Contraccezione: un'altra ragazza rischia la morte
Emerge il caso dell'ennesima giovane che ha rischiato la vita a causa della pillola contraccettiva, mentre la Svizzera denuncia alcuni casi simili e la morte di 17 donne. Negli Usa le storie sono moltissime (la Bayer ha già sborsato milioni di dollari in risarcimenti) ma il mercato della contraccezione cresce, sebbene si ipotizzino anche danni sul lungo periodo, fra cui l'infertilità. La via d'uscita? La fine della sessualità concepita come svago.
La vendita della pillola contraccettiva è così redditizia che, nonostante le migliaia di cause che hanno costretto le case farmaceutiche a sborsare miliardi in risarcimenti per danni alla salute o per la morte di alcune donne, il suo mercato continua a fatturare indisturbato.
Emerge ora il caso di un'altra ragazza, Katrina Parra, 26enne venezuelana, che dopo aver ingerito per mesi la pillola Yaz della Bayer rischiò di morire. La giovane nel 2012 cominciò ad avvertire dolori addominali, ansia e nausea da vomito costanti, finché la vigilia di Natale non ebbe un malore per cui rimase completamente paralizzata, incapace persino di muovere la lingua e di parlare.
A raccontare la sua storia giovedì scorso è stato il Daily Mail. Come capitato anche ad altre donne la pillola aveva agito sul sangue di Katrina mandandola in setticemia. Ricoverata in terapia intensiva per due mesi, racconta che «volevo solo morire, volevo che l’incubo finisse». Invece la ragazza si riprese e otto mesi dopo le fu diagnosticata una malattia al sistema immunitario per cui il rischio di infezione a seguito dell’assunzione della pillola era altissimo. In ogni caso l'infezione non si sarebbe mai scatenata senza il contraccettivo, dato che dopo anni, da quando Parra non ne fa più uso, si è quasi completamente ripresa. Sebbene ci siano voluti ben 24 mesi di fisioterapia per far “funzionare” nuovamente un corpo completamente bloccato.
Ma Parra non è la sola, basti pensare alla denuncia dello scorso settembre dell’Istituto elvetico di farmacovigilanza che solo ora ha portato alla luce una serie di casi gravi verificatisi dal 1990 al 2015 in Svizzera (fra cui ci sono quelli di ben 17 donne decedute) in seguito all’uso di pillole come la Yaz, la Yasmine e la Yasminelle. Le vittime, di età compresa fra i 17 e i 49 anni, sono morte in seguito a trombosi e ictus, ma tante altre, pur non decedute, sono rimaste gravemente lese. Come Celine, 16 anni, che ad un mese dall’inizio dell’assunzione della Yasmin fu colpita da embolia polmonare, subendo gravi danni cerebrali per cui rimarrà paralizzata a vita. In Italia, fra i casi noti, che hanno trascinato in tribunale l’azienda farmaceutica, c’è quello di una 36enne veronese, in coma vegetativo da oltre 10 anni.
Nonostante ciò, negli Stati Uniti sono decenni che la Bayer pur avendo già sborsato oltre 142 milioni di dollari in risarcimenti alle vittime di ictus e infarti e pur avendone pagato multe per via di pubblicità ingannevoli, continua ad essere fra le aziende leader nel settore. Anche se quest’estate, dopo diverse segnalazioni, la Fda (l’agenzia del farmaco americana) le ha imposto dei limiti alla vendita di un altro contraccettivo, l’Essure (usato dal 2002 da 750 mila donne in tutto il mondo), che veniva posizionato in utero per impedire all’embrione di vivere, ma che. Il commissario della Ida Scott Gottlieb ha dichiarato che «il dispositivo è stato associato a gravi rischi tra cui il dolore persistente, la perforazione dell'utero e delle tube di Falloppio». La Bayer ha quindi interrotto le vendite del tutto, ma solo perché la notizia ha provocato un calo antieconomico della domanda.
Eppure, anche quando i contraccettivi non arrivano ad avere questi effetti si sospetta che possano provocare comunque danni all’organismo nel lungo periodo come l’infertilità femminile o il calo della libido. La stessa Organizzazione mondiale della sanità ha ammesso che nei paesi industrializzati il tasso di infertilità è del 15-20 per cento mentre laddove lo stile di vita non prevede la contraccezione cala al 5 per cento. A spiegarlo a Focus, nei giorni delle polemiche scoppiate a causa dell’iniziativa del Fertilityday dell’allora ministro alla Salute Lorenzin, fu la docente di demografia all’Università di Padova Maria Castiglioni: «Con la diffusione della contraccezione è difficile dire quanto le possibilità di concepire siano le stesse, superiori o inferiori rispetto al passato», ma quel che è certo è che come la «popolazione che viveva nelle campagne francesi tra la fine del Seicento e i primi decenni dell’Ottocento» le popolazioni «moderne che per scelta non fanno uso di contraccettivi, per esempio gli hutteriti, comunità protestanti che vivono in maniera tradizionale, un po’ come i più noti amish…la sterilità primaria, cioè di una coppia incapace di avere figli fin dall’inizio della vita riproduttiva, sia di nuovo di circa il 5 per cento».
Forse anche per questo il mensile austriaco Konsument lo scorso febbraio ha elencato 84 pillole contraccettive in base al rischio di trombosi, fra cui compaiono Yasmin e Yasminelle: si passa dai contraccettivi a base di levonogestrel, norgestimato e noretisterone (per cui si sono registrati tra i 5 e i 7 episodi di trombosi ogni 10 mila donne) ai progestinici (dai 6 ai 12 casi) fino al gestodene, desogestrel e drospirenone (dai 9 ai 12 eventi). Ma sappiamo che nemmeno questo basterà finché le donne non prenderanno consapevolezza non solo dei rischi per la loro salute, ma anche dell’errore di una sessualità concepita come svago e senza responsabilità.
Anche perché la comunità scientifica non ci pensa nemmeno lontanamente ad esprimersi contro l’uso della contraccezione, preferendo se mai esortare i medici a vagliare bene le condizioni fisiche della donna prima di prescrivere la pillola. È chiaro quindi che nessuno intende fermare un business la cui fotografia recente parla di un'espansione continua: il tasso di crescita annuo previsto fra il 2017 e il 2025 è del 6,1 per cento, passando dai 22,050 milioni di dollari del 2016 ad una rendita prevista di 37,242,7 milioni entro il 2025.
Non importa se Michael Jane Alexander aveva solo 20 anni quando ingerì per la prima volta la Yaz. In un video pubblicato nel 2015 dal The Guardian insieme ad altre vittime la madre raccontò la vicenda drammatica: «Ricordo il giorno in cui salì in macchina e mi disse: “Il medico mi ha dato la pillola che protegge dalla gravidanza, dalle sindromi premestruali e che combatte l’acne”. Questa per lei era la “pillola miracolosa”». Dopo poco Michael Jane collassò: «Nostra figlia era morta».