Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL CASO

Cappato, la doppia lettura del Gip

Il Gip del caso Cappato ha deciso di non archiviare, ma di sentire in udienza il Radicale  e il pm per il caso dell'istigazione al suicidio di dj Fabo: e dopo o costringere al rinvio a giudizio o archiviare. Una posizione dalla doppia lettura, che strizza l'occhio sia ai pro life che ai Radicali. Come se il giudice volesse dire a entrambe le parti: «...Mettetevi nei miei panni...».

Editoriali 12_05_2017
Marco Cappato

Fabio Antoniani, conosciuto come Dj Fabo, morì il 27 febbraio scorso nella clinica elvetica Dignitas. Ad accompagnarlo in questo suo ultimo viaggio fu l’esponente radicale Marco Cappato che al ritorno in Italia si autodenunciò per il reato di aiuto al suicidio. I Pm di Milano, Tiziana Siciliano e Sara Arduini, qualche giorno fa chiesero al Gip l’archiviazione perché Cappato aveva semplicemente aiutato Antoniani ad esercitare un fantomatico diritto alla dignità, cioè il diritto a morire quando si ritiene la propria vita non più degna di essere vissuta.

Così si espressero i due Pm: “Il principio della dignità umana impone l’attribuzione a Fabiano Antoniani, e in conseguenza a tutti gli individui che si trovano nelle medesime condizioni, di un vero e proprio diritto al suicidio“. In buona sostanza una notitia criminis  arriva alle orecchie della pubblica accusa e questa fa orecchie da mercante, trasformando un delitto in diritto. Infatti per l’art. 580 del Codice penale aiutare un’altra persona a togliersi la vita è un reato, non certo un diritto.

Ieri il giudice per le indagini preliminari Luigi Gargiulo non ha né accolto la richiesta di archiviazione, né respinta. Ha solo temporeggiato, facoltà permessa dal codice di procedura penale. Ha cioè fatto sapere alle parti – gli avvocati di Cappato e la Procura – che per il tramite di un’udienza di discussione vuole acquisire da loro altre informazioni prima di pronunciarsi. Quindi l’appuntamento a tre è fissato per il prossimo 6 luglio. Poi il Gip deciderà se archiviare, disporre nuove indagini o chiedere alla Procura il rinvio a giudizio di Cappato. 

Se il dott. Gargiulo guardasse alla realtà dei fatti per quelli che sono, ovviamente la fattispecie rientrerebbe limpidamente nel reato di aiuto al suicidio. Per paradosso glielo dice lo stesso Cappato quando si è autodenunciato per quel crimine. E’ lui stesso – ovviamente con intento provocatore – a dirci non di aver assunto una condotta legittima, come asserito dai Pm, ma una illegittima. Altrimenti perché autodenunciarsi?

Ma arriviamo al quesito centrale: perché il Gip ha deciso di prendere tempo? Difficile dirlo e si rischia di fare il processo alle intenzioni (di un giudice poi). Però tentiamo.

Un primo dato. Il Gip non ha deciso l’archiviazione immediata, come invece avrebbero fatto molti altri suoi colleghi. Dunque questo potrebbe essere il segnale – ma il condizionale è d’obbligo – che Gargiulo non è il portabandiera dell’eutanasia sempre e comunque. Allora, di contro, perché non chiedere il rinvio a giudizio? Una possibile risposta potrebbe essere la seguente: in coscienza il Gip sa che Cappato dovrebbe finire in galera, ma non vuole parimenti finire lui nell’occhio del ciclone massmediatico – e forse disciplinare – nel caso in cui chiedesse il rinvio a giudizio. Chi tocca l’eutanasia muore.

Per cavarsela e tentare di dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte dunque vuole mandare un messaggio a doppia lettura. Ai pro-life è come se stesse dicendo: “L’eutanasia in Italia non è ancora un diritto e come vedete voglio torchiare un po’ il sig. Cappato. Non voglio prendere una decisione di questa portata alla leggera. Sono dalla vostra parte in fondo, ma mettetevi nei miei panni”. Ai pro-choice invece pare che voglia dire: “Non ho respinto l’archiviazione. Con l’udienza di luglio vi do solo l’opportunità per spiegare meglio le vostre motivazioni, così da renderle ancor più solide. In fondo sono dalla vostra parte, ma mettetevi nei miei panni”. 

Che la vicenda molto probabilmente andrà a finire come vogliono i Radicali è comprovato da due fatti. Ad indicarci il primo è l’avvocato Filomena Gallo, difensore di Cappato: “Quella di fissare un’udienza camerale prima di decidere se archiviare o andare avanti era una decisione nelle possibilità del giudice per le indagini preliminari e noi eravamo in attesa. È comunque un segnale positivo, perché significa che vuole approfondire”.

Anche la Procura si dice soddisfatta della decisione del Gip. Insomma se i radicali avessero fiutato il fumus dell’inizio di un contrattacco giudiziale di certo non si sarebbero detti soddisfatti, ma avrebbero gridato allo scandalo, promesso battaglia, etc. Il solito repertorio della Rosa nel pugno. Nulla di tutto questo invece. Significa che sanno che la vittoria è certa, solo un po’ dilazionata.

In secondo luogo il 6 luglio il Gip avrà di fronte non due parti avverse – Pm e avvocati di Cappato – ma due soggetti che stanno dalla stessa parte. In breve se tutti sono d’accordo di non sottoporre a processo Cappato perché proprio tu, caro dott. Gargiulo, vuoi romperci le uova nel paniere? Forti di questa supposizione radicali e Pm si presenteranno lieti in udienza.

Detto tutto questo, speriamo di sbagliarci – dato che le nostre solo mere supposizioni – e facciamo il tifo per il senso di giustizia che di certo anima l’operato del Gip Gargiulo.