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UN MIRACOLO DI FEDE

Cosa permise la tregua di Natale? Un libro lo spiega

"1914 Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale. Viaggio sui campi di battaglia della Tregua di Natale" (edizioni Ares) del giornalista Antonio Besana, racconta quello che davvero accadde. Dal fronte arrivarono nelle case dei familiari molte lettere che descrivono questo miracolo che i quotidiani censurarono e i potenti condannarono.

Cultura 13_12_2020

Il 28 luglio 1914 l’Impero austro-ungarico dichiarò guerra al Regno di Serbia. Pochi giorni più tardi, il 4 agosto, le truppe tedesche entrarono nel territorio belga e avanzarono poi fino a quaranta chilometri da Parigi. Il generale francese Joseph Simon Gallieni decise allora di affrontare in campo aperto il nemico nella battaglia della Marna. L’avanzata tedesca venne così bloccata. Anche nelle Fiandre, a Ypres, si combatté accanitamente contro i tedeschi. In breve tempo il sistema delle alleanze portò molte potenze ad entrare nel conflitto.

Per la celebrazione del Natale 1914 Papa Benedetto XV chiese che venisse stipulata una tregua tra le due fazioni. Non tutti gli Stati in guerra erano favorevoli e l’accordo non venne così sancito. Ma proprio a Ypres avvenne una tregua non ufficiale, che durò soltanto alcuni giorni, testimoniata da diari, lettere, documenti fotografici.

Un bel film, Joeux Noel (2005), ripercorre la vicenda. Il saggio La tregua di Natale. Lettere dal fronte. Natale 1914: una storia sorprendente nel racconto dei soldati che ne furono protagonisti (2014, edizioni Lindau), pubblicato in occasione del centenario dell’evento, raccoglie le testimonianze di molti soldati la maggior parte dei quali non tornerà più a casa.

Ora, nell’avvincente 1914. Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale. Viaggio sui campi di battaglia della Tregua di Natale (edizioni Ares), il giornalista Antonio Besana (1955), appassionato di storia militare, ci porta con l’immaginazione sui campi di battaglia in cui avvenne quel miracolo, passa al vaglio le fonti, verifica quali documenti siano autentici e quali, invece, non possano essere considerati tali, anche se magari sono molto diffusi, soprattutto sul web, e siano talvolta diventati icona di quella tregua.

Interessante è il corredo offerto per un’eventuale programmazione del viaggio sui campi di battaglia, impreziosito dalle mappe dei luoghi, da fotografie, filmografie, sitografie e app che aiutano ad orientarsi sul fronte occidentale.

Besana indaga anche sulla partita di calcio tra i soldati inglesi e quelli tedeschi che sarebbe avvenuta nel corso della Tregua di Natale, su cui molto si è scritto a sproposito. Conduce un’analisi attenta sulla presenza dei palloni da calcio in trincea e sui fronti militari, sulle testimonianze diaristiche e fotografiche che ci sono pervenute riguardo alla partita. I più recenti studi storici dimostrano che una partita a calcio tra inglesi e tedeschi ci fu, ma senz’altro non nel luogo identificato della Tregua (ovvero la località presso Hill 63, a quattordici km a sud di Ypres).

La campagna pubblicitaria legata ai mondiali di calcio del 2014, nel centenario della Tregua, ne ha strumentalmente enfatizzato solo questo aspetto: la pretesa capacità del gioco del calcio di unire le diverse nazioni e di sanarne i conflitti, presentando la possibile partita di calcio tra tedeschi e inglesi a Ploegsteert come uno dei pochissimi momenti di umanità nei quattro anni di guerra.

[…] Il cippo posto dalla Uefa, in memoria di una partita che qui sicuramente non è avvenuta […], stona con i sorprendenti reali avvenimenti che qui sono accaduti. […] Ci sembra che questa volta il calcio abbia fatto un brutto servizio alla storia, schiacciando la memoria di un fatto eccezionale come la Tregua di Natale con una partita di pallone che certamente non è stata la causa scatenante (Besana).

Ma cosa accadde, in realtà, quella notte? I soldati che vissero il dramma della trincea e che conobbero pochi giorni di grazia proprio in concomitanza della fine del 1914. Nella trincea tedesca si trovava il tenente Kurt Zehmisch del cento trentaquattresimo Reggimento sassone. Alle cinque del pomeriggio un servizio religioso fu celebrato dietro ad una fabbrica di zucchero. Il prete tenne una predica sulla nascita di Cristo e sulla Notte Santa. I soldati cantarono Stille Nacht. Finita la Messa, Zehmisch diede ordine di non sparare durante la notte santa. I soldati tedeschi tornarono in trincea, verso le nove di sera accesero le luci sugli alberi di Natale e iniziarono ad intonare canti natalizi. Nella trincea inglese il sottotenente Bruce Bairnsfather venne richiamato dai suoi soldati ad ascoltare i canti dei soldati tedeschi.

In breve tempo le opposte fazioni invitarono a non sparare, a deporre le armi, ad incontrarsi, a scambiarsi auguri e doni. Accadde un fatto sorprendente, inaspettato, non imposto dai Comandi supremi, ma sorto spontaneamente da un sentimento di fratellanza dei soldati di entrambi gli schieramenti: uno spiraglio di luce nel buio della tragedia della guerra, che sembrò preludere a possibilità di pace.

