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ANCORA STALLO

Caccia a un governo, ovviamente ce lo chiede l'Europa

Qualora attese e incastri non dovessero realizzarsi, le urgenze economico-finanziarie (presentazione del Documento economico finanziario alla Commissione europea) e quelle legate alla nostra autorevolezza in Europa (Consiglio europeo di fine giugno a Bruxelles) prenderebbero il sopravvento.

Politica 10_04_2018

Alla vigilia del secondo e probabilmente tutt’altro che risolutivo giro di consultazioni di Sergio Mattarella per la formazione del nuovo governo, tornano in mente i versi di Montale Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo ciò che non vogliamo. In effetti ciascuna forza politica sembra solo preoccupata di dire dei no, di porre dei veti, di inserire ostacoli nel già arduo tentativo del Quirinale di sbrogliare la matassa della governabilità.

Di questo passo non si potrebbe che arrivare a un nuovo scioglimento delle Camere, ma per fare cosa? Se lo chiede, non senza inquietudini, il Capo dello Stato, se lo chiedono i partiti che pure navigano con il vento in poppa (Lega e Cinque Stelle), se lo chiedono i mercati e l’Unione europea.

Non è casuale che l’autorevole Financial Times proprio ieri, in un editoriale, abbia rivolto uno sguardo allo stallo dominante nel nostro Paese a più di un mese dalle elezioni. Sebbene i mercati, afferma il quotidiano della City, siano "rassicurati dalla presenza di Mattarella", l'Italia "non può difficilmente permettersi una paralisi prolungata". Per il giornale britannico "un governo di coalizione Cinque Stelle-Lega, liquidata prima delle elezioni come un'ipotesi troppo improbabile per meritare di essere contemplata, non è più, pertanto, inconcepibile" anche se "sarebbe un'alleanza difficile".

Stando alle dichiarazioni ufficiali di Lega e Cinque Stelle, attori principali sulla scena della formazione del nuovo governo, appaiono risicate le possibilità che il Presidente della Repubblica riesca a esercitare una moral suasion decisiva. Appare anzi alquanto remota la possibilità che il secondo giro di consultazioni si concluda con l’affidamento di un incarico, anche solo esplorativo. Nessuno dei due leader in campo, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ha voglia di bruciarsi e di certificare l’impossibilità di ottenere la maggioranza in Parlamento. In quel caso ben difficilmente uno dei due potrebbe essere re-incaricato in un terzo giro. Dunque la tattica attendista sembra quella maggiormente in voga in queste ore.

Ma attendere cosa? Anzitutto che i partiti più deboli, Forza Italia e Pd, si rendano maggiormente disponibili a qualsiasi tipo di formula politica, consentendo ai pentastellati o, in alternativa, ai leghisti di realizzare un governo con una maggioranza ampia (qualora, ovviamente, i due “vincitori” non si accordassero per un governo insieme). In secondo luogo che Di Maio e Salvini accettino un “Papa straniero” o comunque una figura terza, anche politica, non necessariamente tecnica, in grado di ottenere consensi trasversali e di accendere davvero i motori di questa legislatura. Poi c’è l’attesa delle elezioni regionali in Molise e Friuli Venezia Giulia, per le quali il centrodestra viene dato favorito. Scontata la vittoria del candidato leghista, Massimiliano Fedriga in Friuli, più in bilico tra Cinque Stelle e centrodestra la vittoria in Molise. In ogni caso, la sinistra appare nell’angolo e incapace di dare le carte.

Ma qualora tutto questo insieme di attese e di incastri non dovesse realizzarsi, le urgenze economico-finanziarie (presentazione del Documento economico finanziario alla Commissione europea) e quelle legate alla nostra autorevolezza in Europa (Consiglio europeo di fine giugno a Bruxelles) prenderebbero il sopravvento.

Mattarella ha lasciato filtrare la sua preoccupazione per l’impasse attuale, ma anche la sua determinazione a impedire che l’Italia si tuffi in una nuova campagna elettorale dagli esiti incerti proprio alla vigilia dell’estate, con tante questioni cruciali da affrontare in sede europea, in particolare la revisione del Trattato di Dublino sull’immigrazione, la discussione sul budget comunitario per i prossimi anni e la revisione dell’Eurozona.

Dando per assai probabile che anche questa settimana la crisi non si sblocchi, le categorie della flessibilità e della responsabilità inizieranno a dominare i sondaggi quirinalizi, per approdare a un governo istituzionale con un profilo politico basso ma con un’affidabilità piena, sia pure limitata nel tempo, al fine di affrontare le emergenze europee e di rivedere la legge elettorale in funzione degli equilibri usciti dalle urne il 4 marzo. Con l’introduzione di un premio di maggioranza alla lista vincente, si uscirebbe dall’equivoco di un multipolarismo sterile e paralizzante e si approderebbe forse a un bipolarismo tra Cinque Stelle e centrodestra (partito unico a quel punto?) con una sinistra impegnata a rigenerarsi e ricostituirsi su basi nuove.

E’ uno scenario che al momento nessuno dichiara di volere, ma che apparirà sempre più nitidamente all’orizzonte qualora ciascun partito rimanesse ancorato ai suoi piccoli interessi di bottega, senza guardare al bene comune, anzi puntando fin da ora a un successo alle prossime elezioni politiche, in ottobre o a maggio 2019.