Cattolici in Cina, un invito "politico" poco ortodosso
Dal punto di vista della Dottrina Sociale, la Lettera del Papa ai cattolici cinesi contiene un invito alla cooperazione anche politica con il regime cinese che suona in contrasto con la Dottrina sociale della Chiesa.
Nel Messaggio del papa ai cattolici cinesi, di cui mi sono già occupato (vedi qui) c’è un passaggio che riguarda direttamente la Dottrina sociale della Chiesa. Eccolo: “Sul piano civile e politico, i Cattolici cinesi siano buoni cittadini, amino pienamente la loro Patria e servano il proprio Paese con impegno e onestà, secondo le proprie capacità. Sul piano etico, siano consapevoli che molti concittadini si attendono da loro una misura più alta nel servizio al bene comune e allo sviluppo armonioso dell’intera società. In particolare, i Cattolici sappiano offrire quel contributo profetico e costruttivo che essi traggono dalla propria fede nel regno di Dio. Ciò può richiedere a loro anche la fatica di dire una parola critica, non per sterile contrapposizione ma allo scopo di edificare una società più giusta, più umana e più rispettosa della dignità di ogni persona”.
Il regime comunista cinese è un regime dittatoriale e ideologico, che non rispetta i diritti umani in molti ambiti, che ha condotto e conduce repressioni spietate, che porta avanti una globale politica di potenza, che non esita a mettere mano alla vita e alla famiglia. Inoltre è un regime che fa dell’ateismo la bandiera della propria politica, con forme evidenti di intolleranza religiosa e anche di persecuzione.
È vero che l’autorità viene da Dio, come insegna San Paolo, ma nel senso della legittimazione della vera autorità, non nel senso della legittimazione di ogni autorità, anche di quella falsa e immorale, la quale rimane priva di legittimazione. Quindi nei confronti di un regime come quello comunista cinese che tipo di adesione e partecipazione può dare un cattolico? Egli potrà impegnarsi per la sua gente, per la sua nazione, per il suo popolo … rimane però un grande problema impegnarsi politicamente, anzi rimane qualcosa di impossibile.
Il cattolico dovrebbe impegnarsi politicamente alla luce della Dottrina sociale della Chiesa che fa parte della missione stessa della Chiesa e quindi anche di quella cinese. Da questa, però, derivano dei principi di ordinamento della comunità politica che sono in contrasto con la società e la politica cinesi e che non ammettono collaborazioni. Come fa un cattolico collaborare con uno Stato ateo non solo d nome ma anche di fatto? Egli dovrà opporvisi.
Inoltre è dovere del vescovo insegnare e promuovere l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa nella sua diocesi. I vescovi della chiesa patriottica, una volta riaccolti nella Chiesa fedele a Roma, come potranno insegnare la Dottrina sociale della Chiesa che dice il contrario di cosa dice il partito che li ha nominati? I fedeli dove si formeranno per dare il proprio contributo al Paese?
Le espressioni di papa Francesco nel Messaggio ai cattolici cinesi sorvolano queste questioni. Chiedono una collaborazione anche politica ai cattolici cinesi nei confronti di uno Stato ateo. Quanto alla possibile opposizione, il tema viene molto sfumato parlando di “una parola critica” da dire verso il regime: ben poca cosa rispetto a quanto il regime è e fa di sbagliato. È come se nei confronti del comunismo in Unione Sovietica i papi di allora avessero detto di collaborare con quei regimi ed eventualmente di dire “una parola critica”. Sarebbe stato, evidentemente, troppo poco.
La cosa ci rimanda col pensiero alle due note affermazioni dell’Arcivescovo Marcelo Sanchez Sorondo, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, secondo il quale il governo cinese starebbe attuando al meglio la Dottrina sociale della Chiesa. Tutti coloro che in qualche modo si intendono di queste cose erano rimasti scandalizzati. Dire che un regime ateo sta attuando al meglio la Dottrina sociale della Chiesa equivale ad affermare che si può attuare al meglio la Dottrina sociale della Chiesa senza Dio o addirittura contro Dio. Una simile sciocca assurdità contrasta con tutto quanto il magistero ha insegnato. Eppure è stata detta dal Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ossia dell’organismo della Santa sede che si occupa di Dottrina sociale della Chiesa in modo scientifico. “Senza di Lui [di Dio] lo sviluppo o viene negato o viene affidato esclusivamente alle mani dell’uomo, che cade nella presunzione dell’auto-salvezza e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato” (Caritas in veritate, n. 11). L’Arcivescovo Sorondo ha negato questa elementare e fondamentale dottrina, e tuttavia è ancora al suo posto ove porta avanti una visione di Dottrina sociale della Chiesa contraria alla Dottrina sociale della Chiesa.
Rileggendo ora, dopo il Messaggio del Papa ai cattolici cinesi, quelle parole di Sorondo, viene da pensare che siano state dette per motivi politici, ossia per assecondare l’incontro e l’accordo con le autorità cinesi. Anche il papa, in fin dei conti, se togliamo il debole riferimento alla “parola di critica” che i cattolici potrebbero esprimere nei confronti del regime, propone di collaborare con uno Stato ateo. Sorondo ne aveva anticipato le motivazioni: perché esso sta realizzando al meglio la Dottrina sociale della Chiesa.