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IL CASO BECCIU

Come una giunta militare sudamericana

Quella del cardinale Becciu è l'ennesima epurazione ai vertici della Santa Sede che accade in questo pontificato. Epurazioni degne di giunte militari sudamericane, che evitano di appurare la verità e salvano solo la cordata vincente.

Ecclesia 25_09_2020 Español
Il cardinale Becciu

(aggiornato, ore 10.30)
Colpevole o innocente? Forse non lo sapremo mai, però certamente il cardinale Angelo Becciu era caduto già da tempo in disgrazia agli occhi del Papa; e quindi, come ormai da prassi in questo pontificato, la sua testa è rotolata (metaforicamente parlando). La lista di figure di primo piano in Vaticano che vengono epurate, messe a riposo o esautorate dei loro poteri ormai è lunga: i cardinali Müller, Burke, Comastri, l’arcivescovo Georg Gänswein, solo per citare i casi più famosi. E ora Becciu.

I motivi di tali scelte non sono mai chiari, mai spiegati, metodi da giunta militare sudamericana. Ci si deve accontentare dei si dice, della paziente messa in fila di indizi raccolti nel tempo, della ricostruzione di alcuni fatti che hanno messo la vittima designata in cattiva luce agli occhi del Papa. Oppure, come in questo caso, di dossier che vengono gentilmente passati alla stampa "amica" in modo che escano in edicola contestualmente alla notificazione della decisione del Papa. Per Becciu dunque la goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe un uso delle risorse vaticane per aiuti familiari e territoriali. Ma la sua stella era già in caduta libera per il pasticcio dell’acquisto dell’ormai famoso palazzo di Londra, senza contare che per il suo siluramento stappa champagne anche l’ala tedesca dell’Ordine di Malta. Il Papa si deve essere convinto – o è stato convinto – della corruzione di Becciu e non ci ha pensato due volte.

In realtà la storia del palazzo di Londra appare il pretesto per una guerra interna che con la necessità di trasparenza e correttezza nella gestione economica ha poco a che fare. Alcuni mesi fa, al tempo del botta e risposta pubblico tra il segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin e il cardinale Becciu, parlammo di una guerra per bande in corso al vertice del Vaticano, con probabili altri sviluppi. Fummo facili profeti. Il dossier sugli interessi privati in atti d'ufficio di Becciu è certamente uno di questi sviluppi.

Proprio quest’ultimo caso mette in evidenza una caratteristica inquietante delle decisioni di governo di papa Francesco. C’è una esecuzione pubblica della condanna senza che ci sia stato un processo. Con questi provvedimenti il cardinale Becciu è stato di fatto definito un “corrotto”, senza però che mai sia stato formalmente incriminato da un giudice o che tale sia stato riconosciuto da un qualsivoglia tribunale. Nel caso del palazzo londinese non è ancora chiaro di quale reato si stia parlando e se reato c’è veramente stato; e quanto ai fondi girati per attività di famiglia, non sappiamo quale sia la giustificazione dell'imputato..

Si dirà: fa niente, intanto fa piazza pulita dei corrotti senza i tempi lunghi dei processi. Il giustizialismo, però, è l’esatto contrario della giustizia. E le decisioni drastiche contro alcuni presunti corrotti mal si conciliano con la protezione, la difesa a oltranza e la promozione di altri che pure sono oggetto di accuse pesanti – vedi il cardinale Maradiaga – o che sono responsabili certi di ammanchi clamorosi – vedi l’arcivescovo Paglia -. Inoltre, decisioni prese d'istinto sulla base di dossier gentilmente preparati - fosse anche dai giudici - senza una verifica attenta e l'ascolto della difesa, fa temere l'estrema influenzabilità del Papa alle attività di dossieraggio che mai come in questo periodo in Vaticano vanno di moda. 

Sentenze senza processi peraltro impediscono di far venire fuori tutta la verità su situazioni criminose o presunte tali. Sulla vicenda londinese, ad esempio, se il cardinale Becciu ha avuto le sue responsabilità, certamente non è stato il solo e andrebbe chiarito il ruolo di tutto l’attuale vertice della Segreteria di Stato. Cosa che ben difficilmente accadrà.

È lo stesso modus operandi tenuto nel caso dell’ormai ex cardinale Theodore McCarrick, accusato di aver abusato di decine e decine di seminaristi. Sulla sua colpevolezza difficilmente si possono avere dubbi, ma la sua riduzione allo stato laicale è stato un atto d’imperio del Papa senza lo svolgimento di una indagine accurata e di un giusto processo. In questo modo, non solo si è negato un diritto che spetta a qualsiasi imputato – escluso nei regimi dittatoriali e totalitari – ma si impedisce di riconoscere e perseguire tutti i suoi influenti complici, coloro che hanno permesso che facesse carriera e diventasse addirittura un inviato speciale durante i primi anni di questo pontificato.

Era stato promesso un anno fa dal Vaticano un Rapporto accurato su tutta la vicenda McCarrick: sarebbe dovuto essere pubblicato nel giro di pochi mesi ma di quel rapporto non si sa ancora nulla. Comunque, anche qualora venisse pubblicato non potrebbe sostituire un giusto processo, che invece non ci sarà. Passerà solo la versione del Capo.

E i fedeli cattolici, sgomenti, dovranno continuare a subire questo triste spettacolo di agguati, operazioni spericolate, epurazioni da parte di pastori che dovrebbero preoccuparsi soprattutto della salvezza del gregge loro affidato.