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IL CASO A TORINO

Cresima trans: Il luterano Mancuso bacchetta la Bussola

Il caso della cresima trans raccontato dalla Bussola oggetto di un articolo di Vito Mancuso sulla Stampa. Il famigerato "teologo" non fa mistero di citare Lutero e interpreta la libertà come volontà di potenza, ma, purtroppo per lui, Gesù ha detto che è la verità a farci liberi, non la libertà a farci veri. E sul primato della coscienza un altro scivolone: il primato è dato dalla verità, non dalla coscienza.

Editoriali 14_04_2022

Nacque Carolina, si fece Carolino e come tale volle farsi cresimare. La notizia è della Bussola: una donna “cambiò” sesso e in quanto “maschio” chiese al parroco delle Stimmate di San Francesco d’Assisi in Torino di volersi cresimare (poi Carolina - nome di fantasia - rinunciò e di lei si perse ogni traccia). Il parroco a sua volta chiese lumi alla diocesi che così rispose: che si cresimi con il nuovo nome maschile, ma che poi si registri il nome di battesimo femminile, apponendo in calce data e numero di protocollo della sentenza del tribunale civile che certifica l’avvenuta riassegnazione sessuale. In breve, un avvallo sacramentale alla transessualità.

Tempo fa da queste stesse colonne spiegavamo perché la volontà di “cambiare” sesso è gravemente contraria alla morale naturale (la parola “cambiare” è tra virgolette perché, anche dopo l’operazione chirurgica, un maschio conserverà i suoi cromosomi XY e una donna i suoi XX: in breve ad oggi, dal punto di vista fisico, è impossibile cambiare sesso). Il motivo che sta alla base della censura morale, molto in sintesi, è il seguente: il sesso maschile e quello femminile sono aspetti identitari della persona già dati, già assegnati da madre natura e che, come tali, vanno riconosciuti. Qualora non fossero riconosciuti, la volontà della persona contrasterebbe la propria identità personale. Da qui la rottura in seno alla persona tra ciò che si è (e che dovrebbe essere riconosciuto) e ciò che si vuole essere. Sarebbe come mentire a se stessi. La realtà biologica sessuale precede l’intelletto e la volontà, le quali si devono accordare a tale realtà perché sempre buona. Quindi, dato che il sesso biologico di appartenenza è elemento identitario, quando ci si trova a disagio nel proprio corpo occorre non cambiare l’aspetto fisico per adattarlo alla psiche, ma cambiare la psiche per adattarlo al corpo. L’errore non sta nel corpo, ma nella mente. Il dato genetico nella sua espressione cromosomica XY o XX non è mai errato: essere maschi o femmine non è mai una malattia del corpo. Da tutto questo deriva che la volontà di “cambiare” sesso è intrinsecamente malvagia.

Dopo gli interventi della Bussola sul caso torinese (QUI), La Stampa di Torino ha dedicato alcuni approfondimenti alla vicenda, criticando certe frange tradizionaliste cattoliche di essere chiuse al nuovo che avanza e che avrebbe addirittura sembianza evangeliche. Uno di questi approfondimenti reca la firma del famigerato teologo Vito Mancuso. Anche in questo caso Mancuso non ha perso occasione per formulare giudizi contrari alla dottrina cattolica (nell’articolo della Bussola prima menzionato si citavano anche i luoghi della Sacra Scrittura e del Magistero che condannano implicitamente la transessualità). Mancuso, come i cavoli a merenda, articola un paragone azzardato: “Come il popolo ucraino non si può geopoliticamente autodeterminare, così gli omosessuali non possono biopoliticamente vivere la loro sessualità e tanto meno trasformarla”. Tralasciamo il parallelo con la guerra in Ucraina e concentriamoci, tra i molti, su un paio di temi che il Nostro interpreta in chiave assolutamente modernista e che ha condensato nella frase appena citata.

Il primo tema è quello della libertà: “La questione nella sua essenza è la medesima, è quella che divide da un lato l’autodeterminazione nel nome della libertà e della sua irriducibile singolarità, e dall’altro la determinazione imposta dalla biologia o dalla tradizione”. Innanzitutto è da precisare che la condanna della transessualità prima di riguardare la Tradizione interessa la Sacra Scrittura, ossia è di diritto divino rivelato. Ma a parte questo, Mancuso interpreta il concetto di libertà nel senso frusto della modernità: la volontà di potenza. Non c’è più l’intelletto che riconosce il reale (sono donna) e adegua la volontà a ciò che è stato riconosciuto (mi comporto e penso da donna), bensì esiste una pulsione contraria al dato biologico (mi sento maschio) che viene assecondata dalla volontà (mi comporto e penso da uomo) e, infine, l’intelletto la riconosce come un bene (è bene che io “cambi” il mio sesso da femminile a maschile). Ma purtroppo per Mancuso, Nostro Signore ha detto che è la verità a farci liberi, non ha detto che è la libertà a farci veri. Solo quando il libero arbitrio si adegua al bene, ossia alla verità morale, diventa autentica libertà, altrimenti è schiavitù. Dunque non c’è autentica libertà nel voler “cambiare” sesso. Questo perchè la verità su di noi passa anche dal sesso genetico, che è già dato e ci indica la strada del nostro vero “Io”.

