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TEMPI MODERNI

Col progresso, stiamo diventando tutti più stupidi

Le filosofie progressiste insegnano che i giorni d'oggi siano migliori di quelli di ieri, sempre. E una dimostrazione pratica consisteva nella crescita del quoziente intellettivo nella maggior parte delle persone testate. Ma da almeno tre decenni, il quoziente intellettivo sta calando. E ora che scusa prendono i progressisti?

Editoriali 11_10_2021
Il progresso (visto dall'Ottocento)

«Dipinte in queste rive son dell’umana gente “Le magnifiche sorti e progressive”». Così scriveva Leopardi ne La ginestra, secondo qualcuno irridendo il cugino Terenzio Mamiani che aveva coniato quell’espressione. Che bella cosa, il progressismo: l’idea per cui la strada dell’umanità è costantemente in salita; secondo la quale oggi è meglio di ieri e domani sarà ancora meglio. Noi – quindi – saremmo meglio di chi ci ha preceduti e i nostri tempi meglio dei tempi antichi. Noi viviamo – sempre secondo il progressismo – meglio dei nostri padri, molto meglio dei nostri nonni: ringraziamo quindi la scienza e la tecnica, sconosciute a quei trogloditi. Abbiamo OGM, pesticidi, vaccini, computer, cellulari, green pass, SPID, Alexa, Amazon… A volte ci chiediamo: ma come era possibile vivere senza cellulare? Che ignoranza sesquipedale, senza Wikipedia! Come siamo fortunati, noi moderni.

Avevano dunque ragione Hegel e Marx; torto Talleyrand, al quale è attribuita l’affermazione «Non conosce la dolcezza del vivere chi non è vissuto gli anni prima della Rivoluzione [francese]». E pensare che una simile bestia (Talleyrand, intendo) era considerata un genio dai coevi… Evidentemente erano ancora più bestie! Che bella cosa, il progressismo. Un balsamo per l’autostima e una giustificazione perenne per lo status quo. Quante volte abbiamo sentito dire «Nel 2021 non si possono dire certe cose», oppure «Non siamo più nel medioevo»? Con una semplice e stupida frase abbiamo liquidato due millenni; così, con una semplice emissione di fiato. Tanto diffuso che sembra assurdo anche soltanto riflettere su tali affermazioni! È evidente, non è necessaria alcuna dimostrazione. E poi: il pensiero logico è un relitto dei secoli bui… Adesso siamo smart, abbiamo tanti slogan, la televisione e i social media che ci risparmiano la fatica di pensare. Siamo «nativi digitali» e chi si ostina a pensare è un boomer, un «analfabeta funzionale»: da Wikipedia (sia benedetta per sempre): chi non è in grado di «comprendere, valutare e usare le informazioni nell’attuale società».

Una dimostrazione della verità del progressismo è il cosiddetto «effetto Flynn». È un effetto osservato dallo psicologo James R. Flynn per il quale il QI medio è in costante aumento in diversi Paesi del mondo «occidentale». QI sta per Quoziente intellettivo: grossomodo è il rapporto tra età mentale ed età biologica. Un punteggio di 100 è considerato il valore medio: chi ha un punteggio superiore a 100 è considerato più intelligente; viceversa chi ha un punteggio inferiore a 100. Non infiliamoci nell’eterna diatriba riguardante la validità del QI: il succo del discorso è che, grazie alla scuola gratuita e di Stato, a una alimentazione industriale e all’industria farmaceutica, la popolazione mondiale diventa sempre più intelligente! È l’evoluzione della specie che si compie sotto i nostri occhi, aveva ragione Darwin! Però, però…

Però, negli ultimi anni (anzi: negli ultimi decenni) questa teoria ha incontrato un intoppo. Pare che – sempre nei paesi «occidentali» - il QI medio stia calando. In modo deciso. Per essere pignoli… sta precipitando. Vediamo solo un paio di ricerche tra le più recenti.

Nel 2019 Leehu Zysberg, professore al Gordon College, in Israele, ha pubblicato un articolo (L’inversione dell’effetto Flynn e i suoi riflessi in campo educativo) nel quale definisce «drammatico» il crollo del QI in molti Paesi. Secondo Zysberg questo effetto, osservato dagli anni Novanta del secolo scorso, riguarda i nati dalla metà degli anni Settanta in avanti: da lì in avanti lui stesso, in qualità di insegnante, ha osservato un netto peggioramento delle performance scolastiche. Valutando i test standardizzati di matematica e scrittura rilevati tra gli studenti in una decina di Paesi, con l’eccezione della Russia, si nota una netta diminuzione dei punteggi dal 2012 al 2015.

Tre ricercatori texani (Acosta, Smith e Kreinovich) hanno pubblicato un articolo nel 2020 intitolato «Perché i punteggi dei test del QI stanno leggermente diminuendo». Essi scrivono: «Mentre i punteggi di intelligenza sono in costante aumento da diversi decenni, ultimamente, si osserva un fenomeno inverso, quando i punteggi medi non crescono più; invece, declinano. Questo declino non è così grande da spazzare via i risultati dei decenni precedenti di crescita, ma è abbastanza grande essere statisticamente significativo». Come si nota sin dal titolo, questi ricercatori minimizzano – senza poterla negare - questa tendenza; e la giustificano come naturale: va bene così, è un assestamento. Un «analfabeta funzionale» osserverebbe: se aumentano, è merito del progresso; se diminuiscono è naturale…

Insomma, giriamola come vogliamo, la frittata resta sempre quella: stiamo diventando sempre più stupidi. E, come tutti gli stupidi, non solo non siamo in grado di rendercene conto; ma sprizziamo arroganza da tutti i pori. Ecco, forse è questo atteggiamento è più indicativo di parecchi test psicologici.