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LA STORIA

Da abortista a convertita: la fede sposta le montagne

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Amaia Martinez Lopez dopo l’incontro con Cristo è diventata Maria de Himalaya, perché la fede può spostare montagne, anche quelle che pesano sul nostro cuore. Ecco la sua storia straordinaria. 

Vita e bioetica 23_10_2023

Amaia Martinez Lopez dopo l’incontro con Cristo è diventata Maria de Himalaya, perché la fede può spostare montagne anche quelle che pesano sul nostro cuore. Diversi i suoi interventi che si possono trovare in rete dove racconta la sua conversione. Ne scegliamo uno dell’aprile scorso.

Nata nel ’73 da famiglia non credente, nella adolescenza fece della sua libertà – per usare una sua espressione –  «una apostasia da Dio». Diventò infermiera e iniziò a militare nelle fila delle femministe: condivise con queste ultime l’idea che le donne devono avere il dominio assoluto sul proprio corpo, non dovendosi interessare delle conseguenze di questa scelta.

Venne poi assunta in una clinica privata abortista a Bilbao, in Spagna. Diventata fisioterapista, aprì lei stessa una clinica privata, riscuotendo notevoli successi professionali che però, come ammette lei stessa, non davano senso compiuto alla sua esistenza.

Maria de Himalaya, segnata dal suo ruolo attivo nel procurare aborti, si è resa poi conto, una volta convertita, che oggi il mondo è un grande campo di sterminio di bambini e di donne perché, se togli la maternità alle donne, togli loro la vita. È un campo di sterminio perché stanno sterminando la libertà di pensare, di avere una opinione, di contraddire. Madre Teresa di Calcutta una volta disse che non c’è paese più povero di quello che ha legalizzato l’uccisione dell’innocente per paura ed egoismo. Un campo di concentramento senza fili spinati perché le persone sono schiave del pensiero unico, seppur si sentano libere. Coloro invece che si rendono conto che esiste questa schiavitù vengono perseguitati.

Maria prosegue il racconto rivelando che da infermiera si era convertita in una sadica e che i medici con cui collaborava erano diventati dei carnefici. Si sposò, ma il vuoto interiore non le dava tregua. In tutti noi, così racconta, c’è una ferita: non sentirsi amati. Cercava l’amore nella professione, tra gli amici, con il marito ma non lo trovava.

Martinez Lopez è una atleta che corre distanze anche di 160 km in montagna, vincendo molte competizioni. Ammette che era dipendente dalla sport per colmare il vuoto di non sentirsi amata e incapace di amare. E puntualizza: il sintomo più peculiare di chi procura un aborto è l’incapacità di amare e di lasciarsi amare. Correre era un modo per occultare ciò che aveva fatto. Correva perché sentiva che il correre le restituiva una certa dignità. Ma era una illusione. Dopo una settimana dalle gare ritornava il non senso dentro di lei e allora, come un drogato, si iscriveva a gare ancor più massacranti. Ma serviva a poco: i suoi compagni di viaggio si chiamavano ormai anoressia, bulimia, crisi di panico, atti di autolesionismo.

L’11 gennaio del 2017, dopo 28 anni di relazione, il marito l’abbandonò. E tutto le crollò addosso: la super donna riuscita nella carriera, ricca, talentuosa nello sport venne cancellata in un colpo solo. Tutto cadde perché tutto fu edificato sul fango. La notte dopo che il marito l’aveva lasciata, sentì in modo limpido una voce interiore che, così Maria ha tenuto a puntualizzare, viene quando siamo prostrati dal dolore, una voce demoniaca. Questa voce le sussurrò: «Nessuno ti ama ed è per questo che sei sola. Sei malvagia. E non ci sarà nessuno che potrà aiutarti».  La risposta di Maria: «Ed io ci ho creduto. Chiesi allora a quella voce cosa fare. E lei: “Togliti la vita. Lì troverai pace, così risolverai tutto”».

