L’INTERVISTA
Attacchi alle chiese in Sri Lanka. Ranjith: “Tutti sapevano”
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Quattro anni fa gli attentati ad alberghi e luoghi di culto cattolici e protestanti, con oltre 200 vittime. Sarebbero coinvolti anche i servizi segreti del Paese e l’ex presidente deposto, secondo l’arcivescovo di Colombo, che parla senza remore a La Bussola e reclama la verità.
La statua di Cristo coperta da schizzi di sangue è diventata un simbolo della persecuzione dei cristiani nel mondo contemporaneo. Quell'immagine, che dalla chiesa di san Sebastiano a Negombo fece il giro di tutto il mondo, compie oggi quattro anni. Era il 21 aprile 2019, giorno di Pasqua, quando una serie di esplosioni in Sri Lanka provocò la morte di 272 persone e 500 feriti. Soprattutto cattolici, colpiti nelle chiese di Sant’Antonio a Colombo e di San Sebastiano a Negombo mentre erano riuniti per partecipare alla Messa. Da allora, il cardinale Malcolm Ranjith, combattivo arcivescovo metropolita di Colombo, ha dato filo da torcere alle autorità locali accusate di non aver rivelato tutta la verità sulla matrice di quegli attentati. La mano della strage nelle chiese (fu colpita anche quella protestante di Sion a Batticaloa, oltre ad alberghi) è stata identificata nel terrorismo islamista, ma il movente non sarebbe quello dell'odio religioso né si sarebbe trattato di una vendetta per l'attacco a due moschee in Nuova Zelanda, come sostenuto a caldo dal ministro della difesa srilankese Ruwan Wijewardene. Il cardinale Ranjith è convinto di questo e ancora oggi, nonostante le critiche dalle forze governative, continua a chiedere verità e giustizia per le vittime. La Nuova Bussola Quotidiana lo ha intervistato in occasione del quarto anniversario degli attentati.
Eminenza, quattro anni dopo, che giudizio dà delle indagini che sono state fatte fino ad oggi?
Pessimo. Si è cercato di attribuire gli attacchi alla comunità islamica, ma non è andata così. La verità è che la responsabilità è stata di un gruppo di terroristi islamici manipolato dai servizi segreti dello Sri Lanka al fine di appoggiare la candidatura dell’ex presidente deposto lo scorso anno, Gotabaya Rajapaksa. Sembra che alcuni capi della sicurezza fossero coinvolti, perciò noi vogliamo tutta la verità perché per quell'attacco hanno perso la vita 272 persone e ci sono stati quasi 500 feriti, alcuni dei quali non potranno più tornare alla normalità. Vogliamo sapere la verità e vogliamo che le indagini vadano in tutte le direzioni per trovare chi è stato e perché.
È vero che la polizia non riuscì ad impedire l’attacco pur essendone stata informata in anticipo? Recentemente Lei ha depositato un atto di citazione presso la Corte d’Appello su questo.
S, perché i servizi segreti indiani avevano avvertito ben quattro volte i nostri servizi di sicurezza di questo pericolo e loro hanno considerato questo allarme solo come un’informazione non come una minaccia, senza organizzarsi adeguatamente per proteggere i civili. Tutti sapevano: l'ex presidente, l'ex capo della polizia e l'ex ministro della difesa. Tutti questi pezzi grossi sapevano che c'era la minaccia di un attacco ma non hanno preso alcun provvedimento per evitare questo massacro.
Perché sono finite nel mirino proprio le comunità cristiane?
Non si sa. All'inizio si era parlato di una rivendicazione dell'Isis e poi di una reazione agli attacchi alle moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda. Ma ora ci sono sempre più indicazioni che dimostrano che quello della Pasqua 2019 non è stato un attacco di stampo islamico. Si va chiarendo che si trattava di un gruppo di terroristi islamici che prima lavorava con l’intelligence militare dello Sri Lanka. Questa collaborazione con l'esercito risaliva alla guerra civile perché questi gruppi islamisti parlavano il tamil e perciò venivano utilizzati come fonti di informazioni sul movimento rivoluzionario Tigri Tamil. Perciò avevano stretti legami con l’intelligence militare.
Ma a che scopo?
L'intelligence militare, a sua volta, aveva stretti legami con un candidato presidenziale, Gotabaya Rajapaksa che poi è stato eletto alle elezioni di novembre. Ci sono elementi che lasciano suggerire che tutto questo è stato progettato per creare in Sri Lanka una fobia anti-islamica per creare un conflitto tra cristiani e musulmani e intercettare i voti dei primi a sostegno del candidato nazionalista.
