Carceri piene, l'inganno dell'amnistia
Il problema delle carceri sovraffollate è gravissimo e ci costa una multa della Corte Europea. Il costo umano è ancora peggiore: 80 morti in prigione nel solo 2013. Risolverlo con un'amnistia o un indulto, però sarebbe un inganno.
Amnistia e indulto. Queste sono le parole più usate e abusate nel dibattito politico in questi giorni. Sono chieste dal presidente Giorgio Napolitano perché le carceri sono sovraffollate. Il problema non è secondario. Ha già provocato più di 80 morti nel 2013, di cui 19 per malattia, una ventina per cause ancora da accertare e tutti gli altri per suicidio: detenuti che non sopportavano più le condizioni di vita nel carcere e due ispettori di polizia che hanno deciso di farla finita.
Il quadro generale del problema è inquietante: ci sono quasi 20mila carcerati (le dimensioni di una città di provincia, come Cornaredo in Lombardia, o Adria in Veneto) senza posto letto, considerando che le “patrie galere” possono accogliere 47.615 persone e il numero di detenuti è attualmente arrivato a oltre 65mila. Il problema deve comunque essere risolto, se non per sensibilità umanitaria, almeno per ragioni di portafogli: un detenuto italiano ha vinto la sua causa per violazione dei diritti umani alla Corte Europea di Strasburgo, l’Italia è stata condannata. O si rimedia al problema, o son multe salate (oltre alla figuraccia di essere un Paese dell’Ue che viola i diritti umani).
La fretta di risolvere il problema induce il presidente a prendere provvedimenti drastici, quali amnistia e indulto. Ma è vera giustizia? Visto che le parole hanno un senso, come afferma una fonte non sospetta (Nanni Moretti), vediamo cosa significano. Amnistia è la cancellazione retroattiva di un reato. Tutti coloro che se ne sono macchiati, fino alla data stabilita dal decreto di amnistia, sono liberi. Coloro che commettono lo stesso reato il giorno dopo, però, finiscono dentro di nuovo. Non si può applicare a reati che comportano instabilità sociale, ma a quelli “bagatellari”, come sottolinea il presidente. Tuttavia, nell’ultima amnistia della storia italiana (1990) troviamo dei reati che molto “bagatellari” non sono, quali rissa, violazione di domicilio, resistenza a pubblico ufficiale o violenza o minaccia a pubblico ufficiale, violazione delle disposizioni sul controllo delle armi, reati commessi “a causa e in occasione di manifestazioni sindacali”. In pratica sono stati liberati i violenti delle contestazioni del ’78 e degli anni di piombo. E, da un punto di vista politico, l’amnistia è quel provvedimento che si applica proprio in occasione di cambi di regime, rivoluzioni o alla fine di una guerra civile, per perdonare il nemico. È il caso di applicarla per svuotare le carceri?
Passando all’indulto, da un punto di vista filosofico è un principio ancora più discutibile. Perché il reato commesso viene riconosciuto e riconfermato, ma la pena viene ridotta. Di fronte allo stesso delitto, si ammorbidisce il castigo, solo per una ragione di date: ne beneficia chi ha commesso reati prima della data stabilita dal provvedimento di indulto. È stato applicato per 25 volte nella storia della Repubblica Italiana, l’ultima nel 2006. Come ha funzionato? Male, a giudicare dall’attuale sovraffollamento delle carceri. Ha rimandato di soli 7 anni il problema. E nel frattempo ha fatto molti danni: nei primi 5 mesi dopo la liberazione, l’11,9% degli ex carcerati è tornato a delinquere. Il dato è considerato un “successo” dalle autorità, considerando che nei precedenti casi di indulto, il tasso di recidiva (di chi torna a commettere reati) era, in media, del 30%! A un anno dall’inizio dell’ultimo indulto del 2006, le rapine in banca sono comunque raddoppiate. Secondo i dati Istat, i crimini che aumentano più marcatamente a seguito degli indulti, oltre alle rapine in banca, sono: lo spaccio di stupefacenti (0,61 all’anno per detenuto), le frodi (5 all’anno per detenuto), i furti di autoveicoli (5 all’anno per detenuto), i borseggi (42 all’anno per detenuto) e persino gli omicidi (0,02 all’anno per detenuto). Non è politicamente corretto dirlo, ma l’indulto è un invito a delinquere. Sono questi freddi numeri che lo dimostrano.
Invece di attendere fino a beccarsi una condanna dalla Corte Europea, come si può risolvere realisticamente il problema del sovraffollamento delle carceri (prima di prendere la prossima multa)? Innanzitutto, se il problema è la mancanza di posti letto, si devono trovare più posti letto. È una risposta lapalissiana, ma nessuno ci pensa. Il senatore della Lega Nord Gian Marco Centinaio ha contato ben 40 istituti penitenziari totalmente vuoti che “potrebbero entrare in funzione in pochissimo tempo”. Il problema del sovraffollamento si può dunque risolvere, senza rischiare di mandare a spasso delinquenti e senza tirare in mezzo la scelta politica su quali reati abolire (ma solo fino a una certa data) con un’amnistia.
Il problema delle carceri inutilizzate è spesso legato alla mancanza di guardie carcerarie, soprattutto in un periodo di tagli e risparmi che riguardano anche la polizia. Ma quanti poliziotti abbiamo, in Italia? Ne abbiamo circa 1 ogni 200 abitanti, una delle più alte densità di forze dell’ordine al mondo, il doppio rispetto a quella degli Stati Uniti. È evidente che pochi si offrono volontari per far da guardia ai carcerati. Ma scegliere il mestiere del poliziotto dovrebbe implicare (più che un comodo lavoro di ufficio) anche l’assunzione di rischi, fra cui il contatto con gente poco raccomandabile in ambienti malsani. Insomma i mezzi, le strutture e il personale ci sono. Manca, evidentemente, la volontà di risolvere il problema.
Ma a parità di carceri e personale, possiamo rimettere in libertà persone innocenti. Perché, nelle carceri italiane sono rinchiusi ben 12.333 innocenti. Persone in attesa del primo giudizio, dunque innocenti fino a prova contraria. Non tutti sono sospettati di crimini così pericolosi da richiedere una custodia cautelare in un carcere. Se includiamo i carcerati in attesa di condanna definitiva, vediamo che lo sono circa il 43% del totale dei carcerati: erano 27mila nel 2012. Il nostro è un caso unico nell’Europa occidentale, due volte tanto la percentuale media di detenuti nelle stesse condizioni che si registrano in Francia e Spagna, tre volte tanto quelle che si registrano in Gran Bretagna e Germania. Ma qui si va a toccare un altro nervo scoperto: per liberare questi 12mila e passa innocenti (e 27mila che sono ancora sotto processo) servirebbe rimettere mano a una seria riforma della giustizia, accorciare la durata dei processi e rivedere le leggi sulla carcerazione preventiva. Ma la giustizia è riformabile?