Audizione Serpelloni, tutta la verità sulla cannabis
Il capo del Dipartimento delle politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, professor Giovanni Serpelloni, ha svolto la sua audizione il 2 aprile a margine della discussione sul decreto-legge droga. Smontando tutti i luoghi comuni.
Come è stato raccontato nel pezzo a fianco, il 2 aprile il capo del Dipartimento delle politiche antidroga della Presidenza del Consiglio prof. Giovanni Serpelloni ha svolto la sua audizione, a margine della discussione sul decreto-legge droga. Provo a estrarre le parti più significative della relazione che ha depositato nella circostanza:
Cannabis droga leggera? Il principio attivo della cannabis è, com’è noto, il delta 9 tetraidrocannabinolo (THC). Fino alla fine degli anni 1990 il THC che si riscontrava nella cannabis e nei derivati, sequestrati dalle forze di polizia, non oltrepassava il tasso prodotto spontaneamente dalla pianta naturale, il cui limite massimo era del 2.5%. La percentuale di THC rilevata nel quadriennio 2010-2013 è giunto a una media del 16.8% quanto al materiale vegetale (inflorescenze e foglie) e del 26.6% quanto ai derivati (resine e oli), con punte massime del 60.6% (25 volte il massimo della percentuale di 15 anni fa)! Ciò è stato possibile grazie alla coltivazione intensiva e a manipolazioni fito-produttive, che hanno concentrato il principio attivo e alterato le caratteristiche della pianta. Come si fa a dire che un derivato della cannabis col 25% di THC è droga “leggera”? Come si fa a parificarla a una “canna” col 2% di THC? Ogni persona in buona salute è in grado di reggere un boccale di birra di 0.4 lt. col 5% di gradazione alcolica, ma nessuna persona in buona salute regge 0.4 lt. di grappa al 42% di gradazione alcolica: la quantità di liquido è eguale, la qualità dell’alcool è differente. Se ciò è evidente per l’alcool, perché non dovrebbe esserlo per la cannabis? Come escludere il profilo qualitativo dalla qualifica di “leggerezza” e dalle conseguenze sanzionatorie da essa derivanti?
Cannabis droga innocua? Nel 2011 (ultimi dati disponibili) i ricoveri ospedalieri causati da intossicazione da droga hanno fatto registrare un 16% dovuto alla cannabis, a fronte di un 60% da oppiacei, in prevalenza eroina; nello stesso anno però i minori ricoverati perché intossicati dalla cannabis sono stati il 44,2%. Il che vuol dire che, con l’attuale percentuale media di THC, la cannabis fa male al punto da mandare in ospedale, e fa più male ai più giovani, che sono coloro che ne fanno maggiore uso; 290.000 ragazzi fra i 15 e i 17 anni hanno assunto almeno una volta sostanza stupefacente negli ultimi 12 mesi, e per il 71.2% di essi si è trattato di cannabis. Il dato italiano è in linea col trend europeo, che, rispetto al totale di ricoveri per intossicazione da droga, ha fatto registrare un 22% di ricoveri per intossicazione da cannabis. Se la cannabis fa così male, soprattutto ai minori, è il caso di facilitarne la diffusione diminuendo le sanzioni previste per chi la spaccia e la traffica?
Cannabis droga socializzante? Da anni la letteratura scientifica ha dimostrato che l’assunzione di cannabis provoca danni irreversibili al cervello; quello che, ricordando e aggiornando tali ricerche, la relazione del prof. Serpelloni aggiunge è il resoconto di uno studio recente, condotto nel corso degli anni sul quoziente di intelligenza di 1037 soggetti, nati fra il 1972 e il 1974, assuntori di cannabis fino al compimento dei 38 anni, suddivisi fra coloro che hanno iniziato prima del compimento della maggiore età e coloro che hanno iniziato da maggiorenni; ciascuna di queste categorie, a sua volta, è stata suddivisa fra coloro che ne hanno fatto un uso frequente e coloro che ne hanno fatto un uso occasionale. I risultati sono sorprendenti: per chi ha assunto frequentemente cannabis da minorenne, a fronte di un QI iniziale pari a 97, il QI a 38 anni è sceso a 88; per l’adolescente che l’ha assunta occasionalmente il QI iniziale era di 102, il QI a 38 anni di 97. Per chi iniziato ad assumere con frequenza cannabis dopo i 18 anni, il QI iniziale era di 98 e il QI a 38 anni di 95; per il maggiorenne assuntore occasionale QI iniziale di 104, QI a 38 anni di 105. C’è bisogno di commento? (ovviamente l’ultimo dato, che si riporta per completezza, non deve incentivare l’uso infrequente di cannabis superati i 18 anni! rende ancora più evidente la dannosità dell’assunzione anche occasionale da parte del minorenne, che è oggi il problema più serio).
Fini-Giovanardi inutile? I dati a disposizione dimostrano il contrario e, provenendo da differenti fonti scientifiche (fra le quali, il CNR e l’Istituto Mario Negri), concordano nelle conclusioni. Prendendo come riferimento la popolazione compresa fra i 15 e i 64 anni per gli anni 2001-2012, si riscontra un incremento di consumo di stupefacenti di vario tipo che raggiunge il picco più elevato nel 2008; poi esso cala in modo sensibile: addirittura, per cannabis e derivati dal 15% a poco più del 2% della popolazione. In controtendenza è il dato del consumo di cannabis da parte delle persone di età fra i 15 e i 19 anni: in calo dal 2008 al 2011, appare in sensibile risalita negli ultimi due anni; come mai? La risposta del Dipartimento antidroga guidato è in un grafico che pone a confronto l’incremento dell’uso di cannabis dal 2011 al 2014 – dal 17.9% al 26.7% dei giovani fra 15 e 19 anni, + 8.8 % in appena tre anni – e l’incremento della promozione on line di tali sostanze, dall’e-commerce ai siti pro legalizzazione, ai social network pro cannabis: i tracciati sono paralleli. Quando alla propaganda, che purtroppo funziona, si affiancherà un trattamento sanzionatorio più benevolo, quale è quello del decreto legge, o addirittura la legalizzazione, l’uso di cannabis salirà ulteriormente, e in modo ancor più significativo.
Fini-Giovanardi dannosa perché carcerizzante? Anche in tal caso i dati a disposizione dimostrano il contrario. La legge è del 2006: il Dap-dipartimento dell’amministrazione penitenziaria informa che gli ingressi in carcere per violazione della legge sulla droga sono stati 26.985 nel 2007, 28.798 nel 2008, e poi sono progressivamente calati, fino a 21.285 nel 2012. Nella medesima fascia temporale i tossicodipendenti provenienti dalla detenzione e affidati al servizio sociale sono passati da 514 del 2007 a 1.578 del 2012, con un trend crescente. Gli ingressi annuali in carcere dei soggetti con problemi di droga sono scesi da 24.371 a 18.285. Peccato che sulle principali testate giornalistiche continuiamo a leggere che la Fini-Giovanardi va abolita perché ha riempito il carcere di drogati, mentre la relazione Serpelloni non è neanche citata. Per completare: i decessi per droga sono scesi da poco meno di 600 nel 2007 a 390 del 2012 (ma il 2012 ha fatto registrare un leggero incremento rispetto al picco negativo del 2011: 362). Dunque, la legge del 2006 è riuscita a far diminuire il consumo totale di droghe e il numero di tossicodipendenti in carcere, con parallelo incremento dei recuperi: è proprio il caso di stravolgerla?