Burke: Cristo Re ci libera dalle ideologie e dall'apostasia
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La Regalità di Cristo sui cuori e sull'intera società ripristina la comunione originaria dell'uomo con Dio ed è la risposta alla crescente confusione nel mondo e nella Chiesa. Una sintesi dell'intervento del cardinale in apertura della Scuola di Dottrina Sociale organizzata dall'Osservatorio Van Thuân e dalla Bussola. Questa sera alle 21 potrete seguire sul nostro sito e sul nostro canale Youtube il video della lezione inaugurale.

Il culto a Cristo Re «non è una forma di ideologia», né «il culto di un'idea o di un'ideale», ma «la realtà dell'obbedienza alla Legge di Dio scritta nei nostri cuori e nella natura stessa di tutte le cose». E si esprime «soprattutto attraverso la Santissima Eucaristia, grazie alla quale la nostra missione regale in Lui è compresa, abbracciata e vissuta». È il nocciolo dell'intervento del cardinale Raymond Leo Burke su La Regalità sociale di Cristo: fondamenti teologici, che venerdì 21 marzo ha inaugurato il corso primaverile della Scuola Nazionale di Dottrina Sociale della Chiesa (organizzata dall'Osservatorio Cardinale Van Thuân e da La Nuova Bussola Quotidiana), dedicato a La Regalità sociale di Cristo e il magistero di Pio XI. Nel centenario della Quas primas. Realtà peraltro sempre proclamata dalla Chiesa «in accordo con la Divina Rivelazione e, soprattutto, con la parola di Cristo stesso», ha sottolineato Burke.
Per coglierne tutta la profondità, il cardinale ha preso le mosse dal motto di San Pio X «Instaurare omnia in Christo», tratto dalla lettera agli Efesini (1,10). Benedetto XVI spiegava che quell'instaurare «significa che nel grande disegno della creazione e della storia, Cristo si leva come centro dell'intero cammino del mondo, asse portante di tutto, che attira a Sé l'intera realtà» (5 dicembre 2012). «In breve», riassume Burke, «in Cristo si realizza il giusto ordine di tutte le cose, l'unione del cielo e della terra, come Dio Padre intendeva fin dall'inizio». Alla ribellione dei progenitori e al disordine che ne deriva fa da contraltare «l'obbedienza di Dio Figlio incarnato che ristabilisce, ripristina la comunione originaria dell'uomo con Dio e, quindi, la pace nel mondo».
Tra le “cause prossime” che nel 1925 spinsero Pio XI a istituire una specifica solennità liturgica di Cristo Re, con l'enciclica Quas primas, il Papa stesso menzionò il XVI centenario del Concilio di Nicea, che «definì e propose come dogma la consustanzialità dell’Unigenito col Padre e nello stesso tempo, inserendo nel Simbolo la formula "il suo regno non avrà fine", proclamò così la dignità regale di Cristo». Un ulteriore e non secondario impulso scaturì, in occasione di sei canonizzazioni da lui celebrate, dalle parole «Tu, Rex gloriae, Christe» cantate nel Te Deum a conclusione del rito. In particolare, tra quei nuovi santi, «l'eroica santità di Santa Teresa di Lisieux è la manifestazione più eclatante della trasformazione dei cuori e, quindi, della famiglia e della società in generale, che scaturisce inevitabilmente dal riconoscimento e dall'abbraccio della Regalità di Cristo». A distanza di un secolo, osserva Burke, «la situazione di ribellione a Cristo e alla Sua Legge, descritta da Papa Pio XI nel 1925, si è solo aggravata nel nostro tempo e tenta sempre più di infiltrarsi nella vita della Chiesa stessa e di corrompere la Sposa di Cristo, per condurla a una grave infedeltà, con un'apostasia dalla Fede Apostolica».
Esprimendo «la grande realtà della Regalità di Cristo come è sempre stata intesa nella Chiesa» (nelle menti, nelle volontà e nei cuori degli uomini), Pio XI affermava che essa non spetta soltanto alla sua divinità, ma che «è necessario rivendicare a Cristo-uomo nel vero senso della parola il nome e i poteri di re». Burke accenna quindi al rapporto tra la Regalità di Cristo e il Sacro Cuore: «in virtù dell'unione consustanziale del Cuore di Gesù – umano e divino – con il Cuore divino del Padre, Egli regna su tutti i cuori», e non come «un ideale a cui tutti sono chiamati ma che solo pochi possono raggiungere», bensì come «una realtà della grazia divina che aiuta anche il soggetto umano più debole e più provato a raggiungere un grado eroico di virtù, se solo collabora con la grazia divina». Così si manifesta «al massimo la nobiltà della natura umana», partecipando della stessa Regalità di Cristo – come ha ricordato San Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica Redemptor hominis – poiché servire il Re è regnare.
