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Venerdì della Bussola

Badilla: «La Chiesa deve prepararsi alla Sede vacante»

Alla luce delle gravi condizioni di salute di papa Francesco, «la Chiesa si deve preparare per andare avanti con una Sede vacante per rinuncia o con una Sede vacante per morte», afferma Luis Badilla, medico e vaticanista, intervistato da Stefano Chiappalone per i Venerdì della Bussola. I cristiani di fronte al mistero della morte. La forza della preghiera e le ipocrisie dei media.

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Una fedele in Piazza S. Pietro, 28/02/2025 (Ap via LaPresse)

Come viene vissuta la malattia di papa Francesco dentro e fuori il mondo cattolico? E come il mistero della morte: in una prospettiva di vita eterna o solo terrena? Quali differenze nella comunicazione vaticana rispetto, ad esempio, alla malattia di san Giovanni Paolo II? Su questi e diversi altri temi si è dipanata la diretta di ieri (h. 14.00) dei Venerdì della Bussola, intitolata Il Papa, la malattia, la morte e svoltasi a due settimane dall’inizio dell’ultimo ricovero di Francesco, in cura dallo scorso 14 febbraio al Policlinico Gemelli a seguito di una grave crisi respiratoria, ripresentatasi – dopo alcuni miglioramenti – anche ieri, come comunicato dal bollettino vaticano diffuso in serata. A condurre la diretta Stefano Chiappalone, che ha avuto come ospite Luis Badilla, esule cileno dopo il golpe di Pinochet, medico e poi giornalista, non certo etichettabile come “conservatore”, con alle spalle un quarantennale servizio nella comunicazione vaticana e, peraltro, fondatore di un sito, Il Sismografo (intanto chiuso), che per 17 anni è stato un punto di riferimento per i vaticanisti.

Jorge Mario Bergoglio è al quarto ricovero da quando è Papa, un ricovero che fin qui ha destato maggiori preoccupazioni dei precedenti. Badilla ha ricordato che Francesco, anche se dovesse essere in grado di ritornare a Santa Marta, ha il suo fardello di malattie croniche e degenerative, come già spiegava la settimana scorsa il medico del Gemelli a capo del team che sta curando il Papa. «Il Santo Padre è un malato terminale, per l’età, le malattie e le caratteristiche delle malattie», afferma Badilla, perché la situazione clinica lascia pensare che le sue crisi diventeranno «gradualmente più ravvicinate».

Il medico e vaticanista ritiene che «i successivi gradi di disabilità che il Papa ha avuto, a partire dal ginocchio, lo porteranno un giorno – che io spero sia il più lontano possibile, naturalmente – a una totale incapacità. E si dovrà pensare alla rinuncia, l’ha detto lui stesso: la rinuncia già l’ha firmata, la consegnò nel mese di marzo del 2013 all’allora segretario di Stato, cardinale Bertone, in modo tale che se un domani la Chiesa tutta si trova davanti alla difficoltà di un pontefice incapacitato, o per ragioni cognitive o per ragioni corporee, di presiedere la sua missione, il suo magistero, si dichiarerà la Sede vacante e si andrà all’elezione di un altro».

Una rinuncia, ad ogni modo, che papa Francesco sembra per il momento escludere. Più comunicati vaticani di questi giorni hanno sottolineato che lui continua a lavorare e governare. Anche se chiaramente ci sono nomine e documenti di fresca pubblicazione – come il chirografo sulla Commissione per le donazioni – che risalgono a prima del ricovero. Se da un lato è certo che «finché è vivo e non manifesta un desiderio contrario, lui governa la Chiesa», dall’altro attorno alla figura del Papa in generale, quindi non solo di Francesco, c’è sempre «un rituale mediatico» che – osserva ancora Badilla – «segue leggi diverse da quelle della Chiesa, segue le leggi dei meccanismi dell’informazione, dove tutto emerge, tutto si può vendere e viene presentato perché venga comprato». Un po’ come la distinzione tra il Concilio reale e quello mediatico di cui parlava già Joseph Ratzinger a proposito del Vaticano II.

