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MEDIO ORIENTE

Blinken rinnova la relazione speciale fra Usa e Israele

Il viaggio mediorientale del Segretario di Stato americano Antony Blinken si è concluso dopo i colloqui con Netanyahu e con Abu Mazen. Critica alla politica di insediamenti e annessioni israeliana e anche alla violenza palestinese. Ma come dimostrano le esercitazioni comuni, la visita ribadisce la relazione speciale fra Usa e Israele.

Esteri 03_02_2023
Blinken in Israele

Cala il sipario sulla visita del Segretario di Stato americano, Antony Blinken, in Medio Oriente. Prima di partire dall’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, ha voluto rimarcare la posizione degli Stati Uniti, sulla questione mediorientale, il cui obiettivo è quello di sempre: far cessare le tensioni tra israeliani e palestinesi, ma riconoscendo che i gravi incidenti della scorsa settimana, sono un campanello d’allarme per la sicurezza dell’intera regione. Blinken ha messo in evidenza che la soluzione dei “due popoli, due stati” sarebbe la meno «dannosa per la sicurezza e per la difesa dell’identità di Israele, come stato ebraico e democratico», aggiungendo che «gli Stati Uniti continueranno ad opporsi a tutto ciò che potrà allontanare tale obiettivo, comprese le espansioni degli insediamenti, la legalizzazione degli avamposti illegittimi costruiti dagli ebrei ortodossi, le mosse verso l'annessione della Cisgiordania, le interruzioni dello storico status quo nei luoghi santi di Gerusalemme, oltre alle demolizioni delle case come pressione sul popolo palestinese».

Lo scorso martedì, il Segretario di Stato americano, incontrando a Ramallah il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, ha espresso il suo «dolore per le vittime innocenti palestinesi, nell'escalation della violenza dell'ultimo anno». Ma Blinken ha usato anche parole di condanna per quanto accaduto in varie città della Palestina, dopo la morte dei sette israeliani e il ferimento di altri venti davanti alla sinagoga di un quartiere di Gerusalemme Est. Strage che seguiva quella di Jenin, in Cisgiordania, il campo profughi nel quale l’esercito israeliano ha ucciso nove palestinesi, tra cui una donna anziana e ferendone venti. Ma il Segretario di Stato, né a Ramallah, con Abu Mazen, né a Gerusalemme con Benjamin Netanyahu, ha fatto riferimento alla giornalista di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh, una cittadina statunitense colpita a morte lo scorso anno dalle forze israeliane mentre documentava gli scontri tra esercito israeliano e miliziani palestinesi, nello stesso luogo della recente strage in Cisgiordania. «Sia i palestinesi che gli israeliani stanno sperimentando paura e insicurezza nelle loro abitazioni, nelle loro comunità e nei loro luoghi di culto», ha affermato Blinken.

Abu Mazen dal canto suo ha riferito, al massimo rappresentante della politica estera americana, che «Israele è responsabile del recente aumento della violenza», ma non ha usato parole di condanna per la recente sparatoria di Gerusalemme ad opera di un palestinese di Gerusalemme Est. L'anziano leader si è anche lamentato come la comunità internazionale stia trascurando la “questione palestinese”, favorendo, in tal modo, la politica repressiva ed espansionista del Governo israeliano, che acconsente la realizzazione di nuovi insediamenti, l'espropriazione di terre, la violenza quasi quotidiana dei coloni, le incursioni dell'IDF, l'esercito israeliano nelle città palestinesi e la demolizione di case. Blinken ha dichiarato ai giornalisti che ha assicurato ad Abu Mazen che gli Stati Uniti continueranno ad opporsi a questa politica israeliana in Cisgiordania e Gerusalemme Est: «Palestinesi e israeliani devono prendere provvedimenti per prevenire un'ulteriore escalation della violenza e riportare la calma su tutto il territorio».

Ma qual è il bilancio di questa visita in Medio Oriente? I pareri sono discordanti. Se da una parte Yara Hawari, analista senior indipendente e transnazionale di Al-Shabaka, The Palestine Policy Network, la cui missione è educare e promuovere il dibattito pubblico sui diritti umani dei palestinesi e sull'autodeterminazione nel quadro del diritto internazionale, ha definito la visita di Blinken “insignificante”, "deludente" e "ripetitiva", aggiungendo che «in effetti, la sua visita è stata da manuale, allorquando ha ribadito il fermo sostegno degli Stati Uniti al regime di apartheid israeliano e ha elogiato la cosiddetta relazione speciale USA-Israele»; dall'altra,  Shalom Lipner, ricercatore e analista statunitense dell’Atlantic Council, ha precisato che il viaggio è stato molto positivo, in quanto ha rafforzato i legami tra gli Stati Uniti d'America e Israele, nonostante il fatto che «la nuova leadership israeliana includa dei ministri, rappresentanti di partiti che, secondo molti analisti, vogliono mettere in pratica politiche razziste, omofobe e misogine».

Va sottolineato, dunque, che i contatti tra Blinken e Netanyahu sono stati tutt'altro che ordinari. Lo dimostra il fatto che la scorsa settimana, infatti, si è svolta una tra le più importanti esercitazioni militari tra le forze statunitensi e israeliane, fornendo un segnale molto forte di un solido coordinamento bilaterale nella lotta alla minaccia del programma di armamento nucleare iraniano. Ed ancora, nei giorni scorsi, alcune strutture militari iraniane sono finite sotto un bombardamento di droni non identificati. Un attacco, questo, che dimostra la piena collaborazione tra la CIA, l'agenzia di spionaggio americana, e il Mossad, i servizi israeliani. L’attacco attraverso i droni è avvenuto ad Isfahan, nel centro dell’Iran. I materiali esplosivi, utilizzati per l’incursione, sono entrati in Iran attraverso il Kurdistan iracheno su ordine di un'agenzia straniera. Gli Stati Uniti, attraverso il portavoce del Pentagono, hanno dichiarato di non essere coinvolti e che probabilmente dietro a quell’operazione c’è il Mossad a difesa della sicurezza di Israele. Tutto questo comprova come Israele e Stati Uniti sono sempre più uniti nella politica medio-orientale.