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Come Meta e Google tornano a censurare Trump "per errore"

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Facebook considera falsa la foto iconica di Trump che si rialza dopo l'attentato. Meta AI ritiene che l'attentato non ci sia mai stato. Google ostacola surrettiziamente le ricerche sull'attentato. Tre indizi fanno una prova.

Esteri 01_08_2024
La foto iconica del fallito attentato a Trump (La Presse)

Ci sono vari modi di censurare un contenuto. Il primo, quello classico, è il ritiro o la cancellazione di certe informazioni per ordine delle autorità. Il secondo è il boicottaggio di chi dovrebbe diffondere quelle informazioni, ma in un modo o nell’altro non lo fa, magari nascondendosi dietro pretesti tecnici.

Ecco, è proprio per motivi che, ufficialmente, sono solo tecnici, Meta e Google stanno tornando a celare o manipolare informazioni importanti sulla campagna elettorale di Donald Trump. Nel primo caso, su Facebook (tuttora il social network più diffuso nel mondo) è stata etichettata come “falsa” la foto iconica di Trump che si rialza insanguinato dal tentativo di attentato, con il pugno alzato verso il cielo. Una foto che varrà probabilmente un premio Pulitzer per il fotografo Evan Vucci, viene dunque considerata dai soliti “fact checker indipendenti” come “alterata, in modo da fuorviare il pubblico”.

Secondo caso in pochi giorni: sempre Meta (la compagnia di Marc Zuckerberg) ha un suo programma di intelligenza artificiale, una chat bot generativa simile a Chat GPT. A domande precise sul fallito attentato a Trump, risponde che: non è mai esistito. Dunque si tratta solo di una messinscena.

Terzo episodio: chiunque navighi in Internet avrà notato che Google ha una funzione di riempimento automatico. Ad esempio se si scrive “fallito attentato a…” è Google stesso che suggerisce, per accelerare la ricerca, di scrivere “Reagan” o a “Hitler” o ad altri personaggi storici scampati a morte quasi certa. Ma non viene mai suggerito il nome “Trump”. Anche in italiano (quando questo articolo va online) non viene mai suggerito il nome dell’ex presidente. Fra i falliti attentati che Google pensa che l’utente stia cercando sono suggeriti quelli a Mussolini, a Hitler, a Falcone (sic!) e quello di Ostia. La parola Trump non compare nemmeno scrivendo la T, la lettera iniziale. Niente, al motore di ricerca più completo del mondo non viene in mente Trump neppure con un aiutino. In lingua italiana lo suggerisce solo inserendo semplicemente “attentato a…” ma in lingua inglese neppure quello.

Tre indizi fanno una prova e il quotidiano americano New York Post, uno dei più diffusi di area conservatrice, ha deciso di andare a fondo e di sollevare il caso con una piccola inchiesta. I portavoce delle due compagnie coinvolte, Meta e Google hanno ammesso gli errori. Ma dichiarano che di errori si tratti e non di censura.

Secondo il direttore affari pubblici di Meta, Dani Lever, l’etichettatura della foto iconica di Trump come “falsa” è «frutto di un errore». Perché «Questo fact checking è stato inizialmente applicato a una foto manipolata che mostrava gli agenti dei servizi segreti sorridenti, e in alcuni casi i nostri sistemi hanno erroneamente applicato il controllo dei fatti alla foto reale. Il problema è stato risolto e ci scusiamo per l'errore». E allora perché anche il programma di intelligenza artificiale ritiene addirittura che l’attentato a Trump non sia mai esistito? Per Joel Kaplan, vicepresidente di Meta per gli affari esterni, il chatbot AI era programmato per non rispondere affatto alle domande sull'attentato. “In un piccolo numero di casi, Meta AI ha continuato a fornire risposte errate, tra cui a volte affermava che l'evento non era accaduto, cosa che stiamo rapidamente cercando di risolvere”.

E allora Google? Un portavoce che ha risposto alle domande della Tv Fox News spiega che non vi sia stata alcuna “azione manuale” sulla funzione di auto-compilazione. «I nostri sistemi hanno protezioni contro le previsioni di completamento automatico associate alla violenza politica, che stavano funzionando come previsto prima che si verificasse questo orribile evento», ha scritto il portavoce. «Stiamo lavorando a miglioramenti per garantire che i nostri sistemi siano più aggiornati».

Tutti errori, nessun colpevole e nessuna censura, dunque. Tranne che questi errori avvengono unilateralmente a danno di una sola parte. Che caso. Trump protesta e lo fa affidando i suoi iracondi post su Truth, un social network di sua proprietà, da lui fondato nel 2022. E perché ha fondato un suo social network? Perché in quel periodo era stato escluso dai grandi social network, fra cui Facebook.