Boldrini non lo sa, ma ha offeso sei paesi africani
Presentando il suo libro Lo sguardo lontano, la terza carica dello Stato italiano ha fatto affermazioni che sfiorano l'incidente diplomatico: "chi viene qui fugge da una storia di guerra e violazione dei diritti". Ma gli immigrati più recenti arrivano da sei paesi africani in cui non c'è né guerra, né violazione dei diritti.
Rasentano l’incidente diplomatico le parole del Presidente della Camera Laura Boldrini se davvero, in occasione della presentazione del suo libro Lo sguardo lontano, svoltasi il 14 aprile al Tempio di Adriano, ha detto quel che riportano diversi mass media: “chi viene qui fugge da una storia di guerra e violazione dei diritti. Chi arriva da noi non ha scelta, l’Italia ha degli obblighi secondo la Convenzione di Ginevra, li sta rispettando con uno sforzo notevole”.
Sono dichiarazioni che rasentano l’incidente diplomatico perché quasi tutti i paesi di origine degli immigrati che sbarcano in Italia potrebbero risentirsi e presentare proteste ufficiali più che giustificate per l’immagine negativa che ne viene data dalla terza carica dello stato italiano.
Prendiamo i protagonisti della tragedia del 16 aprile: i passeggeri dell’imbarcazione da cui 12 cristiani sono stati purtroppo gettati in mare. Quasi tutti provenivano da Senegal, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Mali, Ghana e Nigeria. Ebbene, solo Nigeria e Mali presentano situazioni seriamente problematiche: la Nigeria nei tre stati del nord est in cui operano i jihadisti Boko Haram, il Mali nel nord, non ancora del tutto al sicuro dalla minaccia dei gruppi jihadisti – Aqmi, Mujao e Ansar al Din – che nel 2012 lo avevano conquistato.
Tuttavia la Nigeria dal 1999 ha chiuso l’era delle dittature militari. Da allora vi si tengono regolari elezioni. Le ultime presidenziali e parlamentari, svoltesi il 28 marzo senza incidenti né contestazioni, sono state celebrate come un esempio di partecipazione democratica, portato a modello per tutto il continente: “abbiamo dimostrato al mondo – esultava il 1° aprile l’arcivescovo della capitale Abuja, il cardinale John Olorunfemi Onaiyekan – di aver abbracciato la democrazia. Possiamo camminare a testa alta”.
Il Mali ha ripristinato la democrazia dopo il golpe del 2012. Il suo governo ha lanciato nel 2014 una campagna per convincere i propri cittadini a non emigrare, preoccupato in particolare di evitare che partano giovani e bambini. Grandi manifesti stradali proclamano: “il nostro Eldorado è qui”. Nell’agosto del 2014 il ministro dei maliani all’estero era a Lampedusa per identificare e riportare a casa due bambini costretti a emigrare dalle famiglie.
Quanto agli altri paesi, in Senegal le ultime elezioni generali si sono svolte nel 2012, monitorate da ispettori dell’Unione Europea che hanno giudicato le operazioni di voto e di spoglio delle schede regolari e trasparenti. Anche la Costa d’Avorio è stabile e sostanzialmente in pace, dopo un decennio di guerra civile e il drammatico voto del 2011. Si terranno quest’anno le elezioni generali: test della tenuta democratica del paese. La Guinea Bissau, dopo il colpo di stato del 2012, ha completato la promessa transizione democratica con le elezioni presidenziali e parlamentari svoltesi nel 2014 in un clima pacifico, con una buona affluenza, giudicate positivamente dagli osservatori inviati da Nazioni Unite, Unione Africana ed Ecowas, la Comunità economica dei paesi dell’Africa Occidentale. In nome della pace e della stabilità il candidato alla presidenza sconfitto ha riconosciuto la vittoria dell’avversario, José Vaz. Per finire, il Ghana è ormai da decenni considerato un modello di buon governo e di democrazia, grazie a una serie ininterrotta di confronti elettorali svolti senza tensioni.
Vi è da aggiungere che, sebbene gli entusiasmi degli osservatori internazionali che periodicamente prevedono performance economiche sbalorditive da parte dei “leoni africani” siano eccessivi, quasi tutte le economie africane sono in espansione. Esistono gravi ostacoli strutturali, culturali, sociali allo sviluppo, corruzione e malgoverno sprecano immense risorse umane e naturali: ma non riescono a fermare la crescita economica, dovuta in parte alla vendita di materie prime, in parte alle rimesse degli emigranti, ma in parte al moltiplicarsi di opportunità di lavoro sia nel settore moderno sia in quello informale. In Africa per il 2015 si prevede un incremento medio del PIL del 4%: mezzo punto in meno rispetto al 2014 a causa del calo del prezzo delle materie prime. La crescita del PIL nel 2014 è stata del 7% in Nigeria, del 5,9% in Mali, del 4,5% in Senegal, dell’8,5% in Costa d’Avorio, del 2,6% in Guinea Bissau e del 4,5% in Ghana. In tutti questi paesi i risultati del 2014 confermano le tendenze positive degli anni precedenti: in Costa d’Avorio, per esempio, l’incremento del PIL è stato del 10,7% nel 2012 e dell’8,7% nel 2013.
Quella diretta verso l’Italia – pare abbia affermato ancora il Presidente Boldrini il 14 aprile – “non è una migrazione economica”. Su questo le si può dare in parte ragione, ma non perché, come ha dichiarato, “chi vuole lavorare va nel Golfo”.