auspicare che il governo Meloni possa individuare figure attente al valore della vita fin dal suo concepimento. Anche su questo punto, dunque, discontinuità rispetto agli ultimi governi e coerenza con quanto detto in campagna elettorale dovranno essere le cifre dominanti della nuova era Meloni.