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LA RIFORMA

Autonomie, più meritocrazia nelle spese dei territori

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Il Senato ha approvato la legge che introduce l'autonomia differenziata. Ogni Regione potrà chiedere la devoluzione di poteri statali e trattenere più risorse.

Politica 25_01_2024
Autonomie approvate, la senatrice Bizzotto (Lega) celebra con la bandiera veneziana (La Presse)

Nel dibattito politico si è soliti definire l’autonomia differenziata un cavallo di battaglia della Lega, quasi che ad avvantaggiarsi di una sua approvazione possa essere solo il Carroccio. In realtà si tratta di un disegno di legge in grado di migliorare la vita dell’intero Paese e di portare benessere a tutti i territori, non solo a quelli del nord, nei quali il partito di Salvini raccoglie maggiori consensi.

È una riforma decisiva per migliorare l’efficienza del sistema Paese, attraverso il ridimensionamento dello statalismo che per decenni ha frenato la competitività dell’Italia e ha coperto rendite parassitarie e clientele attraverso meccanismi iniqui di redistribuzione della ricchezza.

Il Senato ha approvato nei giorni scorsi con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti il disegno di legge sull'autonomia differenziata. Ora il testo dovrà passare alla Camera per la seconda lettura. Ma la prima votazione ha evidenziato chiaramente le divisioni all'interno del panorama politico italiano, con i gruppi di maggioranza favorevoli e l'opposizione, rappresentata dai senatori di Alleanza Verdi Sinistra, Italia viva, Movimento 5 stelle e Partito Democratico, contrari al provvedimento.

Il disegno di legge sull’autonomia differenziata, che porta la firma del ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, propone una riforma in grado di cambiare significativamente il funzionamento del Paese, influenzando una vasta gamma di settori, tra cui rapporti internazionali, protezione civile, energia, salute, ricerca scientifica, ambiente, casse di risparmio, aeroporti, previdenza complementare e molto altro ancora.

La riforma, infatti, prevede una redistribuzione dei poteri attraverso una diversa allocazione delle risorse pubbliche, spostando le competenze dallo Stato alle Regioni che ne faranno richiesta. In altre parole, il ddl Calderoli vuole dare attuazione a quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione ai sensi del quale, sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione interessata, possono essere attribuite alle Regioni a statuto ordinario, che ne facciano richiesta, forme e condizioni particolari di autonomia in 23 materie.

Il processo di autonomia differenziata, però, non sarà automatico. Le Regioni potranno chiedere e concordare con il Governo la devoluzione di competenze e risorse. Questo include la possibilità di trattenere parte del gettito fiscale generato sul territorio per finanziare le funzioni e i servizi richiesti.

Il senso generale della riforma è quello di una riduzione drastica delle materie di competenza esclusiva dello Stato, ma il livello di autonomia che ciascuna Regione potrà chiedere in determinati ambiti sarà poi definito nei passaggi successivi dell'iter del provvedimento e dei suoi decreti attuativi. Un punto cruciale della legge è la necessità di determinare i Lep, ossia i Livelli essenziali di prestazione, che devono essere uniformi in tutto il territorio nazionale. In sostanza, lo Stato si occupa di stabilire degli standard che dovranno poi essere rispettati dalle singole Regioni così da garantire un livello minimo di servizi da rendere ai cittadini in maniera uniforme in tutte le Regioni.

I sostenitori della riforma promuovono l’idea che una maggiore responsabilizzazione delle Regioni potrebbe incoraggiare tutti a raggiungere standard più elevati di efficienza. Secondo questa prospettiva, la decentralizzazione delle competenze e delle risorse potrebbe favorire una gestione più mirata e aderente alle esigenze locali, con conseguente miglioramento nell'erogazione dei servizi pubblici. In altre parole, la riforma dell’autonomia differenziata si prefigge di aiutare le Regioni a spendere meglio le loro risorse e, in generale, di premiare quelle che le spendono in modo più oculato e responsabile. Una sorta di meritocrazia della spesa pubblica, che in Italia è sempre mancata.

Sono numerosi gli esponenti politici che si sono espressi a favore dell'autonomia differenziata, primo fra tutti il protagonista di questa riforma, il ministro Roberto Calderoli che ha accolto con entusiasmo il via libera di Palazzo Madama: «Con l'approvazione dell'autonomia oggi in Senato si è compiuto un ulteriore passo avanti verso un risultato storico, importantissimo e atteso da troppo tempo. Avevo previsto che oggi sarebbe stata una bella giornata, e così è stato. Questa è una risposta che dovevo a quelle 14 Regioni su 15 a statuto ordinario che ce l'avevano chiesto».

Di risultato storico hanno parlato sia il presidente della Lombardia Attilio Fontana, sia il collega del Veneto Luca Zaia, mentre il segretario leghista Salvini ha posto l'accento sul passo avanti «verso un Paese più moderno ed efficiente, nel rispetto della volontà popolare espressa col voto al centrodestra che lo aveva promesso nel programma elettorale, dai referendum di Lombardia e Veneto e dalle richieste dell'Emilia-Romagna e di altre regioni italiane».

Ora c’è da augurarsi che questa riforma possa essere approvata nel più breve tempo possibile per produrre i suoi effetti benefici e dare al Paese una spinta decisiva verso il rilancio. La retorica nazionalista è controproducente. L’autonomia differenziata ottimizza le potenzialità di tutti i territori, stimola una maggiore cura della cosa pubblica da parte di tutti e introduce meccanismi meritocratici. Chi la frena per tatticismi politici non fa il bene del Paese.