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RAPPORTO SIPRI

Business del futuro: guerre in aumento, boom di vendite di armi

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Il proliferare dei conflitti e la lunga durata delle guerre a più alta intensità, in Ucraina e a Gaza, spingono la spesa militare. E le aziende di armamenti fanno affari d'oro, mai come in questo periodo. Lo rileva il rapporto Sipri.

Economia 07_12_2024
Un caccia IDF di Taiwan e le sue armi (La Presse)

Il proliferare e l’espandersi di guerre e crisi di sicurezza sta determinando negli ultimi anni un forte incremento degli acquisti di armamenti, un processo che ha subito una ulteriore accelerazione con lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina.

Nel 2023 i ricavi globali delle prime 100 aziende mondiali del settore Difesa hanno raggiunto i 632 miliardi di dollari, registrando un aumento del 4,2% rispetto al 2022, come ha certificato lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) in una recente classifica che attribuisce il fenomeno all'escalation di conflitti regionali, in particolare la guerra in Ucraina, e alle tensioni crescenti in Medio Oriente e Asia orientale.

Le 41 aziende statunitensi nella Top 100 continuano a dominare il mercato globale, rappresentando il 50% dei ricavi totali del settore con 317 miliardi di dollari, in crescita del 2,5% rispetto al 2022.

In controtendenza, i due principali produttori mondiali, Lockheed Martin e RTX (ex Raytheon Technologies), hanno subito un calo nei ricavi a causa di interruzioni nelle catene di approvvigionamento nei settori aeronautico e missilistico. Nan Tian, direttore del programma SIPRI, ha spiegato che queste aziende (produttrici di sistemi d’arma quali gli aerei F-35 ed F-16 e i missili Patriot), dipendenti da catene di fornitura complesse e internazionali, si sono rivelati particolarmente vulnerabili alle interruzioni degli approvvigionamenti di materie prime e componenti.

Le 27 aziende europee nella Top 100 hanno registrato ricavi complessivi di 133 miliardi di dollari, con un modesto aumento dello 0,2%. I produttori in Germania, Svezia, Polonia, Norvegia e Repubblica Ceca hanno beneficiato della domanda di munizioni e sistemi di difesa aerea legati agli ordini interni e a quelli a favore dell’Ucraina dovendo però affrontare tempi di consegna più lunghi a causa di elevati costi di materie prime ed energia, difficoltà di approvvigionamento di componenti e di una limitata capacità produttiva strutturale che ha compromesso la loro capacità di rispondere rapidamente all'aumento della domanda.

Nella classifica SIPRI la prima azienda europea del settore, la britannica BAE Systems, ha guadagnato il 2,3% mentre segno negativo hanno registrato nel fatturato per la Difesa il colosso franco-tedesco-spagnolo Airbus (mano 1,5%), l’italiana Leonardo (meno 11,4%) mentre la tedesca Rheinmetall ha beneficiato dei massicci ordini di mezzi corazzati, sistemi di difesa aerea e munizioni crescendo di oltre il 10%. «Lentezza nell'adattamento alle nuove esigenze e focus sull'adempimento di contratti preesistenti hanno limitato la crescita dei ricavi europei», ha spiegato Lorenzo Scarazzato , ricercatore SIPRI.

Le aziende russe hanno registrato gli aumenti più significativi, riflettendo la crescente domanda di armamenti alimentata dalla guerra in Ucraina e dai conflitti nella regione mediorientale. Rostec, conglomerato statale russo collocato al 7° posto nella classifica mondiale del SIPRI, ha registrato una crescita del 49,3% dei ricavi, trainata dalla produzione di armi e munizioni destinati allo sforzo bellico in Ucraina.

SIPRI non specifica però che le aziende russe hanno incrementato i ricavi grazie alle mega commesse delle forze armate nazionali impegnate sui fronti bellici ma hanno quasi azzerato gli utili, cioè i guadagni, poiché le commesse nazionali vengono pagate dallo Stato russo a un prezzo poco più alto di quello di costo. Cosa diversa per l’export all’estero, che consente ampi margini di profitto ma che in questi anni è stato sacrificato da Rostec per attribuire la massima priorità alla produzione per le forze russe.

