Barba, tatuaggi e palestra: tre indizi sul testosterone...
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Barba, tatuaggi e palestra rappresentano il minimo comune denominatore della virilità attuale. Mode, ma non solo. Sono un tentativo di mascherare gli imbarazzanti esiti del calo di testosterone nelle giovani generazioni.
Ci sono tre caratteristiche che, negli ultimi anni, caratterizzano l’uomo moderno: barba, tatuaggi e palestra. Rappresentano il minimo comune denominatore della virilità attuale. Moda? Certamente. Ma forse c’è di più.
Ormai è risaputo: insieme al quoziente intellettivo, negli uomini abitanti l’anglosfera (il cosiddetto «Occidente») sta calando progressivamente anche il livello di testosterone. Le cause, dicono gli esperti, sono parecchie. Sicuramente l’alimentazione moderna favorisce l’obesità, la quale riduce la presenza di questo ormone nel corpo. Ma l’alimentazione è solo uno degli aspetti di un intero stile di vita, quello moderno, che inibisce la produzione di testosterone, fin dalla pubertà. Fin da bambini, infatti, i maschietti fanno una vita sedentaria, sempre meno all’aria aperta e sempre meno ricca di relazioni; non corrono, non si arrampicano, non fanno a botte, non vivono avventure «pericolose», sfide, non affrontano fallimenti. Gli sport competitivi, di squadra, con contatto fisico sono in declino. Tutte queste cose, che – magari al prezzo di qualche sbucciatura – aiutavano uno sviluppo fisico sano e livelli di testosterone adeguati durante pubertà e adolescenza, sono passate di moda a causa di cambiamenti culturali importanti. L’assenza del padre che, anche quando è presente, è un «mammo»; la negazione della competizione e della lotta nel nostro mondo moderno; infine l’educazione gender-free, che vede di malocchio (come prodromi di virilità tossica) l’attrattiva che i maschietti provano verso certi giochi e attività fin dai primi mesi.
Non solo: la plastica che il capitalismo mondiale ci obbliga a ingerire perché contenitore di tutto ciò che mangiamo o beviamo, dall’acqua al pane, è uno dei principali IE (Interferenti Endocrini), ossia una sostanza che altera il nostro equilibrio ormonale ed è uno dei principali nemici del testosterone. Fosse finita qui: ormoni antagonisti del testosterone sono presenti dovunque, nel nostro ambiente, dall’acqua che beviamo al cibo che mangiamo. Sapete che, ormai da anni, i pesci del Lambro stanno cambiando sesso? No, non sono pesci-trans: sono femminilizzati dall’enorme quantità di ormoni antagonisti del testosterone che finiscono nei nostri fiumi attraverso gli scarichi. Significa che qualcuno versa tonnellate di ormoni femminilizzanti nelle nostre acque? E i milioni di pillole anticoncezionali (cioè estrogeni e progestinici) che le donne prendono fin dall’adolescenza dove pensate che finiscono? Che scompaiano nel nulla? Ma la scienza non ci ha detto che gli anticoncezionali sono «sicuri ed efficaci»? Vabbeh, questo è un altro discorso…
Insomma, il risultato è un calo progressivo di testosterone negli uomini «occidentali», con gravi conseguenze sul loro benessere psicologico, sulla loro salute, capacità riproduttiva eccetera. Non c’è bisogno di studi scientifici: questo è un cambiamento che si vede anche a occhio nudo. Infatti, il testosterone cambia l’aspetto fisico degli uomini: la loro postura (spalle arretrate, petto aperto, schiena dritta), la conformazione fisica (gambe dritte, evidente massa muscolare, torace ampio) e del volto (mascella squadrata, mento prominente, lineamenti squadrati). Per rendersene conto, è sufficiente aprire qualche vecchio album di famiglia e confrontare l’aspetto fisico degli uomini degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso con quelli che compaiono sul nostro cellulare. Oppure, basta confrontare gli attori del secolo scorso con le star attuali. Ma guardiamo anche i calciatori: pensiamo all’esordio di Giuseppe Bergomi in nazionale, ai mondiali del 1982, a diciotto anni. Quello era l’aspetto di un diciottenne del secolo scorso; il confronto con un diciottenne attuale (anche calciatore) è impietoso. Da una parte abbiamo uno sguardo serio, concentrato, lineamenti «tagliati con l’accetta»; dall’altra un orsacchiotto «carino», dai lineamenti morbidi e, immancabilmente, sorridente. Il primo comunica, se non paura, rispetto, tutto di lui dice «pericolo»; il secondo appare completamente innocuo, anche sessualmente.
Ok, ma che c’entrano barba, tatuaggi e palestra? C’entrano, c’entrano. Sono un tentativo di mascherare gli imbarazzanti esiti del calo di testosterone nelle giovani generazioni. La barba dà importanza a un mento sempre più sfuggente, quando ancora esiste. I tatuaggi vorrebbero comunicare un esemplare dedito alla «vita spericolata». Un tempo, i tatuaggi erano il segno visibile di altri segni che la vita aveva lasciato nell’anima dell’uomo: la vita di mare, il carcere, l’appartenenza a un corpo militare d’élite… Ora hanno l’effetto di un cartello «Attenti al cane» con la foto di un chihuahua. E poi la palestra, ossia il tentativo di gonfiare artificialmente dei muscoli che, un tempo, erano la naturale conseguenza di una vita attiva e all’aria aperta, del lavoro manuale e una certa sfrontatezza di fronte al pericolo. Ecco quindi che, anche le mode, ci parlano del declino dell’uomo e, con lui, di tutta la nostra civiltà.
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