Ora però Gotabaya Rajapaksa è stato deposto. Con il nuovo presidente Ranil Wickremesinghe non può emergere la verità su quei fatti?
No, perchè il cambio non ha portato ad alcunché. La maggioranza in Parlamento è sempre nelle mani del partito che appartiene alla famiglia Rakapaksa. Perciò anche ora si continuano a nascondere le prove ed ad attribuire tutta la responsabilità degli attentati esclusivamente ai musulmani. Ma è molto improbabile che sia andata così.
Lei muove accuse pesanti e spesso è stato anche criticato in patria. Non ha paura?
No, non posso aver paura. Abbiamo fede nel Signore e noi Suoi rappresentanti dobbiamo avere il coraggio di stare dalla parte di chi soffre, di chi ha meno possibilità di combattere i sistemi che rovinano le opportunità di uguaglianza e di concordia fra i popoli.
Oggi è il quarto anniversario di quella strage. Lei in questi anni è stato vicino alle famiglie delle vittime e ai sopravvissuti. Tra di loro, c'è qualche storia che continua a colpirla e vorrebbe menzionare?
C’è una signora di circa 74 anni che era molto attiva nella chiesa. È stata colpita dalla bomba ed è rimasta completamente paralizzata. Suo marito deve fare tutto per lei ma è una donna di grande fede e quando si parla con lei, la nostra fede ne esce rafforzata.
Poi c'è un’altra signora più giovane rimasta paralizzata a causa dei frammenti dell'esplosivo entrati nella testa e nella colonna vertebrale che successivamente ha perso anche un occhio. Lei ha due figli e ne ha perso uno nell'attentato. Ora suo marito l’ha lasciata perché non la voleva più per la sua disabilità. Era una maestra di danza, adesso non può più fare assolutamente niente. Ma è una donna di grande fede e coraggio. Grazie al nostro aiuto le è stato impiantato un occhio artificiale, le è stata trovata una nuova sistemazione ed un'infermiera per seguirla.
Noi conosciamo bene queste persone ma spesso non riusciamo a trovare le parole per sostenerle perché le ferite e le perdite che hanno avuto sono persino meno gravi di quelle che devono subire spiritualmente e mentalmente.
Come vengono aiutati concretamente?
Noi come Chiesa locale abbiamo fatto tanto, poi sono arrivati aiuti da tutto il mondo. Ci mandano fondi perché abbiamo bisogno di sostenere queste famiglie, queste persone, specialmente per le cure mediche ed infermieristiche. Anche il Santo Padre ci ha mandato un grande aiuto, un bel dono. Sono passati quattro anni, ma noi continuiamo ad aiutare. Ce n'è bisogno: ci sono bambini senza genitori per i quali abbiamo creato la possibilità di provvedere alla loro educazione scolastica. Ad esempio c'è una famiglia in cui la moglie è morta nell'esplosione lasciando una bambina piccola di pochi mesi. Abbiamo dato al marito rimasto vedovo tutto il supporto possibile, ma era distrutto e si è suicidato. Adesso, oltre alla più piccola, ha lasciato altre due figlie da sole. La Chiesa tramite la Caritas ha provveduto a costruire case per chi, non potendo più lavorare o avendo perso genitori e mariti, si è ritrovato senza un lavoro e senza i soldi per pagare un affitto.
Cosa dobbiamo aspettarci dalla commemorazione di questo quarto anniversario?
Noi abbiamo chiesto a tutta la gente dello Sri Lanka di unirsi al ricordo. La cosa meravigliosa è che per questa giornata parteciperanno tantissime persone, non solo cattolici, ma musulmani, buddisti, indù e tutti quelli che vivono nel Paese e vogliono verità e giustizia. Perché è tempo di conoscere davvero cosa è successo e chi c’è dietro questa disgrazia. Quel giorno gente che aveva una vita felice si è trovata all'improvviso, come un fulmine, a perdere tutto o quasi.
Nel ricordo di questa tragedia c'è ancora spazio per la speranza?
Il presidente che è stato eletto grazie alla bugia costruita su questa disgrazia è rimasto al potere poco tempo. Per la prima volta in Sri Lanka un presidente eletto viene deposto con un'insurrezione popolare fatta da milioni di persone scese in strada. Questa per me è un'indicazione che il Signore sta facendo giustizia per ciò che è successo. Dobbiamo avere fiducia in Lui.