Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico
INTERVISTA/SAPELLI

«Con la scusa della pandemia questo governo ci vende allo straniero»

Parla l'economista Giulio Sapelli: «L'accordo dell'Eurogruppo è la classica montagna che ha partorito il topolino, che unita alla debolezza delle misure italiane, lascia prevedere il peggio». «Le proposte di patrimoniale sono una follia, iniziative degne di Chavez». «L'unica strada è il prestito nazionale, come proposto da Tremonti e da Bazoli, un prestito volontario per la ricostruzione, come dopo la Seconda guerra mondiale». «Questi governanti se ne fregano perché dipendono dall'estero, Vaticano compreso».
- SU MES E PATRIMONIALE IL GOVERNO SI SPACCA, di Ruben Razzante
- L'ATENEO CATTOLICO CHE SI PREOCCUPA DEL RAMADAN, di Giuliano Guzzo
- MONTE BERICO, LA PESTE E LA PEDAGOGIA DI MARIA, di Costanza Signorelli

 

Economia 11_04_2020
Giulio Sapelli

«Questo è un governo che dipende dall’estero, che insegue politiche alla Chavez; siamo alla totale separazione della classe politica dal Paese». Giudizio molto severo quello dell’economista Giulio Sapelli, che riassume la condotta economica del governo nel rispondere alla crisi provocata dall’esplosione dell’epidemia di coronavirus. Giudizio che, dopo l’accordo dell’Eurogruppo di due giorni fa, esce ulteriormente rafforzato dopo la sconcertante performance ieri sera del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Questi ha smentito qualsiasi accordo sul Mes (il Meccanismo Europeo di Solidarietà) e sulla rinuncia agli Eurobond, malgrado fosse stato annunciato la sera prima l’adesione del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri all’accordo. Capiremo nei prossimi giorni come stanno veramente le cose, ma intanto cerchiamo di capire il valore dell’accordo raggiunto a Bruxelles.

Bocciati gli eurobond, passa una versione “light” del Mes, una dotazione complessiva di 410 miliardi, erogabili senza condizioni ma solo per l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 e comunque gli Stati vi potranno accedere per un massimo del 2% del Pil (per l’Italia si tratta di una cifra intorno ai 35 miliardi); ci sono inoltre 25 miliardi messi a disposizione dalla Banca Europea degli Investimenti (Bei), un fondo di garanzia paneuropeo a sostegno delle piccole e medie imprese; più avanti poi si parlerà di un “Recovery Plan”, ancora tutto da definire.

Professor Sapelli, che valutazione dare a questo accordo?
Possiamo dire che la montagna ha partorito un topolino. Certamente si tratta di un insieme di misure che non possono soddisfare l’anelito dei nove paesi – Italia, Francia e Spagna in testa – firmatari di una dichiarazione, ormai lasciata alle spalle, in cui si chiedeva l’emissione dei cosiddetti coronabond. L’idea era quella di un investimento fondato sulla mutualizzazione del debito per incentivare le misure di fuoriuscita dalla crisi.

Proposta bocciata dall’Olanda, ci dicono le cronache. Ma suona un po’ strano che l’Olanda da sola abbia avuto il potere di bloccare una iniziativa fortemente voluta da tanti paesi.
Solo gli ignoranti pensano che l’Olanda sia un paese poco rilevante, e non solo perché sensibile all’egemonia tedesca. L’Olanda è sempre stata un paese molto potente, ricordiamo che si ribellò a Carlo V (XVI secolo, ndr) e divenne una grande potenza coloniale. L’Olanda ha avuto per secoli un impero e mantiene anche oggi una mentalità imperiale. È uno dei paesi più potenti al mondo e sono anche un paradiso fiscale. Nell’Unione Europea si è sempre trovata con difficoltà, soprattutto per l’unione economica, ma non dimentichiamo che nel 2005 fu proprio l’Olanda decisiva nel rifiutare la Costituzione europea. Come conseguenza del rifiuto della Costituzione, tutto viene regolato in Europa non attraverso lo stato di diritto ma attraverso i trattati internazionali. E qui arriviamo all’accordo dell’altro giorno che deve passare ancora dal Consiglio europeo. Niente Eurobond, per l’Italia la possibilità di accedere a circa 35 miliardi di euro, senza condizioni, per le misure sanitarie, e altri fondi per le banche allo scopo di finanziare le imprese. È molto poco. Se poi lo uniamo alla debolezza della manovra economica italiana, centrata sulla offerta di garanzia alle banche perché finanzino le imprese, capiamo che le cose vanno decisamente male. Anche perché la garanzia offerta dallo stato italiano, oltre a dilatare i debiti delle imprese, non garantisce affatto la disponibilità immediata di liquidi; al contrario, per i finanziamenti appena consistenti si mette in moto il classico esame creditizio da parte delle banche che renderà lungo l’iter e difficile da ottenere il finanziamento. Insomma, tra Europa e governo italiano le garanzie per le nostre imprese sono molto poche.

