ANTICIPAZIONE
Bioetica, i tre princìpi sulla dignità della persona
A due anni dalla pubblicazione, l'istruzione Dignitatis Personae rivela la sua attualità.
Cultura
15_01_2011
Trascorsi poco più di due anni dalla sua pubblicazione, il documento Dignitatis Personae rivela la sua attualità, direi quasi profetica tenuto conto sia del conferimento del Nobel per la medicina a Robert Edwards, l’ideatore della fecondazione in provetta, sia dei progressi scientifici e clinici ottenuti grazie alle staminali adulte, cioè non embrionali.
Innanzitutto è necessario soffermarsi sul valore magisteriale di Dignitatis Personae: si tratta di una «istruzione di natura dottrinale» (n. 1), emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede e approvata espressamente dal sommo pontefice. È quindi un documento che partecipa «al Magistero ordinario del Successore di Pietro» (Istruzione Donum Veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, 24 maggio 1990, n. 18; cf. C.I.C. Can. 360-361; PAOLO VI, Costit. Apost. Regimini Ecclesiae universae, 15 agosto 1967, AAS 59 (1967) 897-899; GIOVANNI PAOLO II, Costit. Apost. Pastor Bonus, 28 giugno 1988, AAS 80 (1988) 873-874.). Quindi, è un atto del magistero ordinario del papa che va accolto da parte dei fedeli con «l’assenso religioso del loro spirito» (n. 37).
Lo scopo dell’Istruzione è triplice:
1) aggiornare (n. 1) la precedente istruzione su problemi simili, cioè il documento Donum Vitae del 22 febbraio 1987, visto il rapidissimo sviluppo delle scienze biomediche;
2) formare rettamente la coscienza dei fedeli e di «tutti coloro che cercano la verità» (cf. n. 3 e 10) in un campo che riguarda non solo alcune tecniche biomediche, ma che incide profondamente sul modo con cui viene considerata la stessa vita umana e il ruolo insostituibile del matrimonio nella trasmissione della vita. L’Istruzione non vuole intervenire «nell’ambito della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato» (n. 10), proprio perché l’attività biomedica ha delle ricadute sul modo di vedere la vita umana. Inoltre, il documento vuole anche incoraggiare una ricerca biomedica che sia veramente rispettosa della dignità di ogni essere umano e della procreazione, auspicando «che siano molti i cristiani a dedicarsi al progresso della biomedicina e a testimoniare la propria fede in tale ambito» (n. 3);
3) «elaborare una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita» (n. 3). La proposta di questa visione integrale della persona umana è attinta « alla luce sia della ragione sia della fede» (n. 3).
La Prima Parte tratta di alcuni principi, sia di ordine razionale-filosofico, che di ordine rivelato.
1) L’essere umano di età embrionale «ha la dignità propria della persona».
Testualmente leggiamo: «La realtà dell'essere umano per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non consente di affermare né un cambiamento di natura né una gradualità di valore morale poiché possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. L’embrione umano, quindi, ha fin dall’inizio la dignità propria della persona» (n. 5). Mentre i documenti precedenti, come Donum Vitae, non avevano voluto impegnarsi in un’affermazione di indole filosofica, Dignitatis Personae compie un passo avanti in modo deciso e sotto questo aspetto rappresenta una innovazione positiva.
2) L’origine della vita umana ha il suo autentico contesto nel matrimonio e nella famiglia.
Ciò significa che l’ambito degno e adeguato alla generazione di un uomo è l’atto coniugale tra due sposi, atto con il quale essi si donano vicendevolmente e totalmente (cf. n. 6). L’atto sponsale coinvolge i coniugi nella totalità e nella reciprocità delle loro persone: ed è proprio in questa relazione interpersonale che può realizzarsi la chiamata all’esistenza di una nuova vita umana. Dal dono delle persone scaturisce il dono della vita: «L’atto coniugale esprime simultaneamente l’apertura al dono della vita: è un atto inscindibilmente corporale e spirituale. È nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre» (Donum Vitae B4). Per questo tale atto non può essere delegato a terzi, consegnato alle mani di estranei o essere ridotto ad una pura sequenza di atti tecnici, come accade ad esempio nella fecondazione extracorporea.
3) Ogni essere umano ha una pari dignità.
«Per il solo fatto d’esistere, ogni essere umano deve essere rispettato. Si deve escludere l’introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute» (n. 8). Viene affermata l’uguale dignità di ogni essere umano per il semplice fatto di essere venuto alla esistenza. Davanti a questo principio, passano in secondo ordine l’intelligenza, la bellezza, lo stato fisico, l’età, la razza o la condizione sociale: il punto determinante è la vita che viene posta in essere; vita che, fin dall’inizio, è contrassegnata come umana e che in forza di questo deve essere rispettata da tutti, sempre e senza alcuna eccezione. Il principio di uguaglianza tra gli uomini non è solo un dato di ordine razionale, ma anche di ordine rivelato: infatti ogni uomo è «creato a immagine e somiglianza di Dio e in ognuno si riflette in ogni fase della sua esistenza il volto del suo Figlio Unigenito» (n. 8).
In realtà questi tre principi non negoziabili mettono in luce tre beni fondamentali e indisponibili, che vanno sempre perseguiti pena il degrado della dignità umana di qualcuna delle persone coinvolte.
Questi tre beni sono:
a) il riconoscimento della dignità di persona ad ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, con la conseguente soggettività del diritto alla vita e alla integrità fisica;
b) l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre solo l’uno attraverso l’altro;
c) i valori specificatamente umani della sessualità, che «esigono che la procreazione di una persona debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi» (n. 12).
I tre principi e la promozione di questi tre beni costituiscono i criteri determinanti per valutare la bontà o la malizia morale di alcune attività umane in ambito biomedico, attività cui sono dedicate la Seconda e la Terza Parte dell’Istruzione.