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il vescovo in tribunale

Battaglia, che autogol: non convince il giudice sul danno subito

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Nell'udienza di martedì, il vescovo di Napoli non ha fornito motivazioni della paventata lesione della personalità subita dalla creazione di una pagina Facebook a suo nome, poi modificata. Il processo contro il fedele va verso l'assoluzione dell'imputato e Battaglia rischia l'autogol. 

Ecclesia 12_01_2024

L’arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia ha un mese di tempo per trovare qualche elemento per convincere il giudice che il signor Giacomo Onorato ha commesso il reato di lesione del diritto di personalità fondando la pagina Facebook Gli amici di don Mimmo Battaglia prete sulla strada con i fratelli. Ma non sarà facile per “don Mimmo” perché Onorato ha già da tempo modificato il nome della pagina Facebook, che sua eccellenza contestava e soprattutto tolto la foto che deve avergli dato parecchio fastidio. Servirebbe un miracolo, di quelli celebri del suo predecessore San Gennaro. 

D’altra parte, il giudice Valeria Conforti, della VI sezione civile del tribunale di Napoli, che martedì ha esaminato il caso aprendo il dibattimento, un’idea se l’era già fatta. Essendo stato tolto il suo nome alla pagina e la fotografia che lo ritraeva, è sostanzialmente venuto meno l’oggetto del contendere o il corpo del reato se vogliamo. Dunque, Battaglia che cosa può lamentare adesso?

Che vulite, monsignò? Sembra dire non solo la controparte, ma anche la stessa giudice che non ha minimamente affrontato il tema dell’assurda richiesta di un risarcimento monstre di 40mila euro a carico di Onorato per un danno da diffamazione quando la diffamazione non è nemmeno entrata in aula.

Insomma, l’udienza di cui la Bussola ha parlato lunedì e che cela in realtà l’inquietante problema dell’utilizzo delle chiese di Napoli in usi profani, per Battaglia è stata sostanzialmente una Caporetto.

«Oggi – spiega l’avvocato Elena Coccia alla Bussola - con la legge Cartabia le prove sono presentate prima del dibattimento, quindi il giudice ha già un quadro e può esprimersi su determinate cose da subito. Così ha chiesto alla parte attrice (cioè i legali di Battaglia ndr.) se volesse ritirare la citazione, dato che non c’era più motivo di tenerla in piedi, si è cioè estinto il motivo del contendere perché il cavaliere Onorato ha modificato la pagina e tolto la foto e questo da tempo ormai, da quando il vescovo ce lo ha chiesto e noi abbiamo ottemperato alla sua richiesta».

Insomma, Battaglia si è trovato così come il pugile che per netta inferiorità si trova costretto a gettare la spugna. Ma non l’ha fatto. Perché?

È quello che si chiedono tutti ormai, visto che il giudice il 13 febbraio prossimo andrà a sentenza e compenserà le spese di lite, cassando anche la richiesta di Battaglia di addossare al solo Onorato le spese processuali.

«I legali non hanno voluto chiudere la vertenza sostenendo che le spese di giudizio sarebbero toccate al cavaliere Onorato, ma noi abbiamo ribattuto che era una pretesa, dato che per evitare le spese era stata fatta proprio una conciliazione che Battaglia aveva fatto naufragare». Dopo il fallimento della conciliazione di luglio, gli avvocati avevano comunque fatto partire la citazione per il cavaliere e così si è andati avanti con l’udienza.

Il giudice, costatato che era venuto meno il motivo del contendere, ha proposto ai litiganti di chiudere la partita, ma a quel punto è arrivato il no dei legali di Battaglia che hanno riferito di dover parlarne con l’ufficio giuridico del vescovo.

«La mia impressione – commenta l’avvocato Coccia - è che loro non presenteranno le note richieste e il procedimento si chiuderà in questo modo, forse c’è stata una scarsa conoscenza dei meccanismi dei social. Ad esempio, i legali di Battaglia hanno continuato a parlare di “adepti” ma su Facebook non ci sono adepti ma amici, nessuno è prigioniero di nessuno. Ne consegue che se gli amici di questa pagina sono rimasti anche dopo il cambio del nome, anzi il loro numero è cresciuto, nessuno è autorizzato a cacciarli o a chiudere il profilo perché questo sarebbe un attentato alla libertà di espressione».

Dunque, quali sarebbero le chance che Battaglia potrebbe avere per sperare di risollevare le sorti di una citazione nata col piede sbagliato e destinata a finire peggio? «Bisogna dimostrare il danno d’immagine, ma è evidente a tutti che l’Arcivescovo non ha subito nessun danno di immagine, tanto meno di personalità. Dunque, la cosa finirà qui».  

E con la fine del giudizio, andrà in soffitta anche la pretesa del risarcimento da 40mila euro per il semplice motivo che Battaglia non è stato in grado di motivare l’eventuale danno subito.

Ricordiamo che la pagina Facebook era nata per denunciare l’uso scriteriato che da decenni si fa delle chiese di Napoli, con abusi nell’utilizzo dei luoghi sacri. Fatti – oggetto anche di una lunga inchiesta di Report che non è piaciuta a sua eccellenza - che spesso non erano nemmeno dipesi da Battaglia, perché o precedenti il suo ingresso nella Diocesi di San Gennaro o perché spesso di alcune chiese non si riesce nemmeno a conoscere l’effettiva proprietà.

Resta così il dilemma: perché Battaglia ha voluto colpire Onorato che, seppure pittoresco quando si presenta come il fustigatore della Chiesa di Napoli, ha semplicemente denunciato un uso e un abuso sotto gli occhi di tutti?

«Tanto accanimento nei suoi confronti non è giustificato – ha concluso il legale -, il cavaliere sarà pure originale e istrionico, ma l’impressione è che ci si sia voluti accanire su un povero fedele visto come un invasato che spera in una Chiesa dura e pura». Una speranza che hanno in tanti, non solo Onorato, a dire il vero. Chissà se è la stessa dell’Arcivescovo dei poveri che voleva mandare sul lastrico un povero pensionato e ha finito per fare un autogol. 



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