A domanda di Chiappalone sulle differenze rispetto ai ricoveri di papa Wojtyła e in particolare dell’ultimo, nel 2005, Badilla ha fatto un interessante excursus storico, dai tempi di Giovanni XXIII e Paolo VI. E ha quindi detto che «il periodo della malattia, dell’agonia e della morte di Giovanni Paolo II è unico nella storia della Chiesa, è molto difficile poterlo mettere in parallelo con un altro». Diverse le personalità, diversi i modi di comunicare rispetto a vent’anni fa. «Basta per esempio dire che nel caso di Bergoglio i comunicati che escono dall’ospedale, in questo caso dal Policlinico Gemelli, sono comunicati della Sala Stampa della Santa Sede, non sono comunicati dei medici. Con Giovanni Paolo II succedeva il contrario, erano comunicati medici firmati da medici con nome e cognome». Diverse sono in qualche modo anche le “deleghe” che aveva Joaquín Navarro Valls, il quale era pure medico, rispetto all’attuale direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. E la strategia comunicativa è dipesa molto dalla volontà dello stesso Francesco, che prima di chiedere il ricovero avrebbe un po’ «preso sottogamba la gravità della sua situazione clinica personale».

Nell’ipotesi di un ritorno a Santa Marta, Badilla ritiene che Francesco «dovrà diminuire radicalmente i suoi impegni pastorali e vivere in parecchio isolamento sociale perché, essendo una persona con un sistema immunitario praticamente inesistente, già con delle malattie degenerative e croniche pesanti, la sua situazione di rischio è permanente».

Quel che è certo è che non bisogna guardare alla morte come a un tabù, perché è naturale che essa prima o poi – per il Papa come per ciascuno di noi – arriverà. Perciò, l’importante è prepararsi e vivere in grazia, perché «noi cristiani crediamo in quell’altra vita, quella vera, definitiva», quando «potremo presentarci al cospetto di Dio e vedere il Suo volto».

Dunque, diversamente da certe ipocrisie che emergono sui media, non c’è nessuno scandalo a pensare a quale sarà il futuro della Chiesa – istituzione divina per la salvezza degli uomini – dopo Francesco. In questo senso, ragiona Badilla, «la Chiesa si deve preparare per andare avanti con una Sede vacante per rinuncia o con una Sede vacante per morte», così da avere un successore di Pietro che sappia guidare la Sposa di Cristo ad affrontare la tempesta che oggi investe tutto il mondo.

Unita alla realtà della vita eterna, c’è quella della preghiera, che oggi – rispetto alla salute del Papa ma non solo – è spesso relegata a un ambito puramente orizzontale. «La perdita di fiducia nella preghiera», afferma Badilla, è una delle «manifestazioni più gravi e preoccupanti» della crisi ecclesiale odierna. La preghiera ci aiuta a sintonizzarci sulla volontà di Dio, che sia per una guarigione o per una morte santa: a proposito, il vaticanista ricorda che nell’ultimo tratto di vita di Wojtyła «io e altri passavamo giornate intere a Piazza San Pietro pregando perché la sua agonia fosse serena».

Rispondendo a una domanda di Chiappalone, che chiedeva se la dimensione orizzontale di cui sopra non sia stata in qualche modo favorita da una predicazione eccessiva sulle «cose del mondo», Badilla ha detto che «il pontificato di Francesco – insieme a molte cose che non dimenticheremo mai perché efficaci, belle, tempestive, all’altezza dei tempi – ha molti momenti opachi». Tra questi, «il fatto di avere enfatizzato a discapito della dimensione sacra e religiosa, addirittura della stessa persona di Cristo, un’infinità di cose giuste – come quelle di tipo sociologico o sociale, la giustizia, il dramma dell’immigrazione, la povertà, ecc. – in modo tale che a un certo momento è stato molto facile per la stampa strumentalizzare il magistero del Papa», ignorando la sua «riflessione religiosa, spirituale e morale». Altro problema poi indicato da Badilla: «le troppe decisioni arbitrarie» prese in questo pontificato, il che richiede di «ristabilire il rispetto della legge nella Chiesa», ricordando che il supremo legislatore è Cristo stesso.

A proposito di quei media che attaccano certi cardinali che pregano per il Papa bollandoli come suoi “nemici”, il vaticanista dice che «c’è un tipo di giornalismo, un tipo di nomenclatura cattolica» che usa qualsiasi cosa in un «gioco di polarizzazione». Simili processi alle intenzioni, così come altre notizie strumentali e false che fanno male alla Chiesa, vanno confutati. «Il cattolico dovrebbe per definizione essere sempre in grado di confutare le cose non vere», ricorda Badilla.



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