Cambiare la società, l’utopia di Conte e dei comuni mortali
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Al congresso del suo partito, Giuseppe Conte ha detto più volte di voler «cambiare la società». Nulla di nuovo sotto il sole: da Robespierre a Marx a Berlinguer la storia è piena di slogan simili. In realtà, solo Uno è riuscito nell’impresa.
«Cambiare la società». Lo ha dichiarato più volte, e con forza, Giuseppe Conte durante il congresso del suo ex-MoVimento, ora partitino da zero virgola. Nelle intenzioni, sarebbe lo scopo della rinnovata entità politica. Ma cche vor di’? - avrebbe detto il comico Montesano. Con molta probabilità non lo sa nemmeno lui.
Per chi ha qualche anno sul groppone non sarà difficile ricordare analoghi slogan da parte di Berlinguer, Occhetto e compagnia comunista. Per la verità loro usavano un termine analogo ma diverso: «Trasformare». Così nei comizi. E la platea a spellarsi le mani; ciascun plaudente, tuttavia, intendendo cosa differente in base alle proprie esigenze. Però quei capi comunisti le idee le avevano chiare: trasformare la società in senso sovietico, il paradiso dei lavoratori. Ma Conte – direte voi – non ha un’ideologia. Infatti. Tanto per cominciare, è possibile che non riesca nemmeno a tenersi il logo 5stelle, che appartiene al fondatore Grillo, altro comico prestato alla politica. Un partitino contiano, dunque, senza una precisa ideologia. Cioè un pacchettino di voti da offrire a questo o a quello a seconda delle convenienze. Tutto qui. Mercimonio di sopravvivenza.
La tempesta quotidiana di informazioni cui il popolo è sottoposto dai media, ahimè, azzera la memoria, sennò le imprese degli apriscatole in Parlamento sarebbero state sufficienti alla loro sparizione con insulti appresso. Idem dicasi per Conte che è stato capo del governo nel periodo più buio della storia italiana postbellica. Ma sarà invece un altro Renzi, un quidam de populo che spunta dal nulla, ascende in gloria e potere, combina un casino a spese dell’erario e torna nella penombra. È la democrazia, bellezza.
Cambiare la società? Non c’è riuscito neppure Lenin, che la sua, di società, l’ha solo compressa con le cattive: sparito lui e i suoi successori, la molla è tornata alle dimensioni primigenie con un sospiro di sollievo planetario ed epocale. Lo stesso dicasi per tutti i grandi cambiatori sociali della storia, da Robespierre a Pol Pot: hanno solo cambiato, al ribasso, la demografia dei loro popoli. Le idee di Marx – ed erano idee, non fuffa grillina – sopravvivono, sì, in Cina. Ma quanto ne siano entusiasti i cinesi lo si vede dal fatto che il regime, per non sprofondare, ha dovuto “cambiare” non la società, ma sé stesso, diventando supercapitalista. Il marxismo, paradossalmente ma non troppo, è emigrato negli Stati Uniti, conquistando i liberal locali e, di riflesso, i loro plagiati dell’Unione Europea.
Se ne facciano una ragione tutti quanti: solo uno è riuscito nell’impresa, Gesù Cristo. Si ponga mente a com’era la “società” prima di Lui, a cominciare dalla schiavitù che persino il sommo Aristotele considerava normale e naturale. Solo che Gesù Cristo era, è, Dio. E sapeva com’è fatto il cuore dell’uomo, avendolo creato Lui. «Chi non raccoglie con Me, disperde» (Lc 11,23). Ipse dixit.