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a cura di Stefano Chiappalone

nomine

Artime pro-prefetto, a capo del Dicastero c'è suor Brambilla

Prefetto degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica sarà la religiosa monzese, col cardinale in qualità di braccio destro. Prima volta per una donna ma non in generale per un laico. 

Borgo Pio 07_01_2025

Nella ventata di nomine importanti del giorno dell'Epifania è passato quasi in secondo piano il cambio della guardia a Washington, dove il cardinale Wilton Gregory si ritira a 77 anni, sostituito da Robert McElroy, uno dei porporati più progressisti (e ben noto ai lettori della Bussola). Ed è passato anche in secondo piano il cardinale salesiano Ángel Fernández Artime, che (dopo mesi da porporato senza incarichi) è divenuto pro-prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Alla guida del Dicastero – ecco la vera notizia – è stata nominata suor Simona Brambilla, missionaria della Consolata e finora segretaria del medesimo Dicastero.

A tener banco sui media è proprio la suora-prefetto (o prefetta? o prefettessa?). I titoli com'era prevedibile vanno da "svolta storica" a "prima volta". Effettivamente suor Brambilla è la prima donna nominata a capo di un Dicastero vaticano. Non è però la prima volta in assoluto che un Dicastero è guidato da un laico, si veda il caso di Paolo Ruffini alla Comunicazione. 
Un'altra osservazione riguarda invece il ruolo di Artime: pro-prefetto, che finora designava colui che guida il dicastero "al posto di" qualcun altro che non ne esercita le funzioni: per esempio del Papa, che nell'attuale costituzione della Curia è titolare del Dicastero per l'Evangelizzazione (con pro-prefetti, appunto, Fisichella e Tagle). Nel caso di Artime invece la nomina a pro-prefetto sembrerebbe indicare non "al posto di" bensì "accanto o subalterno a" suor Brambilla.
Un'ultima domanda, infine, sulla mentalità diffusa (si veda un recente caso belga) per cui la promozione delle donne nella Chiesa finisce sempre per sfociare in una qualche equiparazione (se non sul piano sacramentale almeno su quello di governo) al clero. Non è in fondo anche questa una forma di clericalismo?
Nel "buio Medioevo" c'erano donne autorevoli nella Chiesa, capaci di parlare "papale papale" a cardinali, vescovi e Papi e senza bisogno di emularne in qualche misura lo stato clericale. Erano Ildegarda di Bingen o Caterina da Siena. Ma a quei tempi le "profetesse" erano più ricercate delle "prefettesse".