Biden che si vanta del ritiro da Kabul è indifendibile
Joe Biden vanta, nei suoi discorsi, la decisione di aver posto fine alla guerra in Afghanistan. Ma sono sotto gli occhi di tutti le scene del disastro. Probabilmente, nella sua retorica, Biden si avvale dell'aiuto dello scienziato comportamentale Sunstein, teorico del "nudge". Ma al di là della retorica gli americani vedono la realtà e il presidente ha perso credibilità.
La Guerra in Afghanistan è finita. Lo sappiamo perché il presidente Joe Biden lo ha detto in molti suoi discorsi recenti. In sostanza, ha detto agli americani che porre termine a questa guerra dopo 20 anni lo ha reso un grande personaggio storico. Ma davvero?
Le dimensioni e la velocità della caduta dell’Afghanistan, la fuga dal Paese del presidente, il collasso di un esercito che è stato formato in 20 anni, l’abbandono di elicotteri, di equipaggiamento sofisticato e di interi depositi di armi e la presa del potere da parte dei Talebani in pochi giorni, hanno lasciato sbalordito il mondo intero. La ritirata, non pianificata e caotica, degli americani e degli afgani che hanno lavorato con gli americani è stata così frettolosa da lasciare l’impressione che Biden stesse prendendo gli ordini dai Talebani che volevano cacciare gli americani e gli altri entro il 31 agosto. E Biden ha obbedito.
Quando Biden ha preso la decisione di lasciare l’Afghanistan, ha detto che le nostre truppe sarebbero state ritirate entro l’11 settembre. Come minimo, si è trattato di una scelta poco felice della data, agli occhi degli americani, specialmente per i newyorkesi che hanno patito la perdita delle Torri Gemelle e della vita di circa 3mila persone che avevano l’unica colpa di essere al loro posto di lavoro.
Nei suoi discorsi, con grande orgoglio, Biden ha dichiarato di aver assunto la piena responsabilità per aver posto fine alla guerra, utilizzando l’espressione, molto inflazionata dai presidenti “the buck stops here” (espressione del poker per cui un giocatore smette di passare ad altri e fa la sua giocata, assumendosene le responsabilità, ndr). In tutti i discorsi preparati, ha mostrato la sua notevole capacità di leggere il gobbo, poi non risponde alle domande dei giornalisti, oppure li chiama in base a una lista di nomi che “mi è stata data”.
Ogni volta che il presidente parla, passa all’offensiva, sottolineando quali eroiche decisioni abbia preso. I Repubblicani e molti Democratici si permettono di dissentire. Andarsene dall’Afghanistan è stata una calamità, un disastro, un’umiliazione per gli Stati Uniti. Dopo 20 anni, gli uomini diabolici che hanno permesso gli attacchi dell’11 settembre contro gli Stati Uniti, sono tornati al potere.
Non doveva finire così. Vero è che l’idea di lasciare l’Afghanistan era nata per iniziativa del presidente Donald Trump. Biden avrebbe potuto ripudiarla. Dopo tutto, Biden ha smantellato molte delle politiche del predecessore. Basti vedere alle misure pro-life che Trump aveva messo in piedi e che sono state tutte cancellate. Ma in questo caso, no: ha fatto sua la decisione del ritiro e l’ha portato a termine alla sua maniera.
Nelle conferenze stampa, Biden ha coerentemente assunto toni aggressivi. Non è mai stato sulla difensiva. Prima di tutto ha premiato se stesso, considerando il ritiro delle truppe americane da un Paese devastato dalla guerra come una grande vittoria personale. Dopotutto gli americani lo volevano. Sì, ma non nel modo caotico che abbiamo visto. Secondo, non ha ascoltato rapporti urgenti dell’intelligence diplomatica, inviati dall’ambasciata statunitense di Kabul, che lo avvertivano dell’imminente disastro. Ce n’erano molti così. Potrebbe non averli letti del tutto. Si è semplicemente fidato del suo giudizio.
Gli americani, a un certo punto, potrebbero anche chiedersi: perché mai sta prendendo questa posizione? Perché parla in questo modo? Perché non riconosce la realtà? Il contenuto dei discorsi pubblici di Biden rientra nel concetto di “nudge”, la "spinta". La “spinta” è tutto ciò che persuade la gente ad accettare il tuo punto di vista, il tuo pensiero e le tue idee. È un concetto tipico delle scienze comportamentali.
Capita che un esperto e promotore del “nudge” sia attualmente membro dell’amministrazione Biden. Non è altri che Cass Sunstein, marito della direttrice di UsAid Samantha Power. Sunstein è stato insignito di un alto grado nel Dipartimento della Sanità, nominalmente con il compito di affrontare le questioni legate all’immigrazione. O almeno così è stato dichiarato. Sunstein può essere una vecchia conoscenza di Biden, dal momento che aveva lavorato per la Casa Bianca per diversi anni (2009-2012) durante l’amministrazione Obama-Biden, come amministratore dell’Ufficio informazioni e questioni regolamentari.
Sunstein che è coautore di un libro (recentemente ripubblicato) sul “nudge”, pochi mesi fa ha scritto un articolo che, sebbene non citi espressamente il caso dell’Afghanistan, almeno rivela come l’impiego delle scienze comportamentali permei l’intera opera del governo federale. L’articolo La fede di Biden nelle scienze comportamentali sarà ripagato, parla del precedente ruolo di Sunstein alla Casa Bianca e rivela come abbia aiutato a diffondere il concetto di “nudge” e come Biden, da presidente, lo stia attivamente promuovendo.
“Spinta” o no, la gente vede quel che sta accadendo. L’evidenza di quel che avviene in Afghanistan continua ad essere deprimente e non viene accettata l’auto-celebrazione di Biden. Gli eventi pubblici di Biden sono accuratamente organizzati per compensare un presidente dalle capacità cognitive ridotte. Le sue condizioni, sebbene evidenti, non sono mai neppure menzionate dalla stampa mainstream. Talvolta alcuni dei suoi commenti più confusi vengono censurati. Ci si può chiedere quali delle politiche siano veramente sue e quali, invece, emergano dalla vasta burocrazia governativa e dal suo specifico programma.
Vista l’esperienza con l’Afghanistan, Biden ha perso credibilità, coerenza e competenza. Una deputata repubblicana, Claudia Tenney, di New York, ha presentato una mozione di impeachment per il presidente Biden. Tuttavia, non ha praticamente alcuna possibilità di farla approvare. Nell’improbabile caso che vada a buon fine, sarebbe la vicepresidente Kamala Harris a prendere il suo posto. Data la sua esperienza e i suoi valori, anche questo sviluppo sarebbe “indifendibile”.