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Conte demolisce il campo largo, meglio le poltrone

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L'ultima piroetta dell'"avvocato del popolo" per portare a casa posizioni di potere lo vede sganciarsi da Schlein e trattare direttamente col centrodestra. Gli è già riuscito benissimo in Rai. E conviene anche alla maggioranza.

Politica 03_10_2024
IMAGOECONOMICA - GIULIANO DEL GATTO

Giuseppe Conte ha abituato gli italiani alle disinvolte piroette. Dopo essere stato catapultato a Palazzo Chigi nel 2018 senza mai essere stato votato dai cittadini, prima ha formato un governo con Matteo Salvini, poi un altro con il Pd. Oggi dimostra di aver imparato bene a fare politica, con la spregiudicatezza dei leader navigati che, pur di salvare le poltrone, sono pronti a cambiare continuamente le loro idee.

Sui giornali di ieri campeggiava la notizia della demolizione, per mano dello stesso Conte, del cosiddetto campo largo del centrosinistra, faticosamente messo in piedi da Elly Schlein e al quale avevano a parole aderito tutti, compreso il trasformista Matteo Renzi che, dopo aver assicurato, circa dieci anni fa, di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitta al referendum costituzionale proposto da lui quando era premier, in realtà è ancora sulla scena politica a ondeggiare tra destra e sinistra sulla base delle convenienze.
Oggi il campo largo non esiste più perché Conte non vuole allearsi con Italia Viva, temendo nuove imboscate da parte di Renzi, che lo ha già disarcionato da Palazzo Chigi nel 2021, sostituendolo con Mario Draghi. Se si eccettua l’Emilia Romagna, dove la sinistra vince anche se divisa, potendo contare su una tradizione consolidata di potere socio-economico, vedi cooperative rosse, in Umbria e Liguria le divisioni tra Pd e alleati potrebbero determinare la vittoria del centrodestra.
Visti, però, i trascorsi di Conte, che ha cambiato più volte compagni di viaggio pur di rimanere in sella, cosa ci sarà davvero dietro questa sua ostinazione a porre veti su Renzi, anche a costo di far vincere gli avversari?

Il ragionamento dell’“avvocato del popolo” è in realtà più sottile. Lui ha capito che, se non cambia strategia, a questo giro non tocca palla e il centrodestra può andare avanti al governo fino alla fine della legislatura, quindi punta a tenere alto il clima dello scontro nel “fu campo largo”, perché solo in questo modo può tenere compatta la sua base, divisa tra lui e i grillini della prima ora, e tentare nel tempo di riavvicinarsi in termini di voti al Pd, che alle europee gli ha portato via un bel po' di consensi. Inoltre, Conte è ben consapevole del fatto che, se alle prossime politiche vincesse il centrosinistra, a lui darebbero al massimo un ministero di peso ma a Palazzo Chigi ci andrebbe la Schlein, come segretaria del partito più forte.

Il suo cambio di atteggiamento è risultato evidente in occasione della recente partita per il rinnovo del consiglio d’amministrazione della Rai. Alla scelta dem dell’Aventino lui ha preferito quella della conferma del suo consigliere uscente, l’avvocato Alessandro Di Majo, che dunque resterà in viale Mazzini per altri tre anni e sarà in cda con il rappresentante di Avs, Roberto Natale e senza rivali dem. Il Pd, infatti, non avrà consiglieri e, a quanto pare, perderà anche le poltrone che ha attualmente nei tg. Infatti si vocifera che Conte abbia già ottenuto dal centrodestra la promessa della direzione del Tg3, che dunque passerebbe dall’attuale Mario Orfeo, in quota Pd, a Giuseppe Carboni, già direttore del Tg1 in quota grillina all’epoca del governo gialloverde e ora direttore di Rai Parlamento.

Per consolidarsi alla guida del Movimento Cinque Stelle, acquisire maggiore visibilità e avere chance di successo nella competizione a distanza con il Pd, Conte ha bisogno di portare a casa poltrone di peso e posizioni di potere e l’unico modo che ha per farlo è sganciarsi da Schlein e trattare direttamente col centrodestra, cosa che gli sta riuscendo benissimo in Rai e altrove. Ma che convenienza ha il centrodestra a negoziare con Conte scavalcando il Pd? Semplice: il centrosinistra può insidiare le forze di governo solo se unito e compatto; il disimpegno di Conte rende innocuo il “fu campo largo” e assicura una navigazione tranquilla al centrodestra, sia al centro che in periferia.



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