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La lettera

Che pena il Roma Pride

Otto punti programmatici, le solite volgarità e i soliti tentativi di inculcare l’ideologia Lgbt nelle menti, specie dei più giovani. Ecco il Roma Pride.

Giugno, uno dei mesi più belli dell’anno per la nostra fede in quanto dedicato al Sacro Cuore di Gesù e che segue quello mariano di maggio, viene volgarmente ridotto al cosiddetto “mese dell’orgoglio pride”.

Ed è così, che trovandosi per motivi di studio a Roma, si incappa nella faraonica e ributtante esibizione arcobaleno lungo le strade della città che si prepara ad accogliere nella giornata del 15 giugno il trentesimo corteo LGBTQIAK+: il “Roma Pride”.

Una società con «strumenti giuridici da medioevo oscurantista», dove «un fanatismo religioso indegno di un Paese laico» impedisce alle donne di decidere dei propri corpi, e un governo che agisce in modo ignobile, adottando le armi della censura, della discriminazione di Stato e della repressione violenta, inquina alla radice il tessuto sociale, lasciando segni indelebili nelle vite delle persone. Così si legge nei primi paragrafi del manifesto Politico Roma Pride 2024, pubblicato sul sito ufficiale del Roma pride che da trent’anni si preoccupa di «resistere orgogliosamente» per combattere le discriminazioni e un «passato oscuro».

Sicuramente non può mancare anche una presa di posizione circa il conflitto russo-ucraino, l’unico citato nel testo, al contrario – chissà perché – di quello israelo-palestinese. Ci si aspetta anche l’ennesima blasfemia come accade ogni anno in queste occasioni.

Sono otto i punti dei quali si faranno portavoce i manifestanti che oggi marceranno per le vie di Roma. Non è difficile immaginare l’elenco: matrimonio egualitario, famiglie arcobaleno, rispetto dell’autodeterminazione dell’identità di genere (persone trans, binarie e non binarie), soppressione delle terapie/pratiche di conversione, promozione e rispetto dell’educazione sessuale negli spazi sociali (quali scuole, università, sport, lavoro e istituzioni), diritto alla salute biopsicosociale, tutela dei diritti LGBTQIAK+, e abbattimento «di ogni forma di fascismo, razzismo e discriminazione».

Non ci sarebbe alcun motivo per riportare tale evento, se non per mettere in guardia da quello che sta caratterizzando la nostra società: un repentino cambiamento e un dilagare sempre più diffuso di ideologie che vanno a intaccare ogni ambito sociale. Basta vedere quali sono gli sponsor del gay pride (tra i quali marchi indirizzati a un pubblico anche infantile), senza contare l’appoggio di numerose ambasciate (sic!) oltre al Comune di Roma.

Nulla di nuovo: cantanti e politici – come l’europarlamentare del PD Brando Benifei che parteciperà nel talk di uno dei tanti appuntamenti del mese – si fanno portavoce del nuovo pensiero ideologico, inculcando nelle menti, soprattutto dei più giovani, una visione distorta della vita e del proprio essere.

È lo stesso meccanismo utilizzato nel periodo pandemico: una conformazione di massa che si estende a macchia d’olio, eliminando coloro che si dissociano dal sistema e dall’omologazione.

Roma oggi e tutte le altre città che si prostituiranno all’ideologia LGBT – la cui lobby detiene uno dei maggiori poteri di controllo nel mondo assieme a quella della massoneria – rappresentano il manifesto di ciò che vuole diventare la nostra società.

Se vogliamo difendere il diritto naturale, la dignità della persona e i nostri bambini, dobbiamo cominciare a contrastare quello che sembra un nemico invincibile, ma che in realtà – come hanno dimostrato le diverse concezioni del pensiero moderno – è destinato a perire e ad auto-contraddirsi in quanto fondato sul nulla.

Maria Bigazzi