EDITORIALE
Cattolici e politica, qualcosa che viene prima
I tre princìpi non negoziabili - vita, famiglia, educazione - indicati dalla Chiesa appartengono al diritto naturale e sono il punto di partenza per tutti i cattolici.
Editoriali
16_12_2010
Proponiamo un brano tratto dal libro Perché la Chiesa ha ragione, di Luigi Negri e Riccardo Cascioli (Lindau 2010, pp. 224, Euro 16), che spiega perché è fondamentale che i cattolici in politica guardino anzitutto ai "princìpi non negoziabili". E' un utile contributo in questi giorni di crisi politica per comprendere che, prima delle formule di governo, quello che ci deve stare a cuore sono le fondamenta su cui vogliamo costruire il Paese.
Dobbiamo la definizione di “princìpi non negoziabili” a Benedetto XVI in uno dei suoi primi discorsi da pontefice. Precisamente l’occasione è stata offerta dall’incontro con i parlamentari del Partito Popolare Europeo, ricevuti in udienza il 30 marzo 2006. E’ una circostanza non secondaria perché il Papa non ha portato innovazioni dottrinali, ma ha reso esplicita e circostanziata la posizione tradizionale della Chiesa calandola nella situazione attuale dell’Europa, dove il relativismo imperante attacca i diritti fondamentali strettamente connessi con la natura dell’uomo e la sua dignità.
Nell’occasione Benedetto XVI ha indicato i tre princìpi non negoziabili che scaturiscono dalla tradizione della dottrina sociale della Chiesa, verificati nella storia delle nazioni: (…)
“- tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale;
- riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;
- tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.
Questi princìpi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità. L'azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa”. (…)
(…) La formulazione di princìpi non negoziabili era in realtà già presente nella Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno dei cattolici nella vita politica, che la Congregazione per la Dottrina delle Fede (presidente l’allora cardinale Joseph Ratzinger) pubblicò il 24 novembre 2002 con lo scopo di richiamare e specificare alcuni punti della dottrina sociale della Chiesa per quanti operano e vivono nelle società democratiche.
In particolare, il documento distingue tra scelte politiche contingenti nelle quali sono spesso “moralmente possibili diverse strategie per realizzare o garantire uno stesso valore sostanziale di fondo” (no. 3) e “principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno” (no. 4), dove “allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità”. La Nota parla in questo caso di “esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili”, davanti alle quali “i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona”. “E’ questo il caso – prosegue la nota - delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano. Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale. Così pure la garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile, riconosciuto tra l’altro nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani” (no. 4).
Dobbiamo la definizione di “princìpi non negoziabili” a Benedetto XVI in uno dei suoi primi discorsi da pontefice. Precisamente l’occasione è stata offerta dall’incontro con i parlamentari del Partito Popolare Europeo, ricevuti in udienza il 30 marzo 2006. E’ una circostanza non secondaria perché il Papa non ha portato innovazioni dottrinali, ma ha reso esplicita e circostanziata la posizione tradizionale della Chiesa calandola nella situazione attuale dell’Europa, dove il relativismo imperante attacca i diritti fondamentali strettamente connessi con la natura dell’uomo e la sua dignità.
Nell’occasione Benedetto XVI ha indicato i tre princìpi non negoziabili che scaturiscono dalla tradizione della dottrina sociale della Chiesa, verificati nella storia delle nazioni: (…)
“- tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale;
- riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;
- tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.
Questi princìpi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità. L'azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa”. (…)
(…) La formulazione di princìpi non negoziabili era in realtà già presente nella Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno dei cattolici nella vita politica, che la Congregazione per la Dottrina delle Fede (presidente l’allora cardinale Joseph Ratzinger) pubblicò il 24 novembre 2002 con lo scopo di richiamare e specificare alcuni punti della dottrina sociale della Chiesa per quanti operano e vivono nelle società democratiche.
In particolare, il documento distingue tra scelte politiche contingenti nelle quali sono spesso “moralmente possibili diverse strategie per realizzare o garantire uno stesso valore sostanziale di fondo” (no. 3) e “principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno” (no. 4), dove “allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità”. La Nota parla in questo caso di “esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili”, davanti alle quali “i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona”. “E’ questo il caso – prosegue la nota - delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano. Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale. Così pure la garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile, riconosciuto tra l’altro nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani” (no. 4).
In questo approccio c’è una questione di fondo che si deve sottolineare, e cioè che la dottrina sociale della Chiesa è il contenuto che vincola gli interventi che vengono fatti da persone e da gruppi. Vincola nel senso che costituisce l’ipotesi di lavoro, ipotesi valoriale alla luce della quale poi possono essere condotte tutte le analisi di carattere culturale e tutti gli interventi di carattere operativo.
Ciò che è fondamentale nell’impegno dei cattolici dunque non sta nell’analisi dei singoli e dei gruppi, dove si corre il rischio inevitabile di utilizzare i principi della dottrina sociale in funzione di valutazioni o interventi di carattere culturale, sociale e politico. Se non si tengono presenti i principi fondamentali che solo la Chiesa insegna e che non possono essere disattesi, allora sostanzialmente i valori fondamentali diventano i contenuti delle analisi, sono le scelte contingenti – sociali, culturali e politiche - che assumono il ruolo di valori fondamentali. Con il risultato di una disgregazione, che non solo rende equivoca la presenza dei cattolici in politica, ma fa sì che i contenuti degli interventi finiscano per essere irreformabili come la fede.
Così accade che all’interno della comunità ecclesiale coloro che fanno scelte operative, culturali e sociali diverse si combattono con una violenza accanita come se non ci fosse una base comune che precede queste differenze, che dà ragione di queste differenze, e che al limite potrebbe valorizzare queste differenze. Allora il catto-comunista considera quello del centro-destra come un non cristiano, quello del centro-destra considera il catto-comunista come un tradimento fondamentale della fede e la comunità si divide nella sua natura profonda, rischia di essere messa in crisi o divisa per valutazioni di carattere contingente. E questa divisione arriva fino ai vertici della gerarchia.
La grande lezione del Papa è proprio quella di richiamare a ciò che viene prima, ciò che fonda l’unità dei cattolici.
Ciò che è fondamentale nell’impegno dei cattolici dunque non sta nell’analisi dei singoli e dei gruppi, dove si corre il rischio inevitabile di utilizzare i principi della dottrina sociale in funzione di valutazioni o interventi di carattere culturale, sociale e politico. Se non si tengono presenti i principi fondamentali che solo la Chiesa insegna e che non possono essere disattesi, allora sostanzialmente i valori fondamentali diventano i contenuti delle analisi, sono le scelte contingenti – sociali, culturali e politiche - che assumono il ruolo di valori fondamentali. Con il risultato di una disgregazione, che non solo rende equivoca la presenza dei cattolici in politica, ma fa sì che i contenuti degli interventi finiscano per essere irreformabili come la fede.
Così accade che all’interno della comunità ecclesiale coloro che fanno scelte operative, culturali e sociali diverse si combattono con una violenza accanita come se non ci fosse una base comune che precede queste differenze, che dà ragione di queste differenze, e che al limite potrebbe valorizzare queste differenze. Allora il catto-comunista considera quello del centro-destra come un non cristiano, quello del centro-destra considera il catto-comunista come un tradimento fondamentale della fede e la comunità si divide nella sua natura profonda, rischia di essere messa in crisi o divisa per valutazioni di carattere contingente. E questa divisione arriva fino ai vertici della gerarchia.
La grande lezione del Papa è proprio quella di richiamare a ciò che viene prima, ciò che fonda l’unità dei cattolici.