Con i matrimoni religiosi muore anche l'Italia
Ha fatto giustamente molto scalpore la notizia del sorpasso in Italia dei riti civili sui matrimoni religiosi. Non hanno moto da festeggiare neanche i laici perché questo dato ha un impatto ancor più negativo sulla natalità, oltre ad essere il segno di un'Italia che volta le spalle ai propri valori. Con la prospettiva di un futuro incerto.
Matrimoni religiosi sorpassati dai riti civili. È successo per la prima volta nella storia italiana nel 2018, lo scorso anno, quando le nozze in comune – ammontando ad un totale di 98.182 su 195.778 – hanno conquistato un primato, certificato dall’Istat, che se sul piano statistico emerge di un soffio (50,1%), simbolicamente ha invece una importanza enorme. E questo per tante ragioni.
Anzitutto per la rapidissima espansione che hanno avuto i riti civili. Basti pensare che nel 2008, dieci anni prima il loro odierno «sorpasso», ammontavano al 36,8%. Una crescita rapida, la loro, e in espansione esponenziale: solo dal 2017 al 2018, infatti, sono cresciuti di 4.500 unità. Significa che nel giro di davvero pochi anni il naufragio del matrimonio religioso è stato consistente, quasi catastrofico anche per un Paese, l’Italia, che nell’immaginario collettivo rimane saldamente «cattolico». Il che deve certo far riflettere.
Anche perché tutto ciò avviene – secondo elemento degno di nota – non in un contesto sociale neutro, bensì in un’Italia che registra la crescita delle convivenze e l’affermazione, ancorché limitata più che altro alle grandi città, delle unioni civili. Il problema non sono insomma le coppie che non si vanno più a sposare in chiesa, ma è un intero Paese che anno dopo anno, a ritmi crescenti, si discosta dalle proprie tradizioni e dai propri valori, voltando le spalle a tutto ciò.
Una terza, doverosa riflessione consiste nel fatto che c’è ben poco da festeggiare, anche da parte laica, per il declino delle nozze religiose. Se infatti c’è la libertà di credere o non credere in Dio, tale facoltà non è ammessa davanti alle implacabili leggi della demografia. Che ci dicono una cosa molto semplice: le famiglie religiose – non solo quindi quelle sposate in chiesa, ma anche quelle che continuano a frequentarla – fanno più figli.
I dati dell’American Political and Social Behavior survey, che non descrivono la situazione italiana ma sono comunque utili, ci dicono che un evangelico ha in media 1,8 figli, un cattolico 1, mentre un «non religioso» - categoria in forte espansione anche in Europa – appena 0,8. È vero, siamo in tutti e tre i casi ben lontani da quel 2,1 noto come il tasso di sostituzione e decisivo per assicurare il futuro di una comunità; tuttavia una cosa è sicura: senza il matrimonio religioso le cose possono solamente peggiorare. Dunque, le nozze in chiesa sono sul viale del tramonto e destinate a diventare una etichetta sociologica tra tante? Posto che è sempre opportuno restar cauti, le rilevazioni Istat non fanno certo ben sperare.
Ciò nonostante – anche se quasi mai ci si pensa – i matrimoni religiosi e in particolare le famiglie religiose non sembrano affatto aver esaurito la loro utilità sociale. Al contrario, rimangono un modello. Non soltanto, si badi, per la già ricordata questione demografica, ma anche per altri aspetti rilevanti. Per esempio, uno studio del 2001 sul Journal of Family Psychology effettuato spulciando quasi cento studi realizzati nei decenni precedenti aveva messo in luce il ruolo protettivo – e non solo protettivo, ma anche in termini di equilibrio ed appagamento – esercitato dal fattore religioso sulla stabilità coniugale.
Più recentemente, un report dell'Institute for Family Studies e della Wheatley Institution della Brigham Young University intitolato «The Ties that Bind: Is Faith a Global Force for Good or Ill in the Family?», e basato sui dati di 11 Paesi di diversi continenti, ha concluso che le coppie religiose, spesso messe alla berlina dai media, non solo non hanno tassi di violenza domestica superiori alle altre, ma sono caratterizzati da relazioni migliori, più appaganti sul piano sessuale e, come già detto, più feconde.
Se una simile conclusione non sapesse di slogan, si potrebbe concludere che le famiglie religiose sono più felici. Se ne ricava, per tornare a noi, che se in Italia i matrimoni religiosi sono avviati al tramonto, il problema non è affatto di queste unioni, che spesso rimangono qualitativamente differenti – in meglio – rispetto alle altre. Il problema è dell’Italia e del suo, del nostro, sempre più incerto futuro.