Bagni no gender: la distruzione dell'umano parte dalla scuola
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La Dirigente scolastica del Liceo scientifico Galilei di Trieste ha fatto sparire i bagni riservati ai maschi e alle femmine sostituendoli con bagni “no-gender”. Iniziativa illegale che accresce la confusione ed è lesiva della dignità delle ragazze e dei ragazzi.
Nelle scuole italiane è ormai entrata a regime (è proprio il caso di dirlo…) la parola d’ordine “inclusione”. In sinergia con le altre parole d’ordine “pari opportunità di genere” e “lotta agli stereotipi di genere”, ormai presenti in ogni documento ufficiale – e in particolare in quelli che pescano nelle torbide acque della Unione Europea e della sua famigerata Agenda 2030 - ha aperto le porte ad una molteplicità di iniziative che sono, a dir poco, discutibili.
Come denunciato dal comunicato della Associazione “Pro-vita e famiglia”, per esempio, la Dirigente scolastica del Liceo scientifico Galilei di Trieste, in un piano dell’edificio ha fatto sparire i bagni riservati ai maschi e alle femmine sostituendoli con bagni “no-gender”.
Poco importa, evidentemente, che si tratti di una iniziativa illegale, (DM 18 dicembre 1974, 3.9.1 sull’edilizia scolastica: i servizi igienici “devono essere separati per sesso”). Come abbiamo amaramente sperimentato negli ultimi anni, in particolare a partire da quelli bui della psicopandemia, l’ideologia imposta dal pensiero mainstream ha ormai il potere di annichilire qualsiasi norma o indicazione vigente a livello nazionale e persino sovranazionale. Nel periodo del Covid 19, lo ricordiamo, fu fatta carta straccia della Costituzione Italiana e dei diversi pronunciamenti internazionali sui Diritti umani. Si può immaginare qualcosa di più autorevole e coattivo sotto il profilo giuridico?
La cosa ancora più sorprendente, è che tutto questo avviene col plauso dei medesimi organismi che dovrebbero vigilare sulla liceità delle disposizioni e sulla loro conformità al dettato costituzionale.
Nel merito della vicenda di Trieste, si tratta evidentemente non solo di una operazione priva di sponda normativa, ma anche di una un’iniziativa che rischia di accrescere ulteriormente la confusione già presente (e alimentata ad arte) in molti giovani su questi temi, andando a eliminare l’importanza della diversità sessuale tra maschi e femmine. Senza poi considerare le conseguenze a livello di situazioni imbarazzanti o addirittura lesive della dignità soprattutto delle ragazze, che vengono così private di uno spazio di intimità a loro riservato.
L’iniziativa, che ha se non altro “pregio” di essere stata presentata come sperimentazione alla luce del sole, ha suscitato diverse reazioni, coinvolgendo sia l’Ufficio scolastico regionale che l’assessorato all’Istruzione del Friuli Venezia Giulia. In non pochi casi, invece, queste iniziative accadono dietro il paravento di non ben definiti progetti per l’inclusione le pari opportunità cui le scuole devono obbligatoriamente partecipare, rivelando il loro vero volto solo a giochi fatti, nella rassegnazione, il silenzio o addirittura il favore di parte del corpo docente. La Dirigente, a conferma della base ideologica su cui poggia il progetto, ha chiarito che questa proposta «rientra in un più ampio progetto educativo che nei prossimi mesi comprenderà momenti di formazione per i docenti su temi legati agli stereotipi e alle discriminazioni».
Non è, come si vorrebbe dare a intendere, una novità. Già un paio di anni fa una vicenda simile avvenne in un Liceo di Milano, e sicuramente le scuole con bagni “neutri” sono già molte di più di quelle di cui si parla e si dibatte pubblicamente.
Del resto, questo è l’orizzonte ideologico in cui oggi si è immersi, tanto che persino gli eventuali insegnanti e personale ATA transgender (ma ce ne sono? e quanti?) hanno ora diritto ad avere i bagni neutri, l’identità alias per le credenziali della posta elettronica, su eventuali tabelle di turno orari esposte negli spazi comuni e sul cartellino di riconoscimento. La triste novità, fortemente voluta dalle organizzazioni sindacali, è contenuta nel contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto istruzione, università e ricerca 2019/21 (contratto che era ancora “vacante” ed era quindi necessario completare), firmato nel luglio 2023 dai sindacati (tranne la Uil) e dall’Aran, l’agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. Cioè dal governo.
Di cosa possiamo stupirci, dunque? La distruzione dell’umano procede a pieno ritmo. Come scriveva il Card. Caffarra, questa distruzione ha «il carattere della lacerazione della propria soggettività. Ed ha il carattere della menzogna: costruisce un umano — personale e sociale — falso».
È una gravissima responsabilità che questa distruzione avvenga proprio a partire dalla scuola.
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