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Il dibattito

Botta e risposta sullo smartphone "proibito"

Un sacerdote ci scrive dissentendo rispetto all’editoriale della Bussola che critica la petizione con cui si chiede allo Stato di proibire lo smartphone sotto i 14 anni. Pubblichiamo la sua lettera e la nostra risposta.

Spett. Redazione, 

protesto vibratamente per l'articolo odierno di Andrea Zambrano (vedi qui) sul problema smarphone ai minori e relativa petizione. Trovo l'espressione "deriva da Stato etico" fuorviante, nel contesto ma anche in se stessa, dato che per noi cattolici la collettività vive di un'etica condivisa o non può dirsi tale. È vero che non è la legge a poter costituire e tantomeno sostituire la morale di un popolo, ma essa coopera potentemente al suo rafforzarsi o al suo indebolirsi. 

Sugli argomenti, trovo in questo caso facile ribattere all'ottimo Zambrano che un'azione doverosa e sospirata dello Stato in questo campo non andrebbe a sostituire, ma a facilitare e coadiuvare la necessaria opera educativa dei genitori. Una cosa non esclude l'altra, come invece l'articolo suggerisce. 
 
Da sacerdote e confessore ho trovato gravemente superficiale la prospettiva adottata dall'articolo su un problema di rilevanza enorme per lo sviluppo morale dei giovani.
 
Che lo smartphone non debba essere messo in mano ai minorenni (non solo ai minori di 14 anni) dovrebbe essere ovvio per qualsiasi genitore, cattolico o meno, ma poiché non lo è affatto, ben venga l'intervento salutare dello Stato. E ben venga la petizione in tal senso, che se non altro contribuirà al dibattito e alla formazione delle coscienze su un argomento decisivo per il bene comune e per la salvezza delle anime. 
Cordialmente, 
don Mattia Tanel 
 
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Caro don Mattia, accolgo la tua protesta. La mia riflessione partiva dal fatto che la gestione del cellulare chiama in causa direttamente il problema dei genitori. Un intervento dello Stato non farebbe altro che lasciare i genitori nella loro incapacità di essere educatori, lasciando quindi il problema irrisolto. Cioè: non risolverebbe il problema a monte, che è quello dei genitori incapaci di essere educatori per il bene dei loro figli. Nelle cose educative, quando si è di fronte a una sconfitta non sempre l'intervento correttivo dello Stato può essere utile o positivo. Sulla base di questo assunto lo Stato può decidere al posto dei genitori anche su molte altre questioni, umiliando il loro primato educativo. 
Cari saluti,
Andrea Zambrano