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TASSE E SINDACATI

Ci manca solo una patrimoniale di guerra

Dopo la pandemia e con la guerra alle porte, con il suo strascico di crisi energetica ed alimentare, pensavamo che almeno il dibattito sulla patrimoniale fosse finito. E invece no: torna a proporlo il sindacato Cgil (Maurizio Landini) per i più "ricchi". E trova eco anche nelle forze di governo, nel M5S soprattutto. E il paese è in recessione.

Editoriali 09_04_2022
Maurizio Landini e Giuseppe Conte

Ciclicamente la minaccia di una patrimoniale torna ad agitare il dibattito politico. Era lecito sperare che dopo due anni di pandemia, lockdown, crollo economico-produttivo e ora anche guerra, nessuno si azzardasse più a pronunciare quella parola. E invece ci hanno pensato i sindacati che, due giorni fa, nell’incontro con il premier, non avendo portato a casa praticamente nulla, hanno rispolverato l’idea di un contributo di solidarietà da parte dei cosiddetti ricchi.

All’indomani dell’approvazione del Def di guerra, Draghi ha incontrato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil con i quali intende stipulare un patto di emergenza. Ma se in quel patto ci fossero nuove tasse per le imprese e le famiglie e addirittura una patrimoniale per chi ha faticosamente messo da parte risparmi da destinare a figli e nipoti, saremmo davvero alla beffa.

Maurizio Landini, leader della Cgil, ha criticato la strategia economica del governo: “I 5 miliardi previsti dal Def non sono sufficienti, c’è bisogno di uno scostamento di bilancio e di una manovra in grado di affrontare l’emergenza sociale”. Ed ha aggiunto che sarebbe opportuno un “prelievo di solidarietà” su patrimoni e redditi più alti per tutelare chi sta peggio. Insomma, una patrimoniale che tanto piace al Pd e alla quale lo stesso premier starebbe pensando.

Per la verità, già Giuseppe Conte aveva qualche settimana fa proposto un contributo di solidarietà per chi ha guadagnato durante la pandemia, ad esempio il settore assicurativo. Dunque esiste la concreta possibilità che il vincolo Pd-M5s si rinsaldi proprio a partire da questo ritrovato asse con i sindacati, magari partendo  dall’approvazione della patrimoniale.

Il centrodestra, ovviamente, si dice pronto a fare le barricate, visto che le sta già facendo sulla riforma del catasto, che non trova per niente d’accordo Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Anzi, le forze di centrodestra, su questo molto compatte, temono che l’eventuale sacrificio dei cosiddetti ricchi, che ricchi non sono più da tempo, finisca per rivelarsi vano, cioè per andare a finanziare quella pletora di miracolati beneficiari del reddito di cittadinanza e di altri sussidi improduttivi e quasi offensivi della dignità dei lavoratori.

Se l’incremento degli investimenti in armi, oltre che minacciare la pace internazionale, avrà un contraccolpo su sanità, istruzione e altri servizi fondamentali per la crescita del nostro Paese, che continueranno a peggiorare anche per mancanza di risorse finanziarie, la prospettiva di inserire una patrimoniale sui risparmi somiglia davvero al rimedio fuori tempo massimo, cioè dopo che inflazione e stagnazione stanno per erodere il potere d’acquisto dei salari e per frenare ulteriormente la ripresa del Paese post-pandemia.

Eppure c’è chi, nel centrosinistra, ammicca a Landini e non esclude, in caso di radicalizzazione dello scontro bellico, un prelievo dai patrimoni più solidi. Il sottosegretario all’Economia, Maria Cecilia Guerra, di Articolo 1, è tra i possibilisti:  «Se dovessimo arrivare a situazioni di forte crisi, come succede in economia di guerra, mettere in atto politiche anche di tipo redistributivo non mi sembrerebbe una cosa sbagliata». Anche Nicola Fratoianni, comunista, condivide la proposta di Landini: «Ha ragioni da vendere». E l’idea delle politiche redistributive rimane il chiodo fisso dello stesso Enrico Letta, che ne ha parlato giorni fa alla presentazione del libro di Achille Occhetto, pur senza mai nominare la parola patrimoniale.

Forza Italia, come detto, non la ritiene praticabile: «La patrimoniale non è e non sarà mai una via percorribile. Non si può immaginare che tassare gli italiani sia la ricetta per uscire dal difficile momento di crisi che stiamo attraversando», ha avvertito il senatore di Forza Italia e ex presidente del Senato Renato Schifani. «Spiace – ha aggiunto – che, riproponendo consumati retaggi ideologici, ci sia ancora chi pensa di poter risolvere i problemi mettendo le mani sulla ricchezza dei cittadini. Non è così che si può contrastare l’aumento delle materie prime, risolvere la crisi energetica e sostenere il mondo produttivo. Servono, al contrario, interventi coraggiosi sul fronte dell’energia e una seria azione di semplificazione e decongestione del sistema fiscale».

La battaglia sul fisco si preannuncia, dunque, molto aspra. Le forze di sinistra, temendo la debacle alle prossime politiche, preannunciata da tutti i sondaggi, provano a compiacere il proprio elettorato con politiche di redistribuzione, che potrebbero servire per ridurre il gap di voti dal centrodestra. Ma così facendo rischiano di impoverire ulteriormente il Paese, di provocare una fuga di capitali all’estero e di scoraggiare ancor più i risparmi e gli investimenti mobiliari. Tutto il contrario di ciò che servirebbe al Paese, stretto tra un gigantesco debito pubblico, un’inflazione galoppante e una recessione di fatto.