Uno dei temi più dibattuti riguarda il Mes, si dice che una volta attinto a questo fondo salva-stati ci ritroveremmo di fatto commissariati, sul modello della Grecia.
Non direttamente, perché in realtà i soldi sono esclusivamente per le misure sanitarie e senza condizioni. Il problema fondamentale è che il ricorso a questo finanziamento porta di conseguenza l’aumento del debito pubblico, che a sua volta significa non rispettare i parametri del Trattato di Maastricht. E quindi, se non cambiano le regole, ci si espone contestualmente al pericolo sempre più reale di una ristrutturazione del debito. Le cose insomma sono peggiorate.

Lei allora che strada vedrebbe per uscire dalla crisi?
Il prestito nazionale è l’unico strumento per aprirci la strada alla ricostruzione. Si tratterebbe di un’operazione come quella già fatta dopo la Seconda guerra mondiale, per la ricostruzione, e che ebbe il favore anche di Togliatti. Funziona come per i Btp: non tassati, a basso tasso di interesse, a lunghissimo termine. Ed è un prestito volontario. È la proposta fatta da Giulio Tremonti, sostenuta anche da Ferruccio de Bortoli, e soprattutto da Giovanni Bazoli, che è presidente onorario di Intesa Sanpaolo, una delle più grandi banche europee.

Perché sottolinea il sostegno di Bazoli?
Perché Bazoli non solo rappresenta un istituto bancario importante, ma anche perché se ha fatto questa uscita vuol dire che gode del sostegno del presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Giovanni Gorno Tempini. Eppure questi governanti se ne fregano. Pensi lei se vent’anni fa Cuccia avesse fatto una proposta del genere: subito l’avrebbero preso in considerazione. È la conferma che abbiamo a che fare con un governo che è una mucillagine peristaltica, che dipende dall’esterno.

Un’accusa molto dura.
Guardi, De Gasperi parlava di “quarto potere” e ne teneva tanto conto che fece nominare presidente della Repubblica Luigi Einaudi, che pure aveva votato per la monarchia. A questi politici invece non importa nulla perché tanto dipendono dall’estero. C’è chi fa gli interessi della Cina, chi dell’Iran, chi della Francia, chi della Germania, per non dire del Vaticano che ha anche nominato il presidente del Consiglio.

Il Vaticano?
È evidente che il presidente del Consiglio dipende dalla Compagnia di Gesù e dal Vaticano. Conte nasce a Villa Nazareth (“scuola” del cardinale Achille Silvestrini, capofila della sinistra cattolica, e punto di riferimento del cattolicesimo democratico, ndr) e ha ottimi rapporti con le gerarchie vaticane, che ormai lavorano a favore del governo cinese. Basti guardare ai legami che uniscono diversi prelati alla Cina. Si capisce perché in Vaticano oggi appoggiano questo governo che è espressione della borghesia “vendedora”, quella che è pronta a vendere il paese.

Dopo averlo sfruttato per bene. Il Pd ha appena proposto una tassazione per i redditi sopra gli 80mila euro.
È una cosa da pazzi, è una semi-patrimoniale: un modo per far scappare tutti gli investitori e impoverire il paese.

A proposito di patrimoniale. Conte smentisce ma se ne parla sempre più insistentemente.
Approfittare della pandemia per fare una patrimoniale è una cosa di una gravità assoluta, una vera follia. Già abbiamo una scarsità di investimenti esteri, abbiamo il paese alle corde e facciamo la patrimoniale? È una scelta degna di Chavez. Neanche Peron faceva cose del genere.

Lei vede tutto nero per l’Italia…
No, alla fine credo che le cose andranno meno peggio di quello che la borghesia vendedora auspica (il loro sogno è quello di vendere tutto e ritirarsi alle Bahamas), ma solo per merito di quelle piccole e medie imprese che reagiscono magnificamente. Quelle che hanno la possibilità di tutelare la salute dei lavoratori, hanno continuato a lavorare e se il paese sopravviverà sarà per merito loro.

Ma non sono tutti fermi?
Fortunatamente la gente è dotata di molto più buon senso di questi scappati da casa che sono al governo. Quelli che hanno capito che non potevano distanziare, non potevano sanitizzare, hanno chiuso. Quelli che però hanno capito di potere distanziare, lavorare e garantire il trasporto dei lavoratori senza che ci fossero contagi, hanno continuato a lavorare. Conosco diversi esempi. Se le cose andranno meno peggio del previsto è per i piccoli e i medi che resistono.