Passò del tempo finchè Maria non decise di farla finita. Allora un giorno prese le chiavi dell’auto con l’intento di uscire e ammazzarsi. Con le chiavi in mano si sdraiò per un attimo nel letto e uno dei due cani che possedeva le saltò sulle gambe. Lei pesava solo 40 chili perché uno dei mezzi escogitati per togliersi la vita era smettere di mangiare. Mangiava solo una scodella di latte e avena al giorno. Maria racconta che non riusciva muoversi con quel cane di grossa taglia addosso. Tentò di smuoverlo, ma nulla. Alla fine, stremata, si addormentò. Fu svegliata da una telefonata di un amico nepalese che aveva conosciuto tempo addietro in occasione di una gara in Nepal. L’amico le comunicò che c’era stato un terremoto e, per raggiungere alcuni villaggi, servivano operatori sanitari esperti di montagna, come lo era lei. Dopo un terremoto in montagna, narra sempre Maria, è pericoloso camminare perché il terreno e i massi sono tutti instabili. Facilissimo scivolare e morire. E lei pensò: «Perfetto!».

Partì l’8 maggio del 2017 per il Nepal con l’idea di morire lì. Un giorno, bloccata da un monsone, vide apparire due missionarie della carità di Madre Teresa. Maria confida: «Odiavo molte cose, tra cui la Chiesa cattolica. Ma su tutto odiavo Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta». Una di queste sorelle venne verso di lei, sorridente e luminosa, e le afferrò un braccio con forza chiedendole di andare in un certo posto. Lei rispose di non toccarla e che non sarebbe andata da nessuna parte. Le due sorelle se ne andarono prendendo un autobus. La suora, tempo dopo, le rivelò che da un anno le sorelle pregavano Madre Teresa per avere un volontario fisioterapista perché la comunità lo necessitava.

Quella notte Maria non riuscì a dormire perché continuamente sentiva una voce dirle che doveva andare in quel posto indicato dalla suora. La mattina dopo, allora, si recò in quel luogo, bussò ad una porta e le venne ad aprire la stessa suora del giorno prima. Le aprì poco la porta perché ebbe paura di lei. Come ebbe modo di raccontare successivamente la religiosa, quest’ultima, il giorno prima, aveva visto negli occhi di Maria l’inferno. La sorella le chiese di tornare il giorno dopo per partecipare alla santa Messa. Ad udire questa richiesta le venne quasi uno sfogo cutaneo. Ma nonostante questo ci andò.

Maria racconta che tutte le nove sorelle presenti nella cappella emanavano luce, pace e felicità. Non c’erano sedie e quindi si accovacciò contro una parete. Quando iniziò la Messa, Maria sentì una voce maschile molto amorevole e piena di misericordia. Il respiro si fece corto e il cuore prese a battere all’impazzata. La voce le disse: «Benvenuta a casa».  Lei aprì gli occhi e si disse: «questo è solo un circo cristiano. Vediamo quando moriranno e si renderanno conto che non c’è nulla di quello che avevano creduto che ci fosse». Chiuse gli occhi di nuovo e tornò la voce: «Benvenuta a casa. Quanto tempo ci hai messo per amarmi?».

Aprì gli occhi e la cappella si era riempita di una luce così intensa che le figure delle altre persone vennero come fagocitate da questa stessa luce. Poi Maria disse che vide scendere dalla croce Gesù che le sorrise e la guardò con infinita profondità. «Vidi l’amore». Maria rispose a Gesù che non aveva fede in Lui. Gesù le sorrise ancor di più. Cadde allora per terra dalla posizione accovacciata in cui era. Davanti ai suoi occhi iniziarono a scorrere tutti i fotogrammi della sua esistenza e capì che quello poteva essere il suo ultimo giorno di vita.

Iniziò a piangere e a chiedere perdono. «Ero finalmente libera».  Aprendo gli occhi si rese conto che le nove sorelle stavano pregando intorno a lei credendo che stesse per morire, dato che il suo corpo era freddissimo.

Maria poi ha rivelato che spesso nel passato ogni volta che guardava le sue mani le vedeva imbrattate di sangue tanto da doverle lavare compulsivamente, un sangue visibile solo a lei. Era il sangue dei bambini abortiti. Ora vedeva le sue mani ancora sporche di sangue ma comprese che quello era il sangue dell’agnello di Dio.

Sulla veridicità di locuzioni e visioni interiori indagherà la Chiesa se necessario. Ma ciò che è certo è che «questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (Lc 15, 24).