Questa Regalità «è, per sua natura, universale, cioè si estende a tutti gli uomini, al mondo intero», comprese le realtà temporali; né riguarda solo i singoli individui dal momento che, citando Pio XI, «uniti in società, non sono meno sotto la potestà di Cristo di quanto lo siano gli uomini singoli»; e nemmeno i soli popoli cattolici, ma «abbraccia anche quanti sono privi di fede cristiana, di modo che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo» (Leone XIII). In ogni circostanza «Cristo esercita la sua regalità attraverso la grazia dello Spirito Santo, che Egli riversa senza sosta e senza interruzioni nei cuori dei suoi fedeli».
Burke sottolinea che «la Regalità di Cristo sui cuori degli uomini è anteriore a qualsiasi Stato o governo», che semmai trarrà beneficio dalla «pratica della religione cristiana come essenziale per il giusto ordine». Così pure «i diritti fondamentali dell'uomo nella società – e non parlo del numero sempre crescente di cosiddetti diritti inventati per promuovere la secolarizzazione di tutta la vita – sono anteriori allo Stato, hanno il loro fondamento nell'analogia dell'essere, nella partecipazione dell'uomo all'Essere di Dio, alla sua Verità, Bellezza e Bontà». Essi precedono lo Stato perché «inerenti alla natura dell'uomo, maschio e femmina, che porta il singolo uomo e la singola donna al matrimonio e al suo frutto, la famiglia».
La dimensione sociale della Regalità di Cristo risiede nella natura sociale dell'uomo stesso: «l'anima individuale esiste sempre in relazione con Dio e con gli altri, a partire dalla famiglia fino allo Stato o alla nazione e al mondo» e «si manifesta nel modo più completo nel Sacrificio Eucaristico», che « è il mezzo più perfetto ed efficace per la trasformazione dei cuori umani attraverso l'unione con il Cuore di Cristo», che rende liberi dai sistemi politici e dalle ideologie. Di fronte alla «ribellione al buon ordine e alla pace (...) che porta il mondo e persino la Chiesa a una confusione sempre maggiore, alla divisione» si rivela ancora più necessario riconoscere e adorare Cristo come Re del cielo e della terra: «è la realtà della nostra dignità in Cristo e dell'alta missione insita in questa dignità», grazie alla quale siamo «dotati della grazia di trasformare non solo le nostre vite individuali e le nostre famiglie, ma anche l'intera società».
La Regalità sociale di Cristo. La Scuola di Dottrina Sociale nel solco di Pio XI
L’enciclica Quas primas di Pio XI fu pubblicata nel 1925 e fu fondamentale per definire la dottrina cattolica sulla Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. I cattolici non devono rinunciare a un ruolo pubblico, politico, nemmeno oggi. Questo il filo conduttore della Scuola di Dottrina Sociale nazionale che inizia il 21 marzo con la Prolusione del Cardinale Burke.
I martiri, testimoni della regalità di Cristo
Fin dagli inizi del cristianesimo i martiri hanno testimoniato la regalità di Cristo, resistendo a un potere totalitario in vista del Regno eterno. Il rapporto della fede con il mondo e la polemica Schmitt-Peterson. L’opposto dei martiri: l’Anticristo. Dal videoincontro di ieri con Luisella Scrosati.
La regalità di Cristo, un dilemma da risolvere
Dobbiamo guardare in faccia la realtà: oggi ricorre la festa di Cristo Re, ma sulla “Regalità di Cristo” ci si divide. Esistono infatti due interpretazioni teologiche diverse tra loro che si contraddicono sul punto fondamentale della regalità “politica” di Cristo: se essa esista o no. Per evitare spinosi problemi, la strada che viene seguita è di stemperare i toni della “regalità” e di affievolire le sue pretese. All’espressione si assegna un significato spirituale, oppure escatologico, oppure vagamente pastorale, ma non sociale e politico.
Quella disconosciuta regalità sociale di Cristo
Lo spostamento della festa di Cristo Re all'ultima domenica del Tempo ordinario (nella Forma straordinaria resta all'ultima domenica di ottobre) vuole sottolineare il suo significato escatologico. Ma così si è oscurata la regalità sociale di Cristo, evidentemente ritenuta anacronistica.