Contro il Covid urge cambiare strategia
A un anno dal trionfale inizio della campagna vaccinale nulla di quanto annunciato all'inizio si è verificato. E ora si parla di tamponi anche per i vaccinati, ennesima negazione di quanto fin qui affermato. Dovrebbe essere chiaro che una strategia che escluda le cure domiciliari precoci e la convivenza con il virus può solo peggiorare la situazione.
L’anno scorso, di questi tempi, si annunciava trionfalmente l’arrivo delle prime fiale di vaccino. Resterà indelebilmente nella storia della pandemia l’enfasi con la quale fu raccontato quel momento, con il camion scortato e i primi contenitori di siero da conservare a una certa temperatura. Ora in Italia di vaccini ce ne sono a sufficienza, anzi ieri è stata annunciata l’approvazione, da parte di Ema (Agenzia europea del farmaco), del vaccino Novavax, quinto vaccino anti-Covid autorizzato in Europa. L’Ue ha firmato un contratto per l’acquisto di 200 milioni di dosi di Novavax, che si basa sulla tecnica tradizionale delle proteine ricombinanti, come il vaccino già in uso contro l’epatite B e il papilloma virus.
Nel frattempo, però, gli italiani si fanno tante domande. La prima riguarda la famigerata immunità di gregge o di comunità. Che fine ha fatto? Gli scienziati dissero che con il 70-80% di vaccinati si sarebbe raggiunta quella soglia di sicurezza e non avremmo più dovuto preoccuparci del virus. Inoltre ci fu detto che le due dosi di vaccino sarebbero bastate e che non ce ne sarebbero volute altre. Tutto questo non è accaduto. Siamo all’85% di vaccinati ma la curva dell’epidemia continua a crescere, le regioni lentamente tornano a colorarsi di giallo (e magari, fra un po', anche di arancione e rosso), le restrizioni crescono e l’ipotesi di nuovi lockdown, per quanto remota, non va più esclusa.
Regioni come la Lombardia, che hanno superato il 90% di popolazione vaccinata, sono tra quelle col maggior numero di contagiati e ricoverati. La spiegazione ufficiale è che molti cittadini si sono vaccinati prima dell’estate e quindi non sono più coperti con le due dosi e devono farne in fretta una terza. Ma tutto questo non si sapeva già prima? Perché illudere l’opinione pubblica sulla portata salvifica del siero? Se è vero che rischiamo di passare un Natale quasi come quello dell’anno scorso, non sarebbe il caso che qualcuno cominciasse a recitare il “mea culpa” e ad ammettere che l’ostinazione esclusiva sul vaccino, trascurando farmaci e protocolli per le cure domiciliari e interventi “chirurgici” su trasporti pubblici e scuole, è alla base della nuova escalation di contagi?
Altra contraddizione: la durata del green pass, ora addirittura super (per i vaccinati e i guariti dal Covid), è passata da 12 a 9 mesi, ma nel frattempo si è scoperto che il vaccino protegge solo in minima parte dopo 5 mesi. E allora che senso ha lasciare per almeno altri 4 mesi i titolari del certificato verde liberi di circolare (e di contagiare e contagiarsi), considerandoli innocui per la diffusione del Covid? Ora, infatti, si parla di un’ulteriore riduzione della durata del super green pass a 5 o 6 mesi, al fine di contrastare la nuova variante Omicron e di stimolare un'accelerazione verso la terza dose. Terza dose che peraltro non sarà l’ultima, perché è già stato comunicato che bisognerà vaccinarsi periodicamente, forse anche più di una volta all’anno, fino a quando il virus non diventerà endemico e smorzerà la sua aggressività. Ma anche questo non si sapeva già un anno fa? Perché prendere in giro la popolazione escludendo richiami dopo le due dosi?
Poi c’è anche qualcos’altro che profuma di beffa: la ventilata ipotesi di imporre anche ai vaccinati (perfino quelli con tre dosi) il tampone per poter partecipare a grandi eventi o accedere a luoghi affollati come discoteche e stadi. A stabilirlo potrebbe essere la cabina di regia, convocata per giovedì 23. Ci sono milioni di italiani non vaccinati che fanno tamponi ogni giorno per andare a lavorare e mantenere la propria famiglia e vengono discriminati perché si considera che il tampone non abbia la stessa affidabilità del vaccino. Così è stato sempre sostenuto. Se venisse introdotto l’obbligo del tampone anche per i vaccinati significherebbe che ora i tamponi sono diventati sicuri e affidabili? Non è un caso che gli stessi scienziati siano divisi sul punto.
Tra le tante questioni controverse anche quella dell’utilizzo delle mascherine all’aperto. Molti sindaci le stanno imponendo nei centri storici con ordinanze ad hoc. Si arriverà a un obbligo nazionale? Sarebbero tutti pessimi segnali di ritorno a una situazione che ha provocato sfiducia, disagio psichico e fratture sociali.
Peraltro gli effetti devastanti di questo mix letale tra improvvisazione decisionale e terrorismo mediatico si stanno già evidenziando in maniera nitida e critica. Ci sono otto milioni di italiani che, dopo averle prenotate, hanno disdetto le loro vacanze natalizie. Molti alberghi sono pronti a chiudere i battenti e a dichiarare fallimento. Tanti operatori turistici dovranno farlo molto presto. Fiere, mercatini, feste, veglioni sono già stati annullati e chi prova a organizzarli comunque in sicurezza viene considerato un irresponsabile. Milioni di famiglie che vivono grazie al turismo, alla ristorazione, all’organizzazione degli eventi e delle attività ludiche e che hanno già pagato un prezzo esoso alla pandemia e ai lockdown, senza peraltro ricevere dal governo precedente i ristori promessi, vivono ore da incubo. E sono nella maggioranza dei casi persone vaccinate con due o tre dosi, che hanno rispettato con scrupolo le regole e continuato a pagare le tasse.
Tutto ciò conferma che la strategia sin qui adottata per contrastare la pandemia non è stata affatto vincente. Comparare i dati di un anno fa con quelli di quest’anno ed esultare per il minor numero di morti e ricoverati significa non guardare in faccia la realtà. Continuare a rincorrere il virus senza individuare soluzioni di convivenza con esso vuol dire candidarsi a vivere altre stagioni problematiche e allungare all’infinito i tempi di uscita dal tunnel della pandemia.