In Medio Oriente sei aziende hanno visto un aumento complessivo del 18% nei ricavi, raggiungendo i 19,6 miliardi di dollari. Le tre aziende israeliane nella Top 100 hanno totalizzato un fatturato record di 13,6 miliardi di dollari, il valore più alto mai registrato, grazie alla crescente domanda interna ed estera legata alla guerra a Gaza. Le tre aziende turche presenti nella classifica hanno registrato un aumento del fatturato del 24%, raggiungendo i 6 miliardi di dollari.

Baykar, nota per la produzione di droni armati (UAV) come il Bayraktar TB2 e Akinci, ha registrato ricavi in crescita del 25% a 1,9 miliardi di dollari per il 90% grazie alle esportazioni ma anche agli investimenti di Ankara nella ricerca e sviluppo nell’ambito del programma teso a garantire l’autosufficienza nella produzione di armamenti.

In Asia e Oceania, dove la crisi di Taiwan nel Mar Cinese Meridionale e le tensioni con la Corea del Nord trainano la corsa al riarmo, il fatturato delle 23 aziende presenti nella Top 100 è cresciuto del 5,7%, raggiungendo 136 miliardi di dollari. Le quattro aziende sudcoreane hanno registrato una crescita impressionante del 39%, con ricavi pari a 11 miliardi di dollari, grazie alla domanda di sistemi missilistici e difesa aerea ma anche all’export di massiccio di aerei, carri armati e artiglierie anche sul mercato europeo.

Le cinque aziende giapponesi hanno registrato un aumento del 35%, per un totale di 10 miliardi di dollari, trainato dall'espansione del bilancio della Difesa nipponico.

Secondo il rapporto il settore è destinato a crescere ulteriormente nel 2024, con molte aziende che hanno avviato campagne di assunzioni di personale specializzato per soddisfare la crescente domanda globale. «La domanda di armamenti è in costante aumento e il settore si sta preparando per un'ulteriore espansione nel prossimo futuro», ha concluso Scarazzato.

Il mese scorso, in Italia il rapporto sul settore Difesa dell’area studi di Mediobanca, che ha esaminato 40 aziende multinazionali che rappresentano il 60% del giro d’affari globale del settore Difesa, nonché 100 aziende italiane, valuta che i ricavi saliranno del 9% alla fine di quest’anno, a un ritmo più che doppio rispetto a quello del Pil globale (+3,2%) con i gruppi europei in accelerazione rispetto ai big statunitensi.

Le guerre hanno spinto la spesa globale per la Difesa all’ammontare record di 2.443 miliardi di dollari nel 2023 con una crescita del 6,8% rispetto al 2022 (una cifra pari a 306 dollari a persona) e continueranno ad aumentare l’anno prossimo (+12%). Dallo studio di Mediobanca emerge la fotografia delle 100 maggiori aziende italiane della Difesa, con in testa Leonardo e Fincantieri entrambi a controllo pubblico, che ha generato utili netti cumulati nel triennio 2021-2023 pari a 4,5 miliardi e profitti record l’anno scorso per 1,6 miliardi (+11,2% sul 2021).

Il rapporto stima che il valore aggiunto attribuibile all’industria della Difesa è pari a circa lo 0,3% del Pil italiano nel 2023. Le 100 maggiori aziende italiane della Difesa, ognuna con fatturato maggiore di 19 milioni di euro e con una forza lavoro superiore alle 50 unità nel 2023, sono tipicamente dual use, ovvero produttrici di beni e servizi sia nel mercato civile che in quello della difesa e sicurezza.

Il loro fatturato aggregato, pari a 40,7 miliardi di euro nel 2023, non è quindi attribuibile interamente alla Difesa, ma solo in una porzione stimabile nel 49% del totale e pari a circa 20 miliardi (+6,6 per cento sul 2022 e + 14,7 per cento sul 2021). Anche per la forza lavoro, che ammonta complessivamente a oltre 181 mila persone nel 2023, la quota riferita alla sola Difesa e basata in Italia si stima si attesti a poco più di 54mila unità.