Tedeschi e Inglesi non erano poi così diversi, accomunati dalla stessa esperienza e dallo stesso cuore: brillava al fondo dell’animo di entrambi lo stesso desiderio di compimento, che non può essere del tutto annientato neanche dall’orripilante esperienza della guerra. Dal fronte arrivarono nelle case dei familiari molte lettere che raccontarono questo miracolo della Tregua di Natale. I quotidiani censurarono, invece, per molti giorni l’evento. Soltanto l’ultimo giorno dell’anno il «New York Times» riportò la notizia. Allora nel gennaio anche i giornali britannici diedero risalto al fatto, mentre quelli tedeschi sottolinearono meno l’evento e quelli francesi lo censurarono del tutto.

Gli Stati Maggiori non solo condannarono l’accaduto, ma cercarono anche di censurarne le tracce. Venne giudicato tradimento fraternizzare con il nemico. Che cosa rese davvero possibile la Tregua di Natale?

In primo luogo, le comuni condizioni di vita e la vicinanza tra le due linee delle trincee. Nella trincea i soldati erano sottoposti ad uno stress psico-fisico non indifferente, sempre pronti a rintuzzare l’assalto del nemico o, a loro volta, ad obbedire al comandante che ordinava loro di assaltare la trincea avversaria. Non erano stati preparati a questo tipo di guerra lenta e logorante e non disponevano neppure dell’equipaggiamento adeguato. I soldati possedevano dei berretti che coprivano il loro capo senza proteggerli dalle pallottole e non erano dotati di pinze tagliafili che avrebbero loro permesso di divincolarsi tra i reticolati nemici. Divenivano, così, più facile oggetto della mira dei cecchini. Le scarpe non erano adatte alle trincee, spesso fangose e bagnate. In breve tempo si trasformavano in suole di legno. I piedi si coprivano di ferite o si congelavano. I pasti venivano cucinati nelle retrovie e portati in trincea, ormai immangiabili: il brodo diveniva gelatinoso e la carne si induriva.

I due schieramenti opposti condividono le stesse condizioni di vita: il fango, le malattie, i topi, l’odore delle latrine di fortuna e dei cadaveri in decomposizione dei caduti, gli attacchi dei nemici e il pericolo costante di vedere morire gli amici o di perdere la propria stessa vita. Le condizioni igieniche sono terribili. […] Nelle trincee si possono accendere solo piccoli fuochi con stufette a carbone ricavate da scatole di latta (Besana).

Il secondo fattore che rese possibile la Tregua di Natale fu la durata del conflitto, iniziato da poco più di quattro mesi, «e quello del 1914 era il primo Natale di guerra. I gas, i lanciafiamme, i carri armati, le nuove armi distruttive sarebbero comparsi più tardi» (Besana).

Il terzo fattore era costituito da un evento eccezionale accaduto una notte di duemila anni prima. Le radici della cultura cristiana dell’Europa erano ancora un patrimonio comune e una cosa viva, e l’avvenimento del Natale aveva ancora spazio nel cuore degli uomini. Le testimonianze documentano in modo inoppugnabile lo stupore di questi uomini per quanto i loro occhi, le loro orecchie e i loro cuori stavano registrando, e si chiedono le ragioni di un evento così straordinario. La risposta che si sono dati è semplice e disarmante: tutto ciò è potuto accadere soltanto a causa di un Evento accaduto quasi duemila anni prima, e che accade di nuovo oggi, ogni volta che gli uomini gli lasciano nuovamente spazio nel loro cuore (Besana).

Il sergente Bernardi Joseph Brookes spiega nel suo diario le ragioni della tregua:

Lo spirito di pace e di buona volontà era stridente in confronto con l’odio e la morte dei mesi passati. Uno apprezza davvero in una luce nuova lo spirito della cristianità. Per questo è stato certamente meraviglioso che un simile cambiamento nelle abitudini dei due eserciti opposti possa essere stato generato da un Evento accaduto una notte di duemila anni fa. […] Alle nove ero fuori servizio, e ho avuto il permesso di andare a messa alla chiesa che ho scoperto durante la ronda alla ricerca dei due uomini scomparsi. […] È stata davvero una funzione unica, e durante la breve predica del prete io ero l’unico che non piangeva, e questo soltanto perché non capivo molto di quello che veniva detto.

Il sergente racconta, poi, la giornata di Natale, il servizio da mezzogiorno alle due, durante il quale mangia parte della cena di Natale, la chiacchierata con «l’amico nemico» tedesco, l’accordo di scriversi alla fine della guerra, se ce la faranno ad uscirne vivi.

Tante lettere raccontano la gioia di quei soldati che hanno partecipato alla celebrazione natalizia e hanno potuto ricevere l’eucarestia o il rammarico di chi non ha potuto andare a Messa. Pieno di stupore un soldato ignoto (la cui lettera è stata battuta a un’asta da Bonhams il 7 novembre 2006 per 14.000 sterline) annota: «Facciamo fatica a credere che abbiamo sparato loro addosso nelle ultime settimane. Sembra tutto così strano».

Quel fatto censurato da molti fu eccezionale e avrebbe potuto rappresentare una svolta al conflitto, se soltanto i potenti gli avessero dato credito.