Che stress uccidere i bambini
In barba a un diritto costituzionale che garantisce completa parità tra medici obiettori e non obiettori, si avanzano proposte discriminatorie per favorire chi pratica l'aborto, come stipendio più alto e ferie più lunghe.
L’aborto è diventato un fenomeno talmente normale nel suo orrore e così diffuso che a volte dal fronte pro-choice con disinvoltura arrivano informazioni esplicite sulle reali intenzioni degli abortisti e sulle loro strategie, sicuri che tanto ormai nessuno si scandalizzerà più. È ciò che è accaduto con un’intervista alla dott.ssa Silvana Agatone, presidente della Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della Legge 194 (Laiga), realizzata dalla rivista Micromega. Lo schieramento pro-choice oggi incontra un’ultima resistenza al libero aborto praticabile sempre e comunque: il medico obiettore.
Ecco quindi che Micromega domanda: «Come si esce da quello che nel nostro paese si configura sempre più come un vicolo cieco?». Risposta della Agatone: «Ci sono tante possibili proposte: aumentare i giorni di ferie per i non obiettori e/o aumentare la loro retribuzione (ma se quest'ultima proposta in questi tempi di crisi è poco attuabile; la prima sarebbe molto interessante anche perché molti dei non obiettori sono sottoposti a quel fenomeno che va sotto il nome di burnout)».
È bene ricordare che l’obiezione di coscienza per il nostro ordinamento giuridico non è un marchio d’infamia da apporre sulla busta paga del medico o sul suo curriculum, bensì un diritto costituzionalmente garantito. Quindi, tra il medico obiettore e quello non obiettore non devono sussistere discriminazioni. E invece, quale proposta avanza la Agatone? Privilegiare con retribuzioni maggiorate e ferie in più chi pratica aborti. Questa iniziativa dovrebbe incentivare il medico obiettore a passare dall’altra parte creando così un disequilibrio all’interno della stessa figura professionale. Il premio economico e il trattamento lavorativo di favore andrebbero perciò solo a incoraggiare, senza giustificazioni, la disparità di condizioni professionali.
Inoltre la proposta pecca forse d’ingenuità. Se davvero il fattore economico fosse l’elemento decisivo capace, per i medici obiettori, di spostare l’ago della bilancia verso l’aborto, questi ultimi in massa avrebbero già deciso da tempo di praticare aborti. Infatti, potrebbero praticarli tramite la libera professione, ampliando così l’offerta di prestazioni che offrono ed aumentando in tal modo gli introiti. Ma se ciò non accade, significa che il denaro non può essere il cuneo su cui far leva per ingolosire gli obiettori.
L’Agatone poi ci conferma con noncuranza un dato interessante: ammazzare i bambini stressa, tanto che occorre mandare in ferie i medici abortisti. Il fenomeno prende il nome di burnout. Si tratta di una sindrome da stress legata ad alcune professioni dove si è sottoposti a forti pressioni emotive. Vengono in mente – come pura e libera associazione di idee - alcune pagine del libro Comandante ad Auschwitz di Rudolf Höss, il quale, gestendo questo campo di concentramento, faceva notare che si era costretti a turnare e a far riposare i militari perché, nell’uccidere gli ebrei con ritmi di lavoro simili a quelli di una catena di montaggio, i soldati si sentivano schiacciati da uno stress emotivo pesantissimo.
La presidente della Laiga poi offre un’altra soluzione per incentivare gli aborti: «Obbligare le ASL ad assumere un numero sufficiente di personale non obiettore, in grado di garantire l’applicazione di una legge dello Stato». Roba vecchia. Infatti la proposta rimanda in qualche modo a quella di Nichi Vendola di qualche anno fa: una delibera della giunta regionale pugliese prevedeva l’assunzione nei consultori delle ASL solo di personale non obiettore. Il risultato fu che il Tar della Puglia nel 2010 annullò tale delibera dichiarando che era incostituzionale perché discriminava i medici obiettori.
Infine la Agatone pensa bene che, se non fossero sufficienti incentivi per praticare aborti, si può sempre agire sul fronte opposto, applicando oneri particolari al lavoro del medico obiettore, costringendolo, come elemento di deterrenza, ai lavori forzati: «Sarebbe anche estremamente interessante obbligare gli obiettori ad attività extra: per esempio impegnandoli in attività di contraccezione e prevenzione della gravidanza. In fondo coloro che hanno posto obiezione di coscienza al servizio militare hanno pagato un prezzo, essendo stati obbligati al servizio civile».
Ammesso e non concesso che il medico obiettore invece che praticare aborti si senta entusiasta di regalare preservativi e contraccettivi a tutte le donne, la proposta della Agatone non è giuridicamente praticabile ed erronea per più motivi. In primo luogo chi prestava servizio civile a posto del servizio militare non pagava “un prezzo” allorché decideva di non andare sotto le armi. Il servizio civile non era una punizione – si può pensare questo solo se si abbraccia qualche strana idea di Stato totalitario – bensì un modo diverso di onorare un ugual dovere imposto a noi tutti: il dovere di difendere la Patria (art. 52 della Costituzione). La sbavatura della Agatone fa comprendere bene in quale grado di considerazione quest’ultima tenga la professione dei medici obiettori.
In secondo luogo il parallelo tra un supposto dovere di svolgere mansioni alternative all’aborto e il servizio civile non è fondato. Il dovere di difendere la Patria grava su ciascuno di noi, in modi differenti a seconda di convinzioni, condizioni personali etc. Se non vuoi imbracciare il fucile, ti devi dare da fare per il tuo Paese in modo diverso: così era da intendersi l’obiezione di coscienza alla leva. Il dovere di praticare gli aborti invece grava solo sulla struttura ospedaliera non sul singolo medico. Quindi qualora questi rendesse noto che non è disponibile a praticare aborti non si sottrae a nessun dovere e di conseguenza non deve esercitare un’attività equipollente alla pratica abortiva. L’obiezione qui riafferma il principio costituzionalmente garantito di tutela della vita. È invece la pratica abortiva ad essere in contrasto con questo principio. La nota stonata dal punto di vista giuridico viene cantata dal non obiettore, non dal medico che obietta.
Infine richiamare l’obiezione di coscienza alla leva è un autogol. Sia perché allora venne concessa per tutelare i convincimenti morali e religiosi dei privati cittadini così come avviene proprio per l’obiezione all’aborto. Sia perché la scomparsa (più correttamente: la sospensione) della leva obbligatoria e dunque della relativa obiezione stanno a dimostrare che per il nostro ordinamento quando c’è di mezzo il valore della vita nessuno, se non in alcuni casi, può essere costretto a levare la mano contro un altro (dal punto di vista morale il discorso è più articolato e tale dovere a volte è predicabile). E se questo vale – in punta di diritto – per il nemico in guerra, cioè per l’ingiusto aggressore, a maggior ragione deve valere per il bambino innocente che è nel ventre della madre.