Il sesso biologico per i rivoluzionari è un vincolo e quindi, come tale, è da abbattere perché limiterebbe la nostra libertà, perché esprimerebbe una mancanza di poter essere diversi da quello che si è. Per il cristiano invece il sesso biologico è elemento della nostra identità e quindi è fattore che contribuisce alla nostra felicità: è un limite nel senso che disegna il nostro Io (non tutti i limiti sono un danno: non avere un terzo occhio è un limite, ma non è cosa malvagia perché non è una mancanza). Se il nostro libero arbitrio asseconda questo tratto identitario, allora saremo veramente liberi e felici, perché pienamente noi stessi, se lo disconosce saremo schiavi del nostro disagio e quindi infelici. Carolina per essere felice, dunque, non deve diventare Carolino, ma deve rimanere Carolina ed essere sempre più Carolina.

Quindi la “cura della persona” accennata da Mancuso non può prescindere dalle sue esigenze oggettive, al di là del percepito soggettivo (altrimenti dovremmo regalare droga ai drogati). Superare il dato di realtà fisiologico uccide dunque la nostra libertà perché uccide la nostra identità che ha impresso un proprio marchio in caratteri genetici addirittura nella carne. Pare banale ricordarlo, ma non ogni nostra voglia è da realizzare: cosa direbbe Mancuso di una persona che, per sentirsi libera, volesse diventare un gatto oppure un africano essendo di etnia caucasica oppure Napoleone o un marziano? Non sono casi inventati, ma di cronaca. Risponderebbe loro di curarsi oppure di assecondare i loro desideri? Anche in questi casi il dato biologico fa a pugni con la libertà, così come descritta dal Nostro, e dunque tale libertà andrebbe rispettata?

Il secondo tema indagato da Mancuso è quello della coscienza. Il Nostro non fa mistero di seguire l’insegnamento di Lutero di cui ricorda le parole pronunciate durante la dieta di Worms in risposta all’imperatore Carlo V che gli chiedeva di ritrattare il suo “non serviam!” al Papa: “Non posso e non voglio revocare nulla, perché è pericoloso e ingiusto agire contro la propria coscienza. Non posso diversamente. Io sto qui. Che Dio mi aiuti. Amen”. E poi Mancuso aggiunge: “l’Occidente ha intrapreso una progressiva marcia verso l’emancipazione dei singoli e l’estensione dei diritti umani arrivando in questi anni a legittimare persino il riscatto dalla propria biologia per quegli individui per i quali essa non coincide con la propria psiche e la propria affettività. Anch’essi, come Lutero, dichiarano che è pericoloso agire contro la propria coscienza e contro la propria insopprimibile sete di essere se stessi”.

Ora la coscienza è chiamata a declinare nel caso particolare i principi della legge naturale. Potremmo dire che la coscienza individua il bene nel contingente derivandolo dal bene generale e dunque non inventa un suo bene particolare. Questo è il suo compito, ma non è detto che riesca a svolgerlo sempre al meglio. Noi dobbiamo seguire la coscienza solo quando è retta, non quando è erronea. Il primato è dato dalla verità, non dalla coscienza, come invece vorrebbe Mancuso.

Dunque non tutto ciò che indica la coscienza, per il solo fatto che lo indichi, è giusto. Vero è che, come insegna Tommaso d’Aquino, dobbiamo seguire sempre i dettami della coscienza, anche quando fosse inconsapevolmente erronea. Ma qui sta il punto: la persona non deve rendersi conto che la sua coscienza è erronea, deve pensare di essere nel giusto. Ciò non toglie che altri, vedi la Chiesa, che sanno qual è la verità morale, insegni e persuada a correggersi chi, anche in buona fede, è nell’errore. La Chiesa dunque non può dire: se credi che in coscienza che un male oggettivo sia per te un bene allora seguilo, bensì insegna, persuade e ammonisce ad allontanarsi dal male anche chi è convinto dell’opposto. In merito alla tematica qui accennata, dato che si è tirato in ballo la coscienza  e dato che si parla di credenti che vogliano cresimarsi stante la loro condizione di transessuali, la coscienza del credente impone di obbedire al Magistero su ciò che è dogma e quindi obbliga a mettere tra parentesi le proprie riserve e a cercare e convincersi della verità.

Dunque per Mancuso il primato è del soggetto e non dell’oggetto, ossia della realtà; della coscienza e non della verità; della libertà e non della realtà; dei diritti e non dei doveri. Ma, in verità, è tutto l’opposto: la realtà è antecedente al soggetto e, quando è buona (sono maschio/sono femmina), deve essere fatta propria. È la verità (corpo sessuato) che guida la coscienza e non è la coscienza che produce in assoluta autonomia la verità. Poi, per essere liberi in modo autentico, occorre muoversi all’interno del perimetro della propria identità, che passa attraverso anche la realtà del corpo sessuato. Infine i diritti germinano dai doveri per più motivi. Ne ricordiamo uno prendendo spunto dal tema qui indagato: se io, uomo, mi devo comportare da maschio allora avrò tutto il diritto che gli altri mi riconoscano come tale. Se la mia natura mascolina esige un comportamento conseguente, avrò anche il diritto di vestirmi, pensare e agire da maschio.