Cristiani in India, cittadini di seconda classe
Nonostante le rassicurazioni del primo ministro indiano, gli attacchi alle comunità cristiane continuano specie negli stati governati dal suo partito
Il primo ministro indiano Narendra Modi il 4 novembre ha incontrato a Delhi una delegazione della Chiesa siro-malabarese dello stato del Kerala. Durante l’incontro il premier, che è leader del partito nazionalista indù Bjp, ha assicurato da parte del suo governo tutto l’aiuto e il sostegno, ribadendo che alle minoranze sono assicurati pieni diritti in quanto cittadini indiani. All’incontro ha partecipato anche il presidente del Bjp del Kerala, Rajeev Chandrasekhar, che a sua volta ha dichiarato di essere pronto a intervenire per chiunque chieda aiuto. Non tutto dovrebbe essere interpretato in chiave religiosa, ha detto; e ai giornalisti, che al termine dell’incontro gli hanno fatto presente che è proprio negli stati governati dal suo partito che si verificano gli attacchi più gravi e frequenti contro i cristiani e contro altre minoranze, ha replicato dicendo che è un errore fare delle generalizzazioni. Sta di fatto che l’incontro si è tenuto proprio due giorni dopo che in uno degli stati governati da Bjp, il Chhattisgarh, la Corte Suprema ha dato ragione a otto villaggi che hanno deciso di vietare l’accesso ai Pastori e ai convertiti cristiani, respingendo una petizione contro il divieto presentata dalle comunità cristiane locali. Nelle stesse ore dell’incontro, inoltre, in un altro stato governato dal Bjp, il Madhya Pradesh, dei gruppi nazionalisti indù hanno denunciato la casa diocesana di Badagaon. L’accusa è di aver istruito alle pratiche religiose dei bambini senza previa comunicazione il che si configura come “conversione forzata”, in altre parole estorta: un reato che nel Madhya Pradesh è punito severamente. La diocesi ha potuto dimostrare che in realtà quelli “istruiti in pratiche religiose” sono dei seminaristi cattolici che studiano presso il Seminario di San Giuseppe, regolarmente iscritti dalle loro famiglie come attesta la documentazione disponibile che comprende le dichiarazioni giurate dei genitori. Le accuse sono state quindi respinte, ma resta per la comunità cristiana di Badagaon l’amarezza per il torto subito e il senso di insicurezza dal momento che accuse del genere sono frequenti e, anche se, infondate, procurano a chi ne è vittima preoccupazione, disagi, danni materiali e la persistente consapevolezza di essere indifesi, esposti a ingiusto trattamento.

